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VITTIMIZZAZIONE SECONDARIA
Ci sono altri due blocchi di disposizioni interessanti che evidenziano l’ingresso della persona offesa
nella sua accezione di vittima; articolo 90 quater, riguardante le persone in particolari condizioni di
vulnerabilità per verificare il rischio di vittimizzazione secondaria. Tale è il danno da
vittimizzazione che deriva dal contatto della vittima con le pubbliche autorità ed è in genere
prodotto o dal disconoscimento della pubblica autorità del ruolo di vittima come persona che abbia
subito per l’appunto una azione criminosa. Tipizzazione è la forma di audizione della vittima che
enfatizzano i profili di valutazione di attendibilità con domande volte a invocare il dubbio sulla
capacità mnemonica, la capacità di narrare e così via con una serie di pressioni che sottopongono la
vittima anche ad una nuova violenza sulla messa in dubbio della sua attendibilità e nella
confutazione delle sue tesi.
La condizione di vulnerabilità è desunta dalla infermità, dall’età, dalla situazione psichica, dal tipo
di reato (reati a sfondo sessuale), psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore. 79
L’articolo 90 quater introduce dunque una tutela della vittima dal rischio di vittimizzazione
secondaria.
L’articolo 90 ter difende la vittima dal rischio di vittimizzazione reiterata e qui tra gli oneri
informativi che debbono essere assecondati nei confronti della persona offesa di prevede che ad
essa debba essere data tempestiva informazione quando l’autore del reato recuperi spazi di libertà.
L’articolo 90 bis per assecondare la direttiva vittime vede una serie di diritti riguardanti la persona
offesa, la vittima che richiede protezione e la figura del querelante. Alla persona offesa sin dal
primo contatto vengono fornite in formazione sulle modalità di presentazioni di atti, al ruolo
ricoperto nel processo, all’obbligo del querelante di eleggere domicilio per la comunicazione di atti
del procedimento, all’obbligo del querelante di comunicare nelle forme prescritte le nuove
domiciliazione (questo perché le notifiche al querelante devono raggiungere il destinatario perché
laddove il querelante non si presente in giudizio accade che la querela si intende tacitamente
rimessa).
Il legislatore è stato inadempiente sui servizi di assistenza alle vittime imposti dal 2012 in Europa.
GLI ATTI DEL PROCEDIMENTO PENALE
Il processo penale è una sequenza ordinata di atti e questi, oltre ad essere quello che compone la
struttura sequenziale sono anche il modo con cui le parti comunicano. Le parti interloquiscono, il
giudice interloquisce con gli atti ed è inevitabile una disciplina corposa ma è anche una disciplina
molto eterogenea sul punto.
Per atto si intendono intere attività e la celebrazione di una udienza (articolo 127 c.p.p.), o la
documentazione (il verbale) così come la comunicazione degli atti (notificazioni).
Una disciplina composta che risulta rapsodica nella sua trattazione cui elementi in comune sono che
si deve trattare di atti del procedimento penale, cioè di materiale formato nel corso del
procedimento penale non solo perché pendente ma perché stiamo svolgendo attività interne e questo
ci introduce ad una distinzione importante tra ATTO e DOCUMENTO. Nell’accezione del codice di
procedura è:
DOCUMENTO FORMATO FUORI, UNA FOTOGRAFIA
ATTO FORMATO ALL’INTERNO DEL PROCESSO PENALE
La prima disposizione concerne la lingua degli atti, compiuti in lingua italiana. C’è poi una
disciplina che tutela le minoranze linguistiche con l’eccezione dell’alloglotto, cioè, che non conosce
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la lingua italiana (articolo 143), modificato in attuazione della direttiva all’interpretazione e la
traduzione, che deve poter accedere ad un interprete. Comprende, ovviamente, chi non parla e non
comprende. La gratuità dell’interpretariato è prevista dalla direttiva ed è irripetibile perché anche
laddove vi sia condanna l’interpretariato rimarrà gratuito.
L’interprete affianca l’imputato per le performances orali; il traduttore è lo stesso soggetto che opera
però sul materiale scritto ed è diversamente perimetrato l’ambito di interpretariato e di traduzione.
Al fine di comprendere l’accusa contro lui formulata o di modifica dell’imputazione o ad una
precisazione, l’interpretariato diviene fondamentale. Ogni occasione partecipativa o di udienza
prevedono la garanzia dell’interprete; tutti i contesti partecipativi dell’imputato alloglotta devono
prevedere l’assistenza dell’interprete ma anche contesti extra-giudiziari. Il diritto si estende anche in
occasione dei colloqui tra l’imputato e il suo difensore (per un massimo di 6 colloqui del difensore).
Per l’alloglotta non bisogna verificare l’indigenza.
La traduzione è obbligatoria per alcune atti e in generale, tale diritto è esteso ad atti consoni a
conoscere i contenuti dell’accusa.
