Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
TABELLA
livello sovraordinato: categorie generali (es: frutta; mobili) i cui esemplari condividono
un piccolo numero di caratteristiche (mela, uva banana; tavolo, sedia, letto): grande
variabilità intracategoriale (tra mela, uva, banana); grande varietà intercategoriale (tra
frutta, mobili e animali)
P 69
DA RECUPERARE 97
Aspetti critici della teoria del prototipo
problema della similarità:
Il per Rosch, Simpson e Miller (1976) l’appartenenza categoriale è
valutata in relazione al grado di similarità fra istanze e prototipo di una categoria. La similarità
tuttavia non sembra essere una spiegazione esaustiva e unitaria della categorizzazione. Per
Murphy & Medin (1985) non è chiara la natura della similarità: non ha senso parlare di
similarità se non si specifica a quale aspetto ci stiamo riferendo, dato che infiniti possono
essere i modi in cui due oggetti si somigliano. Senza definire prima i criteri della similarità
(quali attributi contino e quali
no) è difficile specificare quali somiglianze siano utili per la categorizzazione e quali no. Rosch
et al. (1976) individuano una gerarchia di attributi: i più salienti e rilevanti sono gli attributi
condivisi da più membri di una stessa categoria. Tuttavia, per poter fare questa
discriminazione, è necessario aver operato o almeno presupporre una partizione precedente
che abbia delimitato categorie diverse (Komatsu, 1992) --> si creerebbe così una sorta di
circolarità esplicativa. Inoltre, non sempre quando dobbiamo giudicare qualcosa facciamo
riferimento alla rappresentazione astratta di una categoria (prototipo); è stato dimostrato
sperimentalmente che i giudizi di somiglianza e di appartenenza categoriale possono
divergere.
Es: tipicità con categorie riferite a scopi, ad esempio “fare un bel regalo di compleanno”
--> capi di vestiario, una festa, i gioielli, una cena, un orologio, un dolce. Questi esempi
sono molto diversi fra loro e non condividono molti attributi; ciò che li rende dei “bei
regali di compleanno” sembra essere piuttosto il loro uso frequente per l’adempimento
a quella funzione. Per Barsalou il formarsi di una gradazione è un fenomeno
estremamente flessibile e non riconducibile solo alla somiglianza.
I membri delle categorie riferite a uno scopo sono selezionati sulla base di un principio
sottostante (la finalità), piuttosto che di attributi condivisi. È importante, inoltre, il contesto, la
soggettività e la specificità per cui un certo tipo di concetto è pensato, e quindi una certa
categoria è pensata nella nostra mente.
La tesi è stata dimostrata con un esperimento di Rips:
Rips (1989): ai soggetti veniva data la descrizione di un oggetto che menzionava il
valore di una sola dimensione (es: il diametro di un oggetto circolare). I soggetti
dovevano allora stabilire a quale di due categorie l’oggetto appartenesse, ad esempio
tra le categorie quarti di dollaro e pizza. La descrizione era fatta in modo tale che
l’oggetto risultava più grande della più grande delle monete e più piccolo della più
piccola delle pizze. Poiché le dimensioni della pizza sono modificabili a differenza di
quelle della moneta, per l’assegnazione dell’oggetto ad una delle due categorie i
soggetti avrebbero dovuto usare la regola del tipo “tutto ciò che è più grande delle
dimensioni di un quarto di dollaro non è un quarto di dollaro”; per esclusione, dunque,
l’oggetto doveva essere una pizza. Tuttavia, l’oggetto veniva considerato più simile ad
una moneta che ad una pizza, perché più vicino alla prima per dimensione. 17 aprile
Il modello funzionalista (Barsalou, 1987)
Teoria della rappresentazione concettuale o funzionalista (o non strutturalista) secondo
la quale i concetti non sono delle rappresentazioni stabili, date una volta per tutte, ma come
costruzioni che dipendono da tanti elementi, tra cui il contesto specifico. Il modello
funzionalista riesce a tener conto dei vantaggi che forniscono la teoria del core più prototipo e
le teorie ingenue, senza dimenticare l’importanza che anche la teoria de prototipo aveva. È un
modello che introduce elementi che dovrebbero farci rendere conto delle difficoltà delle teorie
viste fino ad ora. Un elemento è la dimensione soggettiva, che può determinare l’instabilità:
persone diverse, ma anche lo stesso individuo, possono avere concetti diversi di una stessa
categoria di oggetti in contesti e momenti diversi. Una prova di tale instabilità viene dal fatto
98
che la struttura dei concetti è instabile: non solo le categorie variano in gradazioni (tendenza
centrale), ma, in contesti diversi, fattori diversi determinano strutture diverse della stessa
categoria.
Persone diverse, ma anche lo stesso individuo, possono avere concetti diversi di una stessa
categoria di oggetti in contesti e momenti diversi.
