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Lezione 3 – 28 febbraio 2022
TERRITORI GERMANICI. Il diritto è frammentato, il diritto base è
quello dell’impero. Anche l’impero germanico, come in Italia, aveva
un territorio frammentato e accanto al diritto dell’impero c’era
anche il diritto comune, cioè quel diritto di base del Corpus Iuris
Civilis nelle interpretazioni medievali, e i diritti pubblici particolari. Il
diritto romano fungeva da diritto comune, ed era considerato
suppletivo di quello particolare territoriale (landtreck), osservato e
appartenente ad un determinato Stato, territorio (land). Era un
diritto comprensivo del diritto pubblico e del diritto privato. Il land
(terra), in senso giuridico, era formato da quelle terre su cui
dominavano i vari Principi territoriali e quei Signori che
appartenevano ai diversi ceti; ogni land aveva una propria
organizzazione burocratica basata su un equilibrio dei vari poteri del
territorio ed in cima c’era il Principe (Re, Granduca, Conte, colui che
gestiva e che aveva il potere diretto sul territorio). Negli ultimi
decenni del ‘600 ogni Principe ha la tendenza ad uniformare
giuridicamente il territorio del proprio Stato. In questo processo di
uniformazione il diritto romano comune tende a diventare
suppletivo a quello particolare: se il diritto particolare non risolve il
caso in via principale, si ricorre al diritto romano comune. In ogni
territorio germanico manca un centro di produzione normativa
capace di razionalizzare il diritto germanico perché i singoli Principi
dei singoli territori sono troppo deboli per fare questo: ogni diritto
prevede per ceto o categoria dei privilegi, all’interno del feudo
predomina il diritto feudale gestito dal Signore feudale, scappando
quindi dal controllo del Principe o dell’Imperatore. I principi e i
sovrani sono troppo deboli per operare un accentramento di potere
nel territorio e l’imperatore non ha sovranità su tutto il territorio
dell’impero, deve scendere a patti con le forze centrifughe e gli altri
poteri presenti all’interno del territorio, quindi rivolge le sue
attenzioni sui domini ereditari austriaci e che dipendono
direttamente da lui. L’assolutismo monarchico si realizza molto tardi
con Federico II di Prussia e Giuseppe II d’Austria, nel XVIII secolo.
La situazione in Italia è meno complicata che in Francia e Germania,
sebbene ci sia uno spezzettamento dei poteri. Si sente ben presto
una necessità di riforme nel Regno di Napoli e nei territori Sabaudi,
nel Gran Ducato di Toscana, nello Stato Pontificio. In Italia vediamo
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che c’è il diritto comune e il diritto particolare, sebbene il primo sia
suppletivo al secondo quando non si riesce ad avere una
regolamentazione per il caso concreto. I diritti particolari hanno
molte fonti e questo crea problemi: le consuetudini, il diritto delle
corporazioni e la legislazione regia. Il diritto comune è un diritto
suppletivo, ma quello che domina è quello particolare, sebbene ci
sia concorrenza tra gli stessi diritti particolari con prevalenza di
quello regio; ci sono spesso contrasti nei rapporti tra diritto
generale (diritto proprio dello Stato e il diritto comune suppletivo) e
diritto canonico. C’era una disciplina in particolare regolamentata
soprattutto dal diritto canonico: il matrimonio; poco per volta i
sovrani regolamentano la disciplina, quando il matrimonio diventa
un contratto civile, in contrasto con il matrimonio canonico. I
contrasti che si verificano di più tra le due branche è in materia
penale il diritto di asilo nei luoghi sacri, sottraendo il reo alla
giustizia statale; i luoghi sacri godevano di immunità dalla
giurisdizione penale. Quando lo Stato diventa più accentrato, cerca
di controllare tutti i territori, luoghi sacri compresi, stravolgendo
così il diritto di asilo. La Chiesa, dal ‘600 in poi, aveva istituito i
Tribunali Inquisitori per perseguire le eresie e i reati di carattere
religioso, ma con quel pretesto avevano giurisdizione in un ampio
campo penale, e molte volte cittadini laici venivano puniti dalla
Chiesa e non dal Principe. I Principi, nel ‘600 attaccano fortemente i
Tribunali dell’Inquisizione e vediamo che in alcuni Stati riescono ad
essere eliminati, mentre in altri resistono a fatica. In corrispondenza
di questa molteplicità di diritti, la confusione è portata anche dalla
pluralità dei soggetti del diritto, continuano delle differenziazioni a
seconda del soggetto giuridico cui si rivolge la legge: il clero aveva
molti privilegi e immunità, esistevano le corporazioni con un diritto
mercantile particolare, esistevano anche diverse discipline
giuridiche soggettive legate al ceto di appartenenza sia in campo
privatistico sia in campo penale. Tutto questo fa sì che ancora nel
XVIII secolo ci fosse ancora in Europa una grandissima confusione, e
questa confusione cammina parallelamente ad un tentativo dei
sovrani di accentrare il potere all’interno dello Stato, uniformando la
legislazione. Arriviamo nel ‘700 con una grande confusione nel
campo del diritto. Il ‘700 però è anche fervido per lo sviluppo
dottrinale: per una vera unificazione legislativa si deve aspettare
parecchio, quando viene abolito il diritto comune e si sviluppa la
codificazione. Il Tarello chiama codificazione gli ordinamenti
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legislativi del ‘700 in Prussia e Austria, ma il vero primo codice è
quello civile napoleonico; secondo questa interpretazione ciò che è
il punto di demarcazione per poter definire una raccolta legislativa
come codice, è il fatto che abolisce il diritto comune: con
l’introduzione del sistema codificato, la legge e la normativa da
seguire è solo quella contenuta nel codice. Nella codificazione nel
diritto commerciale dell’800 diventa non più soggettivo, ma rivolto
a tutti coloro che compiono atti di commercio: c’è
l’oggettivizzazione del diritto commerciale. L’introduzione del diritto
codificato, che ha un percorso molto lungo perché i primi tentativi
iniziano nel ‘700 ma si realizza con il codice civile napoleonico del
1804, provocherà grandissimi cambiamenti nella gestione del
diritto, prima di tutto perché porta all’unificazione legislativa;
l’unificazione legislativa porta alla statualizzazione del diritto, cioè
diventa diritto ciò che è stabilito dalla autorità costituita, è lo Stato
e i suoi organi a ciò deputati ad ordinare razionalmente il diritto.