Lezione del 18.10.2024
Interpretazione e traduzione atti
Abbiamo detto quali sono le indicazioni normative in materia di lingua degli atti con la disciplina
imposta per spinta europea e delle sentenze Corte edu e le direttive europee in materia di diritto
all’interpretazione e traduzione, l’art 143 cpp oggi rubricato diritto all’interprete e traduzione atti
fondamentali che costituisce questo diritto introno alla figura dell’imputato o indagato,
originariamente aveva contenuto diverso dato che si occupava della traduzione degli atti
disciplinandola come attività a servizio del giudice il quale si poteva trovare a confrontarsi con atti
scritti in lingua straniera o assumere testimonianze di stranieri quindi come ausiliario del giudice era
possibile nominare un interprete, non era invece presente la figura dell’interprete come
professionista che affiancava le parti nel processo penale.
Nel 2014 per dare attuazione alla direttiva si è inserita all’interno dell’art 143 la disciplina del
diritto dell’imputato a interpretazione e traduzione, è sparita dall’orizzonte codicistico una
disciplina dell’interprete come ausiliario del giudice. Il legislatore non ha mantenuto un comma o
due all’interno dell’art che continuavano a consentire al giudice di nominare interpreti o disporre
traduzione se necessaria indipendentemente dai diritti dall’imputato. Ad esempio un caso a noi
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vicino quello della strage ferroviaria di Viareggio che richiedeva traduzione di molteplici documenti
in lingua tedesca, funzione che doveva disporre il giudice.
L’anno successivo nell’occasione del recepimento della direttiva vittime, dove parimenti il
legislatore europeo diceva che la vittima doveva poter disporre di un interprete o traduttore nel
processo penale, resisi conto della dimenticanza ricostruisce nell’art 143 bis introdotto nel 2015,
tanto la disciplina originaria dell’interprete come ausiliario del giudice quanto la disciplina ad hoc
per i diritti all’interpretazione e traduzione della persona offesa. Art 143 bis:
1. L'autorità procedente nomina un interprete quando occorre tradurre uno scritto in lingua straniera
o in un dialetto non facilmente intellegibile ovvero quando la persona che vuole o deve fare una
dichiarazione non conosce la lingua italiana. La dichiarazione può anche essere fatta per iscritto e in
tale caso è inserita nel verbale con la traduzione eseguita dall'interprete.
2. Oltre che nei casi di cui al comma 1 e di cui all'articolo 119, l'autorità procedente nomina, anche
d'ufficio, un interprete quando occorre procedere all'audizione della persona offesa che non conosce
la lingua italiana nonché nei casi in cui la stessa intenda partecipare all'udienza e abbia fatto
richiesta di essere assistita dall'interprete.
3. L'assistenza dell'interprete può essere assicurata, ove possibile, anche mediante l'utilizzo delle
tecnologie di comunicazione a distanza, semprechè la presenza fisica dell'interprete non sia
necessaria per consentire alla persona offesa di esercitare correttamente i suoi diritti o di
comprendere compiutamente lo svolgimento del procedimento.
4. La persona offesa che non conosce la lingua italiana ha diritto alla traduzione gratuita di atti, o
parti degli stessi, che contengono informazioni utili all'esercizio dei suoi diritti. La traduzione può
essere disposta sia in forma orale che per riassunto se l'autorità procedente ritiene che non ne derivi
pregiudizio ai diritti della persona offesa. Si tratta di un atto del giudice in funzione ausiliaria alle
competenze cognitive ossia volte a conoscere fatti e responsabilità tipiche del giudice.
Il giudice può nominare anche di ufficio interprete nei casi in cui debba udire persino che non
conosce lingua italiana, ma ancora ci si muove nella prospettiva di interprete nominato come
ausiliare del giudice perché la persona offesa viene sentita in qualità di testimone. Questa chiosa era
abbastanza superflua perché poteva essere ricompreso nel comma 1 della disposizione ma si estende
la possibilità di nominare interprete anche nei casi in cui la persona offesa voglia partecipare
all’udienza e richieda di essere assistita dall’interprete, in questo caso si trasforma la sua funzione.
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Lo abbiamo visto ieri come il soggetto che è funzionale alla preparazione di un diritto di difesa
dell’imputato, nel 143 bis come ausiliario del giudice ma torna ad affiorare come soggetto
funzionale a un diritto difensivo della persona offesa offesa che per esercitare quelle facoltà che
abbiamo analizzato ieri può aver necessità di comprendere ed esprimersi nella lingua italiana
attraverso ausilio interprete, lo stesso per quanto riguarda la traduzione.
C’è una piccola discrasia normativa tra la disciplina dei diritti di traduzione della persona offesa e
quella dell’imputato perché sembrano essere più ampi quelli della persona offesa che non è un
soggetto (parte) e non è il soggetto che all’interno del processo penale deve poter avere accesso a un
diritto di difesa nei termini più ampi ed inviolabili.
L’ art 143 prevede che tutto ciò che è funzionale all’esercizio dei diritti (meglio parlare di facoltà)
della persona offesa può essere oggetto di traduzione.
Con riferimento all’imputato questa previsione è diversa, la traduzione gratuita di atti o parti di essi
ritenuti essenziali per consentirgli di conoscere accuse a suo carico può essere disposta dal giudice.
Per la persona offesa è sufficiente che siano rilevanti ai fini generici per l’esercizio del d