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In generale però, l’erosione pluviale è la più diffusa e significativa, dovuta sia alle acque superficiali che a
quelle sotterranee. Nel primo caso la modalità di erosione può essere di massa, più violenta e relativamente
dannosa, e “grano a grano”, che pure essendo più lenta rappresenta il fenomeno più incisivo e diffuso. Si
parla poi di erosione di impatto e di ruscellamento, nel primo caso il trasporto è breve, mentre il secondo
tipo include lunghi trasporti che avvengono a diversi livelli di intensità, per fossi, per rigagnoli o per moto
laminare appena visibile. L’erosione d’impatto o splash erosion è attuata dalle singole gocce di pioggia:
toccano il terreno frammentandosi in tante particelle che dipartono in
ogni direzione, formando una struttura chiamata corona di
spruzzamento. La velocità terminale delle gocce, ossia la velocità che
assumono una volta instaurato l’equilibrio con la resistenza dell’aria alla
caduta, varia a seconda del diametro delle gocce stesse. Le più piccole
sono quelle che normalmente si fatica a percepire sulla pelle, le più grandi
arrivano ad un diametro massimo di sei millimetri in quanto oltre tale
limite si frammenterebbero in gocce più piccole. La velocità è dunque
proporzionale al diametro, così come lo è l’energia cinetica. Quest’ultima
rappresenta il dato più interessante, in quanto direttamente correlato
all’erosione: i valori mostrati in tabella sono notevoli, se si pensa di
moltiplicarli per milioni di gocce. Inoltre, esiste una relazione tra
l’intensità delle precipitazioni e il diametro delle gocce, quindi l’energia
cinetica che arriva al suolo: le precipitazioni intense, cioè quelle che
producono una caduta d’acqua in mm/ora sostenuta, hanno delle gocce
più grosse. Ciò che accade è che l’energia cinetica della goccia viene
dispersa in minima parte per compressione del suolo, ma soprattutto
tramite il distacco delle particelle meno adese, le quali vengono inglobate
nella corona di spruzzamento e disperse a poche decine di centimetri. La
dispersione è spesso antagonista tra le gocce, per cui la stessa particella
di suolo può venire sbalzata avanti e indietro attorno al suo punto
d’origine, senza lasciare mai quel suolo. Il vero problema è che tali
frammenti vengono trascinati all’interno dei macropori dall’acqua,
occludendo le vie d’infiltrazione dello strato superficiale in un tempo
relativamente breve. Osservando il grafico dell’infiltrazione, in un
paragone con le varie classi di intensità delle piogge, risulta che nella
maggior parte dei casi la velocità di infiltrazione supera quella d’accumulo
sul terreno: si potrebbe intuire che quasi mai avvenga un ristagno
superficiale e, quindi, un’erosione tramite run-off. Ma tenendo conto
dell’intasamento del suolo, appare chiaro che bastino anche delle
precipitazioni moderate a scatenare una grossa spirale di eventi erosivi.
Quando si conducono le prove sperimentali riguardo l’infiltrazione, l’acqua viene immessa nei cilindri con
estrema cautela proprio per evitare il suddetto effetto di occlusione.
La sheet erosion o erosione fogliare si manifesta quando le piogge non sono troppo abbondanti ed i pendii
sono dolci, e come risultato lo scorrimento superficiale si presenta molto lento. Comunque, vengono
asportati dei microscopici spessori di
suolo, materiale che scorre lungo i
pendii e si deposita col tempo alla
loro base. Dato che il processo è
troppo lento per essere colto
direttamente, sono proprio i coni di
deiezione a svelare la sua attività.
Solitamente questo tipo di erosione
si indica con la lettera L, da Laminare.
La Rill erosion, indicata con R, si manifesta più evidentemente. L’acqua corrente comincerà a trovare percorsi
preferenziali lungo il versante, che accolgono una
vasta serie di rigagnoli affluenti, e prendono in carico
sia il materiale distaccato dall’erosione d’impatto, sia
quello asportato durante lo scorrimento superficiale.
Ciò che si forma è esattamente un reticolo idrografico
sulla superficie del suolo. Sebbene poco acclive, il
terreno della foto è stato fortemente solcato, ad
evidenza che anche la tessitura, struttura, contenuto
di sostanza organica e le altre caratteristiche
particolari possiedono un elevato peso riguardo
l’erodibilità. I Rill raggiungono una profondità
massima di 20 cm.
La Gully erosion o burronamento comporta lo scavo di grandi solchi, profondi addirittura dei metri. Nei casi
più spinti non si tratta di un’erosione grano a grano, ma diviene infatti un’erosione di massa, che asporta
intere zolle e blocchi di terreno; per altri versi si
considera una tipologia intermedia ai due
estremi. La differenza principale con la Rill
erosion si determina in relazione alle opere di
rimedio attuabili in campo. Difatti si tratta di Rill
erosion qualora si possa rimediare con l’aratura
del terreno, o con qualsiasi alta operazione
agricola tipica che riesca ad eliminare i solchi; si
ha a che fare con il gullies quando invece
occorrono macchinari atipici quali gli escavatori
per ripristinare le normali condizioni.