Inizia il diritto positivo, identificato con la legge, ponendo fine al
dualismo tra legge e diritto. Le radici della codificazione si trovano
nel pensiero giusnaturalista, caratterizzato da una serie di dottrine
eterogenee tra loro che si dividono in diversi indirizzi: il
razionalismo, il positivismo, il volontaristico; gli autori non sono
aderenti solo ad un unico indirizzo, a volte si mescolano. Ma cos’è il
giusnaturalismo moderno? La definizione generale è quella che crea
un indirizzo teorico – una dottrina – che presuppone l’esistenza di
norme superiori a quelle positive e con un raggio di utenza più
ampio di un ordinamento singolo, ossia non si limita ad un solo
Stato. Questo ordinamento più ampio prende il nome di diritto
naturale, che è già esistente. Tra il ‘600 e il ’700 ci sono tre filoni
che influenzano la codificazione: il filone razionalistico vede il diritto
naturale come un sistema ordinato in modo logico e scientifico.
Qual è il compito dei teorici e dei legislatori? Razionalizzare il diritto
positivo. Nell’ambito di questo orientamento generale si dipartono i
tre filoni: quello di matrice germanica legato al pensiero di
Pufendorf e di Thomasius; il pensiero base è una concezione
volontaristica del diritto, ossia il diritto si identifica con le norme
poste dal sovrano e il diritto è ciò che rispecchia la volontà sovrana.
Il pensiero caratteristico di questo filone è la separazione tra diritto
e morale e questa separazione ha una forte influenza sui primi
tentativi di codificazione in Prussia e in Austria. Questo pensiero si
sviluppa nel ‘600, caratterizzato dalle lotte di religione tra cattolici e
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protestanti; in tutto il medioevo il valore delle leggi era quello di
portare sulla terra le leggi divine, il compito del legislatore era
quello di trasformare in norme la volontà divina, mescolando
profondamente religione e diritto. Oggi il diritto inizia a laicizzarsi e
molti pensatori costruiscono la loro dottrina su questo principio
generale. Questo primo filone ha poca influenza in Italia, vi si
ispirano solo i primi riformatori.
Il secondo filone germanico vede come pensatori Leibniz e Wolff,
che influenzano la codificazione prussiana e tutte le codificazioni
future riguardo il metodo di formulazione della norma, perché una
delle caratteristiche della codificazione è avere la norma
imperativa: essa esprimeva un divieto o un obbligo e le pene a chi
non rispettava la norma. Se esaminiamo la raccolta legislativa del
tempo, ogni norma era un lungo discorso perché riproduceva il
ragionamento del legislatore e i criteri. Questo sistema influenza
anche il sistema giuridico dell’800 con la scuola di Tibault e la
scuola storica del diritto, con a capo il Sanmy, acerrimo nemico
della codificazione: egli sosteneva che il diritto è vivo, cambia in
continuazione, è l’anima dello spirito del popolo e che non lo si può
racchiudere in una rigida norma. Questi pensatori influenzano la
codificazione di una parte del diritto mirante a esprimere i concetti
generali, soprattutto la codificazione austriaca. I nostri codici si
rifanno molto al modello napoleonico, ma era un codice precettivo
che per ogni caso prescriveva obbligo, divieto e pena e quindi era
molto lungo; il codice austriaco inizia con una prima parte in cui
elabora un principio, da cui si fa derivare per ragionamento logico le
norme specifiche: è più breve e lascia maggior spazio
all’interpretazione. Questo secondo filone avrà influenza ridotta.
Il terzo filone, di grande influenza in Italia, è di origine francese con
Domat e Pothier, i veri padri della codificazione francese. Questo
terzo filone mirava ad elaborare un sistema giuridico ordinato e
razionale derivando concetti e istituti dalla tradizione romanistica,
riordinati sulla base del diritto naturale. Questo filone ha influenza
nella codificazione francese e di molti Stati italiani. Il passaggio
verso una concezione codificatoria è causata anche dal fatto che
nel XVII secolo si rompe l’unitarietà dell’istruzione giuridica
medioevale: l’istruzione medioe