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IL MATRIMONIO CONCORDATARIO E IL MATRIMONIO CELEBRATO DAVANTI A MINISTRI
DI ALTRI CULTI Paragrafo 585 – Nozioni generali
Matrimonium in fieri
Il matrimonio in quanto “fatto” – – contempla una varietà di forme. È
ammesso che il matrimonio possa essere celebrato dinnanzi ai ministri del culto; in tale
contesto una figura di particolare rilievo nel nostro ordinamento è il matrimonio concordatario
ossia quello religioso che in base agli accordi tra lo Stato e la Chiesa Cattolica, produce effetti
non soltanto religiosi, bensì anche “civili”. Con il Concordato del 1929 tra l’Italia e la Santa
Sede lo Stato Italiano accettò che potessero riconoscersi “al sacramento del matrimonio,
disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili” circostanza poi meglio disciplinata mediante
l’Accordo di revisione del Concordato sottoscritto a Roma il 18 Febbraio 1984. Si tratta di un
matrimonio che canonico, retto, quanto alla disciplina dell’atto, dal diritto canonico, che riceve
effetti anche nell’ordinamento dello Stato. Le sentenze di nullità del matrimonio religioso
pronunciate dall’autorità giurisdizionale ecclesiastica, possono diventare efficaci di fronte
all’ordinamento dello Stato, previa deliberazione da parte della Corte d’Appello.
Paragrafo 586 – Le modalità per il riconoscimento dell’efficacia civile del matrimonio
canonico
Anche la celebrazione del matrimonio canonico deve essere preceduta dalle pubblicazioni,
mediante affissione di un avviso con le generalità degli sposi alle porte della chiesa
parrocchiale, per la durata di almeno otto giorni comprese due domeniche successive, e dopo
che il parroco si sia accertato che non esistono impedimenti. Ma perché il matrimonio consegua
gli effetti civili occorrono anche le pubblicazioni alla porta della casa comunale.
L’ufficiale di stato civile deve rifiutare le pubblicazioni se accerta che il matrimonio canonico
non potrebbe essere trascritto, in quanto sussistano situazioni che impedirebbero al
matrimonio di acquistare efficacia nell’ordinamento giuridico dello Stato. Nel caso in cui
l’ufficiale di stato civile ritenga di non potere procedere alle pubblicazioni trova applicazione
l’art. 98 del c.c.
La mancanza di pubblicazioni civili non costituisce ostacolo alla trascrizione del matrimonio
canonico che sia stato egualmente celebrato, e sempre che tale trascrizione sia ammissibile; il
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parroco si asterrà, in linea di fatto, dal procedere alla celebrazione del matrimonio
concordatario quando manchino le pubblicazioni civili.
Eseguite le pubblicazioni, può avvenire la celebrazione, da parte del ministro del culto. Affinché
un matrimonio religioso possa acquistare effetti civili occorre che:
Subito dopo la celebrazione, il parroco spieghi ai contraenti gli effetti civili del
matrimonio e dia loro lettura degli articoli del c.c. riguardanti i diritti e i doveri dei
coniugi;
Nell’atto di matrimonio, siano redatti, a cura del celebrante, due originali;
Uno degli originali dell’atto di matrimonio sia trasmesso, sempre a cura del parroco,
entro cinque giorni dalla celebrazione all’ufficiale dello stato civile per essere trascritto
nei registri dello stato civile.
Paragrafo 587 – La trascrizione del matrimonio canonico
L’atto fondamentale perché il matrimonio religioso consegua effetti civili è la sua trascrizione
negli atti dello stato civile. Si tratta di una formalità dotata di carattere costitutivo. In sua
mancanza il matrimonio canonico rimane un atto puramente religioso, irrilevante per
l’ordinamento dello Stato. Gli effetti civili non si producono dal giorno della trascrizione, ma da
quello della celebrazione: la trascrizione ha efficacia retroattiva (Art. 8 comma 5 dell’Accordo di
revisione del Concordato).
Il comma 2 dell’Art. 8 dell’Accordo di revisione del Concordato ha espressamente elencato i
casi di intrascrivibilità del matrimonio canonico:
Quando gli sposi non rispondano ai requisiti della legge civile circa l’età richiesta per la
celebrazione
Quando sussiste fra gli sposi un impedimento che la legge civile considera inderogabile
(Es: quando uno degli sposi sia interdetto per infermità di mente)
La Corte costituzionale ha stabilito che la scelta del matrimonio concordatario, e quindi la
trascrizione del matrimonio canonico, è impugnabile qualora sia stata effettuata da persona in
incapacità naturale.
stato di
Se la trascrizione del matrimonio canonico sia stata omessa, può essere chiesta in ogni tempo
trascrizione tardiva,
la purché la richiesta sia fatta da entrambi i coniugi, o anche da uno
solo di essi a condizione che l’altro ne sia a conoscenza e non faccia opposizione. Si ammette
efficacia della trascrizione nel caso in cui il coniuge abbia prestato consenso alla richiesta di
trascrizione, anche se sia poi deceduto prima che la trascrizione venisse effettivamente
eseguita. È peraltro necessario che entrambi abbiano conservato ininterrottamente lo stato
libero dal momento della celebrazione a quello della richiesta di trascrizione.