Focalizzando l’attenzione su un intero versante, si può
schematizzare idealmente un gradiente di erosione
correlato alla quota e alla pendenza: in cima la pendenza è
nulla e il fenomeno più presente è la splash erosion;
scendendo di quota la pendenza aumenta, prima avviene
solamente esfoliazione e poi si forma un reticolo; i rigagnoli
possono confluire più a valle creando veri e propri fossi. Il
materiale trasportato verrà tutto deposto sulla base del
pendio, rappresentando la più lampante testimonianza dei
processi avvenuti; altrimenti, nel caso vi sia un corso d’acqua
nel fondovalle, la terra viene trasportata altrove, e i solchi
residui sul versante saranno l’unica evidenza dell’erosione.
L’erosione combinata o polimorfa ricade tra i fenomeni geomorfologici più che tra quelli pedologici. Origina
i Calanchi, delle forme conseguenti dalla forte erosione sia di acque superficiali che sotterranee. Le creste più
fini e vertiginose si riconducono a terreni di
materiale grossolano, mentre i calanchi
arrotondati hanno una tessitura più fine.
Quest’ultimi riescono anche ad attuare una
pedogenesi nell’arco di poche decine di anni
qualora non vi siano intense precipitazioni,
solitamente con formazione di orizzonti A in
superficie. Quando le piogge violente
riprendono, iniziano ad infiltrarsi e saturare il
nuovo orizzonte: una certa quantità d’acqua
si intrude tra esso e la parte sottostante del
terreno, attuando come uno scorrimento
sottocutaneo. Così, l’orizzonte pedogenizzato
comincia una graduale discesa per effetto sia
della lubrificazione dello strato d’acqua
sottostante, sia dell’appesantimento dovuto alla sua saturazione. Il suolo viene dunque allontanato nel suo
stadio giovanile per mezzo di un’erosione di massa, molto difficile da trattare in termini di azioni antierosive.
Stima dell’erosione – indicatori qualitativi e misure
Si torna all’analisi di una distesa tipica neozelandese. Si nota
immediatamente un dislivello tra il terreno adibito a pascolo e
quello coltivato. Se si esclude l’improbabile casistica di una
rimozione volontaria di un tale volume di suolo, appare chiaro che
è opera dell’erosione. Lo stesso si può dire riguardo l’immagine più
in basso a destra. Il disegno mostra invece la situazione di due
versanti differenti: uno con orizzonte superficiale A ricco di
sostanza organica lievemente più fine in cima rispetto che a valle;
un altro il cui strato è stato eroso più decisamente a monte, tanto
che ora risulta assente, e depositato a valle. Questi rappresentano
rispettivamente l’erosione in terreni naturali e coltivati
Osservando attentamente la superficie del
terreno, talvolta si possono notare delle
micropiramidi di terra. Forme simili ma
molto più vistose si possono trovare sparse
per il globo, come mostrato nelle immagini
(il primo caso è italiano, si trova in provincia
di Cuneo): dei grossi massi o dei piccoli sassi
proteggono la terra sottostante
dall’erosione, dunque nel corso del tempo
tale struttura rimane intatta mentre tutto il
resto del terreno viene eroso. Le piramidi di
terra possono indicare l’entità dell’erosione,
che alle volte risulta essere impressionante,
ma non suggeriscono accurate misure
dell’età del processo. In generale, dalle
osservazioni si cerca di capire se e come è
avvenuta l’erosione, ma è molto importante anche capire quando e in quanto tempo. Soprattutto, si deve
essere in grado di riconoscere un fenomeno passato da uno in atto.
Altri indicatori qualitativi possono essere rappresentati dalla vegetazione
arborea. Un apparato radicale bene in vista vuole dire probabilmente che
uno spessore di suolo è stato asportato, mettendo così a nudo le radici.
Quando invece si osserva un albero rimasto piantato all’interno o al
margine di un campo coltivato, talvolta capita che appaia sopraelevato
rispetto al resto della superficie. Ancora una volta la causa principale
potrebbe essere l’erosione, ma in questo caso non si può sapere con
esattezza. Possono esserci altri motivi legati al tipo di lavorazione dei campi,
come nel caso dell’aratura “a scolmare”: una volta inciso il
terreno, la zolla viene capovolta e spostata di lato, in
particolare dal lato in cui il livello è più basso, come da
figura.
Un altro caso dubbio è rappresentato da un campo la cui
pietrosità superficiale è vistosa: si può capire che si tratta
di erosione se, osservando un profilo del suolo, si nota una
percentuale di scheletro inferiore rispetto a quella evidente in superficie. Altrimenti, se la
pietrosità è circa la stessa, si deve scartare l’ipotesi dell’erosione. È chiaro che l’asportazione
della sola terra fine lasci i sassi posati sul terreno, che si accumulano proporzionalmente allo
spessore di suolo eroso.
Un’altra circostanza riguarda i versanti e gli alberi, o qualsiasi altro corpo che rappresenti un ostacolo lungo
la discesa: se c’è stato o è in atto un processo di erosione, si può notare un accumulo di materiale nel lato
dell’ostacolo che si trova a monte.
In un bosco che si trova sopra un pendio, i primi oggetti che iniziano ad essere trasportati in caso di