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LUOGHI SEGNO, APPELLI E PASSAPAROLA
Le modalità concrete affinché si possano incontrare indifesi e testimoni:
- Invitare alcuni testimoni a prender parola in occasione di pubblico raduno, assai utile può essere a questo proposito
la valorizzazione di quelli che la Caritas italiana chiama «luoghi segno», e cioè le case di accoglienza, i centri diurni
e gli ulteriori luoghi dove vi sono concreti testimoni all’opera, impegnati nel dare risposte a concreti indifesi.
- Appelli: diffusione di richieste di aiuto in cui vengono presentate situazioni di bisogno invitando gli ascoltatori a
rendersi disponibili, stimolando più risposte attraverso storie specifiche
- Passaparola: l’impegno di coloro che praticano forme di solidarietà attiva, a parlarne con i loro vicini, colleghi,
parenti e amici invitandoli a mettersi in gioco.
IL CAMMINO FORMATIVO
Il tema della formazione è una delle attività di capacitazione più diffuse oggi.
L’attività formativa offre a coloro che partecipano la possibilità di apprendere e crescere.
Può concentrarsi sulla trasmissione di informazioni e contenuti o con l’attivazione di una riflessione profonda
sull’esperienza.
CAPITOLO 8 - PERCORSI DI ORGANIZZAZIONE DELL’AZIONE SOCIALE
ANALISI ORGANIZZATIVA: CONOSCERE E COMPRENDERE LE ORGANIZZAZIONI
Molti contesti territoriali di prossimità si compongono da diverse entità organiche, e non è quindi possibile compiere un solo
percorso di analisi organizzativa generale ma dedicarsi alla conoscenza di ciascuna realtà.
LAVANCO e NOVARA indicano 3 approcci:
● Approccio razionale: consiste nell’esplicitazione degli obiettivi e delle relazioni interne con la prescrizione dei ruoli
e delle responsabilità e nel quale il conflitto non è previsto.
● Approccio naturale: riconosce norme e comportamenti non prescrittivi e non previsti.
● Approccio sistemico: definisce l’organizzazione come un sistema aperto in un rapporto di interscambio con
l’ambiente esterno.
ANALISI ORGANIZZATIVA MULTIFUNZIONALE
FRANCESCATO, TOMAI e GHIRELLI hanno proposto l’adozione di uno schema unitario di lavoro, da loro denominato
«analisi organizzativa multidimensionale»;
questo schema, si propone di esplorare l’organizzazione attraverso 4 diverse dimensioni.
● Dimensione strategico-strutturale: punta a comprendere la qualità e la quantità delle prestazioni, la
distribuzione della ricchezza e del potere, i vincoli e le opportunità che vengono dal territorio dove l’ente è
impegnato.
● Dimensione funzionale: punta l’attenzione sulle funzioni che devono essere eseguite per il perseguimento degli
obiettivi.
● Dimensione psico-dinamica: sposta l’attenzione agli aspetti relativi ai vissuti delle persone in modo da permettere
il riconoscimento e lo studio dei conflitti latenti, al fine di farli evolvere verso il miglioramento e la crescita
individuale e dell’organizzazione.
● Dimensione psico-ambientale: concentra l’attenzione sulle reti di relazioni inter-personali e sulle relative
dinamiche.
POTERE E CLIMA ORGANIZZATIVO: STILI DI LEADERSHIP
Un leader è una persona che può influire sugli altri in modo che questi siano più efficienti nel lavorare per raggiungere un
obiettivo comune e riescano a mantenere efficaci relazioni di lavoro fra i membri del gruppo. 3 elementi significativi:
- CAPACITA’ DI INFLUENZA SOCIALE: comportamenti che orientano le persone;
- OBIETTIVI COMUNI: il leader non segue i propri interessi ma quelli di tutti, che egli condivide;
- TEAM: lavoro di gruppo per raggiungere gli obiettivi.
Tipi di leader:
- AUTOCRATICI: ordinano senza coinvolgere il gruppo nelle decisioni;
- DEMOCRATICI: decisioni di gruppo;
- PERMISSIVI: non partecipano alle decisioni.
Secondo LAVANCO e NOVARA, nessuno stile di leadership è in assoluto migliore rispetto agli altri dal momento che ogni stile
va considerato in base alla situazione.
CLIMA E CULTURA ORGANIZZATIVA
Vi è una stretta correlazione fra lo stile adottato dal leader e le caratteristiche assunte dal gruppo.
Il leader deve stare attento al CLIMA ORGANIZZATIVO: inteso sia in senso soggettivo (percezione che le persone hanno nei
confronti dell’organizzazione) sia oggettivo (comportamenti favoriti o contrastati dall’organizzazione). Questo aspetto può
essere chiamato CULTURA ORGANIZZATIVA: valori, abitudini che orientano i comportamenti dei membri.
CAPITOLO 9 - QUALE CONTESTO?
LA FORZA DEL CONTESTO
Sul territorio, in un'ottica di promozione del benessere individuale e sociale, si può trovare una sede privilegiata di
intervento.
PIERO AMERIO si chiede quali siano le opportunità e i vincoli che un territorio pone a coloro che vi agiscono.
In particolare, invita ad esplorare 3 ambiti, e cioè:
● la sfera oggettiva: che si riferisce a quello che effettivamente è presente sul territorio.
● la sfera soggettiva: che riguarda il modo in cui le persone percepiscono il territorio.
● l’interazione fra le prime 2: nelle quali si situano le norme e la totalità delle rappresentazioni collettive.