Esperimento di Roth & Shoben 1983: gli sperimentatori chiedono di indicare gli animali
più tipici mantenendo costanti i membri della categoria (animali da fattoria) ma
cambiando la finalità. Se si parla di animali nel contesto della mungitura, mucca e
capra sono più tipiche di cavalla e mula, mentre per la stessa categoria animali nel
contesto della cavalcatura si inverte il grado di tipicità fra le due coppie di animali -->
anche il prototipo dipende non solo dalle caratteristiche percettibili (similarità) ma
anche dalla funzione svolta. La teoria richiama l’attenzione sul fatto che le categorie e il
modo in cui creiamo concetti dipendono dalla funzione che svolgono e hanno per noi
anche solo a livello di conoscenza; moduliamo i concetti a seconda dello scopo. Il modo
di creare concetti dipende dal punto di vista dal quale la categoria viene percepita; gli
autori hanno sviluppato questo tipo di ricerche chiedendo ai soggetti sperimentali di
assumere punti di vista differenti. Soggetti americani hanno valutato la tipicità degli
esemplari della categoria animali sia dal punto di vista di culture diverse (americana,
africana, cinese, ecc --> possiamo pensare a maggiore frequenza ed esposizione ad
una certa categoria in base allo stile culturale e alla posizione geografica; ci sono tanti
prototipi a seconda del punto di vista: introduzione del tema dell’osservatore), sia dal
punto di vista di figure professionali diverse (uomini d’affari, operai, insegnanti, ecc)
Risultati: si è ottenuto, ad esempio, che uccelli tipici erano pettirosso e aquila dal
o punto di vista degli americani, mentre erano cigno e pavone dal punto di vista
dei cinesi.
Spiegazione: le strutture con gradazioni (prototipi) quindi non riflettono proprietà
o invarianti delle categorie (≠ teoria del prototipo), bensì sono delle proprietà che
dipendono strettamente dalle finalità, dalle conoscenze e quindi dai contesti --> i
prototipi si costruiscono non solo partendo dalla somiglianza degli esemplari. La
frequenza e il contatto con una certa tipologia crea il prototipo.
Critica: se si chiede allo stesso soggetto di immedesimarsi in soggetti differenti,
o questo innescherà il meccanismo di scegliere anche diversamente, considerare
diversamente gli oggetti da valutare (Macchi). Certo è che questa ricerca,
comunque, coglie una caratteristica importante che si può ritrovare variando le
culture anche pensando alla frequenza di un certo tipo di esemplare di animale
in un certo contesto geografico piuttosto che un altro. È quindi molto plausibile
quello che, alla fine, la ricerca riesce a dimostrare.
Modello delle rappresentazioni concettuali di Barsalou: la memoria a lungo termine (MLT)
contiene una grande quantità di conoscenza “grandemente interrelata e continua, che viene
usata per costruire i concetti nella memoria operativa” --> la memoria a lungo termine è un
continuum, ci spiega molto sulla risoluzione dei problemi insight: ci permette di ripescare dei
collegamenti mai fatti, così da risolvere il problema. Sulla base delle informazioni contenute
nella MLT, la memoria di lavoro (MdL, o WM) costruisce i concetti in relazione ai contesti e alle
situazioni. I concetti allora sono costrutti temporanei che dipendono dai contesti. I concetti
prodotti vengono a loro volta immagazzinati nella MLT, ma non sono delle rappresentazioni
invarianti. L’informazione che dipende dal contesto viene richiamata in presenza di contesti
pertinenti, determinando così l’instabilità del concetto: al variare del contesto varia anche il
tipo di informazione richiamata. “Invece che essere richiamati dalla memoria come unità
statiche per rappresentare le categorie, i concetti hanno origine in un processo estremamente
flessibile che richiama dalla memoria a lungo termine un’informazione generica ed episodica
per costruire concetti temporanei nella memoria operativa. Tale processo è vincolato dagli
99
obiettivi, dal contesto e dall’esperienza recente” (Barsalou, 1987). Di conseguenza i concetti
formulati dai “teorici” non possono essere uguali a quelli reali degli individui, data la loro
flessibilità, quindi sono delle finzioni analitiche, ovvero delle idealizzazioni. Questo non
significa che non esistano delle forme di conoscenza stabili; semplicemente Barsalou sostiene
che un concetto non rappresenta una data categoria in ogni occasione. Esiste infatti un nucleo
di informazioni o proprietà indipendenti del contesto. Per Barsalou e Bower (1980) una
proprietà diventa indipendente dopo che è stata associata più volte a una categoria.
Esempio: ogni volta che si pensa a “diamante” viene attivata la sua proprietà
principale, cioè “avere grande valore”. Questa proprietà è divenuta stabile per questa
categoria perché in tante circostanze e in tanti contesti diversi ha svolto questa
funzione ed è stata sempre la stessa.
È da rilevare tuttavia che anche questa caratteristica della proprietà è in stretta relazione con
l’esperienza individuale, che differisce da soggetto a soggetto, rendendo indipendenti certe
proprietà per alcuni, ma non per altri. Le proprietà indipendenti dal contesto dovrebbero
costituire dei nuclei centrali relativi ai concetti che dovrebbero essere stabili nel tempo.
Tuttavia, rispetto ai nuclei o al core, i nuclei indiati da Barsalou non hanno carattere definitorio
ma esperienziale, in quanto rappresentano l’informazione che p stata spesso pertinente
nell’esperienza di una persona. Quindi possono variare ampiamenti anche se forniscono a un
individuo delle aspettative che sono utili e adattive nella maggior parte die contesti. In base a
questa teori