Anche la trascrizione tardiva ha effetto retroattivo: cioè gli effetti civili del matrimonio
decorrono dal momento della celebrazione. Perciò i figli nati dopo tale celebrazione, ma prima
della trascrizione, si considerano egualmente legittimi.
Paragrafo 588 – La giurisdizione ecclesiastica in materia matrimoniale
L’Accordo del 1984 per la revisione del Concordato ha stabilito che, affinché le sentenze di
nullità di matrimonio pronunciate dai Tribunali ecclesiastici siano dichiarate efficaci nella
Repubblica, occorre che la Corte d’appello competente per territorio accerti:
10 Che il giudice ecclesiastico era competente a conoscere la causa;
Che nel procedimento davanti ai Tribunali ecclesiastici sia stato assicurato alle parti il
diritto di agire e resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali
dell’ordinamento italiano;
Che ricorrano le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione
di efficacia delle sentenze straniere.
Peraltro ogni questione relativa alla validità della trascrizione di un matrimonio canonico è
rimasta di competenza dell’autorità giudiziaria italiana
Paragrafo 589 – Il matrimonio celebrato davanti a ministro di un culto acattolico
Il matrimonio celebrato davanti ad un ministro di un culto diverso da quello cattolico produce
gli stessi effetti civili del matrimonio celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile. La sua
particolarità sta nella forma della celebrazione, che avviene in seguito ad autorizzazione
dell’ufficiale dello Stato civile, davanti ad un ministro del culto cui appartengono i nubendi.
Questo matrimonio, a differenza di quello celebrato davanti ad un ministro del culto cattolico, è
integralmente regolato dal c.c., anche per quanto riguarda i requisiti di validità. Anche tale
matrimonio deve essere trascritto nei registri dello stato civile italiano, perché produca effetti
civili. CAP LXVII – IL MATRIMONIO: IL REGIME DEL VINCOLO
Paragrafo 590 – Diritti e doveri personali dei coniugi
L’articolo 29 della Costituzione stabilisce che il matrimonio “è ordinato sulla eguaglianza
morale e giuridica dei coniugi”. Il testo originario del Codice Civile era improntato sulla
supremazia del marito, identificato come il “capo della famiglia” titolare di una “potestà
maritale” nei confronti della moglie. La riforma del 1975 ha sostituito integralmente gli articoli
“diritti e ai doveri che nascono dal matrimonio”
143 – 148 C.c., dedicati ora ai ed ha
affermato come primo e fondamentale principio regolatore dei rapporti coniugali quello per cui
“con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi
doveri (Art. 143 C.c. comma 1)
Gli articoli dal 143 al 145 del Codice civile pongono i principi fondamentali riguardanti i rapporti
tra i coniugi, mentre gli articoli dal 147 al 148 del Codice civile tratteggiano i doveri dei genitori
nei confronti della prole, che la riforma del 1975 ha improntato ai principi della eguaglianza dei
doveri e delle prerogative dei genitori. Oggi è previsto un regime unitario del rapporto tra
genitori e figli, a prescindere dallo Status di coniugi dei genitori stessi.
In armonia con il principio di eguaglianza l’attuale disciplina impegna i coniugi a concordare tra
loro (Art. 144 C.c.) “l’indirizzo della vita familiare” e la residenza della famiglia, che va fissata
non più ad arbitrio del marito, ma “secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della
famiglia stessa”. Ciascuno dei due coniugi in caso di disaccordo può serenamente rivolgersi al
giudice al fine di raggiungere una soluzione concordata (Art. 145 C.c. comma 1). Qualora il
disaccordo concerna la fissazione della residenza o altri affari essenziali, i coniugi potranno
congiuntamente ed espressamente richiedere al giudice di adottare la soluzione che ritenga più
adeguata alle esigenze dell’unità e della vita della famiglia (Art. 145 comma 2 C.c).
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Costituisce eccezione alla rigida regola dell’eguaglianza tra i coniugi (stessi diritti e doveri
stabilita dall’articolo 143 C.c.) la norma che prevede l’aggiunta del cognome maritale a quello
della moglie (Art.143 – bis), così come quella che riguarda l’assunzione del figlio nato
all’interno del matrimonio del cognome paterno.
La L. 11 Gennaio 2018 n.4 che ha introdotto norme a tutela degli orfani per i crimini domestici,
ha previsto che i figli della vittima di un omicidio possano chiedere la modificazione del proprio
cognome, ove questo coincida con quello del genitore cha sia stato condannato, in via
definitiva per detto reato. alla fedeltà, all’assistenza, alla
Dal matrimonio derivano l’obbligo reciproco
collaborazione e alla coabitazione (Art. 143 comma 2 C.c.). La violazione dell’obbligo di
fedeltà o assistenza possono essere causa di addebito alla separazione.
Nuovo è l’obbligo della collaborazione nell’interesse della famiglia; concetto ribadito nel citato
art. 144 C.c. nel quale si afferma che i coniugi devono concordare l’indirizzo della vita familiare
avendo presenti le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa”
Per quanto riguarda i doveri a contenuto non patrimoniale, dal matrimonio deriva l’obbligo
reciproco alla coabitazione (Art. 143 comma 2 C.c.) il cui presupposto è la fissazione della
residenza della famiglia di comune accordo (Art. 144 C.c.) Eccezione a tale regola della
convivenza coniugale in analoga residenza è la possibilit&agr