Il contesto di prossimità è, innanzitutto, definibile in base ad un criterio soggettivo, relativo al vissuto delle persone e alle
relazioni che esse instaurano con altre persone, e solo in alcuni casi in base al criterio oggettivo-territoriale.
TERRITORIO E LAVORO DI PROSSIMITÀ
- Quali caratteristiche deve avere un setting ambientale?
Un primo spunto è quello secondo cui nel lavoro di prossimità è importante operare nel micro.
Dal momento che il focus della nostra attenzione è la persona nel contesto, il luogo dove questa abita non è certo di poca
importanza per la sua vita: quella abitativa è una tipologia di contesto micro che caratterizza la vita della maggioranza delle
persone.
Varie possono essere le iniziative da mettere in campo per facilitare i processi relazionali di vicinato (es. salutare e scambiare
una battuta con chi si incontra; fermarsi a parlare con gli anziani e con le persone che da più tempo abitano nel vicinato)
= Si tratta di quel clima di socializzazione quotidiana che soltanto le relazioni di condominio, di cortile, di isolato, di via
possono offrire dal momento che sono dotate dell’elemento della contiguità spaziale che rende i vicini unici nell’assolvere a
delle funzioni che altri membri della rete troverebbero difficili da svolgere.
Un esempio di iniziativa è quella del tutor di condominio: «Un operatore sociale di prossimità che ha la funzione di presidiare
la qualità della vita del e nel condominio a lui assegnato, potrebbe permettere di affrontare in modo efficace il disagio
abitativo e relazionale e i problemi di degrado urbano a livello micro-locale».
CITTÀ E LAVORO DI PROSSIMITÀ
La gran parte degli italiani vive in contesti urbani, dove permangono e si allargano le sacche di esclusione sociale.
LAVANCO e NOVARA sottolineano come un miglioramento di alcuni aspetti strutturali e funzionali di determinati contesti
urbani − accessibilità ai servizi; praticabilità delle strade; presenza di spazi pubblici − contribuisca all’aumento del senso di
comunità.
A questo proposito occorrerà mettere in campo un'azione di empowerment diretta ad incrementare la partecipazione e la
disponibilità delle persone.
Per un buon lavoro di prossimità è importante puntare ad elaborare nei quartieri e nelle città le mappe delle vicinanze, non
solo geograficamente intese, a partire dalle quali si tenterà di attivare processi di tessitura relazionale e di attivazione
gruppale.
CAPITOLO 10 - DIMENSIONE RELAZIONALE DELLA RETE DEI SERVIZI TERRITORIALI
Fino ad ora abbiamo osservato quartieri, strade, condomini, ecc. ma i contesti territoriali presentano anche altre entità:
istituzioni, attori economici, terzo settore, istituzioni religiose; tutto ciò appartiene alle “reti secondarie”, in cui sono presenti
persone che svolgono funzioni formali.
Approfondiamo 2 aspetti: rapporto tra i membri della rete secondaria e rapporto tra rete primaria e secondaria.
IL NETWORK DEI SERVIZI
La crescita del benessere di un contesto territoriale è al centro dell’azione di gran parte degli enti che vi operano. Per
dare efficacia all’insieme degli interventi realizzati, è evidente la necessità di un adeguato legame tra questi enti.
La legge n. 328/2000 art 3 invita ad operare in forma unitaria ed integrata secondo i seguenti principi:
a) coordinamento e integrazione con gli interventi sanitari e dell’istruzione: nonché con le politiche attive di
formazione, avviamento e reinserimento al lavoro.
b) cooperazione tra i diversi livelli istituzionali: (le organizzazioni sindacali, ecc), questo per assicurare piena tutela dei
diritti sociali e favorire la crescita del benessere, collaborando con tutti coloro che svolgono un ruolo significativo nei territori
e coinvolgerli nella realizzazione del sistema.
Queste e altre indicazioni normative hanno portato ad una notevole produzione di atti formali che spesso non corrispondono
ad un’attivazione di azioni concrete.
La società va pensata come insieme di relazioni che valorizzano la persona umana come centro di sviluppo.
FRANCO VERNÒ presenta una DIMENSIONE PSICODINAMICA DELLE RELAZIONI: evidenzia la presenza nei gruppi di
vissuti e dinamiche interpersonali, spesso conflittuali che alterano la realizzazione del percorso, perché non basta essere
insieme per costruire un gruppo.
La strada per fronteggiare e superare queste seccature è dare attenzione alla dimensione psicologica e relazionale, favorendo
il riconoscimento dei conflitti e attivando un percorso di elaborazione che li traduca in occasioni di crescita evolutiva.
PERCORSI DI TEAM BUILDING RELAZIONALE
Partendo dalla dimensione interpersonale, verso la dimensione inter-istituzionale.
Nel costruire e accompagnare un gruppo composto da più persone occorre prestare attenzione alle relazioni sia funzionali
che interpersonali: senza le prime il gruppo non è capace di attivarsi, senza le seconde manca il gruppo.
La collaborazione tra colleghi richiede l’instaurazione di AMICIZIA INTERPERSONALE: si collabora bene se sono definiti
ruoli e compiti, ma soprattutto se vi sono relazioni personali di qualità, retta da adeguate regole formali e positivi rapporti
informali.
ALESSANDRO MANENTI segnala 4 dimensioni per una buona relazione: stima, responsabilità, complementarietà, flessibilità.
SANICOLA indica 2 pre-condizioni per un buon lavoro di rete: bisogno comune e propensione verso il bene comune: senza il
primo mancherebbe quel moto vitale che intreccia le traiettorie delle persone, senza il secondo l’intreccio potrebbe diventare,
non occasione di collab