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I.
Si trovano una serie di norme che suddividono il territorio nazionale in 7 distretti idrografici, istituendo per
ciascuno una specifica autorità preposta al governo. Si tratta di aree di terra e di mare costituite da uno o più
bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere. L’Autorità di bacino è una pubblica
amministrazione che opera in conformità agli obiettivi indicati in questa normativa, uniformando la propria
attività ai criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità. Le autorità vengono indirizzate e coordinate
dal ministero dell’ambiente, anche attraverso l’ISPRA: ricevono indicazioni sulle modalità di azione e
cooperazione necessarie al raggiungimento degli obiettivi generali imposti dalla legge. Le autorità di bacino
devono elaborare il Piano di bacino distrettuale; hanno dei poteri consultivi sulla coerenza degli obiettivi
stabiliti nei vari programmi e Piani (europei, nazionali, regionali o locali) relativi alla difesa del suolo, alla lotta
alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche; elaborano analisi sulle
caratteristiche del proprio distretto comprendendo gli impatti delle attività antropiche sulle acque e l’aspetto
economico dell’utilizzo di quest’ultime. L’autorità di bacino è composta dalla conferenza istituzionale
permanente formata dal presidente, dal ministro dell’ambiente, dal capo dipartimento della protezione civile
e da altri ministri scelti ad hoc, dai rappresentanti dei consorzi agricoli con funzione consultiva. Ha il compito
di adottare i metodi e i criteri per redigere il Piano, di individuare i tempi e le modalità per la sua adozione
(stralcio). Il segretario generale è il vertice amministrativo dell’autorità: assicura che i regolamenti del Piano
vengano effettivamente tradotti a livello politico, cura dunque l’applicazione delle direttive e l’istruttoria
della conferenza proponendo anche delle soluzioni. La conferenza operativa è formata dai rappresentanti
delle competenze tecniche, che istituiscono a loro volta la segreteria tecnica operativa.
Il Piano di bacino è lo strumento conoscitivo del bacino stesso in quanto descrive i corsi d’acqua, la loro
portata e la morfologia del territorio; al contempo è lo strumento normativo e tecnico-operativo, dato che
dispone le misure per prevenire e rimediare a frane, dissesti idrogeologici, alluvioni, ed individua le adeguate
prescrizioni per la realizzazione delle opere idrauliche, della deforestazione e del consolidamento dei terreni.
Tale Piano deve essere sottoposto a VAS in sede statale, deve essere quindi approvato dal Presidente del
Consiglio dei ministri. È un atto molto complesso ed articolato in differenti piani: piani stralcio, piano di
gestione del rischio delle alluvioni, piano dell’assetto idrogeologico, piano di gestione dei bacini
idrogeografici (il quale si suddivide nei piani d’ambito).
II.
L’Art. 73 detta le finalità: perseguire obiettivi di qualità delle acque anche in funzione della capacità di
autodepurazione del corpo idrico. I principali procedimenti amministrativi in materia consistono nella
pianificazione e nell’autorizzazione, inoltre esistono provvedimenti puntuali che riguardano gli scarichi, in
particolare la loro autorizzazione, il recupero ed il riutilizzo dell’acqua, la qualità delle acque di balneazione,
di quelle destinate all’uso umano, alla vita dei pesci e alla molluschicoltura. L’Art 74 definisce lo scarico come
qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento in un ricettore,
quale le acque superficiali, il suolo, il sottosuolo e la rete fognaria, a prescindere dalla continuità dello scarico,
dalla natura inquinante del refluo e dai trattamenti di depurazione che questo ha subito. Uno scarico è quindi
un riversamento tramite collettamento fisso che porta un refluo dalla fonte di produzione al corpo idrico: in
questo modo si stabilisce una netta differenza rispetto ai rifiuti liquidi, come quelli zootecnici ad esempio, ai
quali è riservata un’altra normativa.
Tutti gli scarichi devono essere autorizzati preventivamente dalla Provincia al fine di prevenire i rischi
ambientali e di favorire la conoscenza attiva sullo stato dell’ambiente da parte dell’amministrazione
competente, e non devono pregiudicare la qualità del ricettore o eccedere la sua capacità auto-depurativa;
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sono esclusi dal regime autorizzatorio gli scarichi di acque reflue domestiche nelle reti fognarie, che seguono
i regolamenti del gestore del SII (servizio idrico integrato) approvati dall’Autorità d’ambito. La competenza
del rilascio dell’autorizzazione viene individuata in base alla matrice ambientale in cui avviene lo scarico.
Inoltre, si distinguono scarichi ordinari e scarichi pericolosi, civili ed industriali; l’autorizzazione ha validità di
4 anni ed è rinnovabile tramite una richiesta da presentare un anno prima della scadenza; l’autorità
competente deve pronunciarsi entro 90 giorni dalla domanda, e nel caso di mancata pronuncia lo scarico può
proseguire secondo le prescrizioni dell’autorizzazione precedente fino all’adempimento
dell’amministrazione, o per massimo 6 mesi nel caso di scarichi pericolosi. Nel caso di variazione sostanziale
dello scarico occorre invece rinnovare il procedimento. Per gli impianti soggetti alla disciplina dell’ AIA,
l’autorizzazione allo scarico risulta ivi assorbita e integrata alle altre autorizzazioni settoriali.
La natura dello scarico determina la natura civile o penale delle sanzioni: l’attivazione di nuovi scarichi non
autorizzati, la violazione delle prescrizioni ed il superamento dei VLE costituiscono illeciti amministrativi se
concernono acque reflue domestiche o provenienti da reti fognarie pubbliche, o illeciti penali se concernono
acque reflue industriali. Oltre alle sanzioni pecuniarie, l’inosservanza delle prescrizioni porta inizialmente a
diffida, poi a diffida e contestuale sospensione in casi di pericolo, infine a revoca dell’autorizzazione se si
reiterano le violazioni che causano il pericolo.
III.
Il servizio idrico integrato (SII) è l’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di
acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue. Le reti fognarie, gli acquedotti e gli
impianti di depurazione sono beni demaniali esattamente come l’acqua. La disciplina giuridica mira alla
razionalizzazione della risorsa, in modo da preservare il patrimonio idrico per le generazioni future,
preservare la naturalità dei sistemi acquatici e ambientali e garantire al contempo tutti gli usi antropici
necessari. Usi diversi dal consumo umano sono consentiti solo se non pregiudicano la qualità e la quantità
della risorsa per l’uomo (art. 114). L’ambito del servizio non è racchiuso entro limiti amministrativi, bensì
entro confini territoriali definiti dalle regioni che assicurino una gestione ottimale ed efficiente della risorsa,
anche dal punto di vista economico (si tende ad evitare la sub-additività dei costi costruendo dei monopoli
locali). L’Autorità d’ambito o ente di governo dell’ambito viene individuato dalla competente regione, ed è
prevista la partecipazione obbligatoria di tutti gli enti locali racchiusi nel perimetro dell’ambito. Esso, nel
rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza
economica, e nel rispetto del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale,
delibera la forma di gestione tra quelle previste dall’ordinamento europeo. L'affidamento diretto può
avvenire a favore di società interamente pubbliche, spesso appendici dell’amministrazione, in possesso dei
requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali
ricadenti nell'ambito. La concessione si verifica invece in seguito a gare di appalto. Il rapporto tra l'ente di
governo dell'ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato è regolato da una convenzione
predisposta dall'ente di governo dell'ambito sulla base delle convenzioni tipo, con relativi disciplinari,
adottate dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico: l’Ente esercita poteri di controllo e
sostitutivi. A Milano il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato è MM Spa (metropolitane milanesi). La
tariffa del SII ha natura di corrispettivo, dunque viene determinata tenendo conto di tutti i costi di gestione
incluso quello della esternalità ambientale: il Ministro dell’ambiente definisce con decreto le componenti di
costo per la determinazione della tariffa relativa ai vari settori di impiego dell’acqua. Una recente
controversia ha portato all’abrogazione della norma che includeva come componente la remunerazione del
capitale investito da parte del gestore. Il Piano d’ambito è l’atto dell’autorità d’ambito, costituito dai seguenti
atti: ricognizione delle infrastrutture, programma degli interventi, modello gestionale ed organizzativo, piano
economico finanziario. 24
Tutela dell’aria e del clima, fonti internazionali
La consapevolezza degli effetti della materia ed energia emessi dall’uomo in atmosfera ha portato
storicamente ad una progressiva lotta contro le emissioni ed il riscaldamento globale, nonché alla tutela della
qualità dell’aria. Secondo la Convenzione di Ginevra (1979) l’inquinamento atmosferico è l’introduzione in
atmosfera di sostanze nocive per l’uomo, per l’ambiente e per il patrimonio storico-culturale. Ciò impose agli
stati firmatari degli obblighi di cooperazione, di consultazione, di monitoraggio e di elaborazione di strategie
per il contenimento dell’inquinamento atmosferico. Seguirono poi dei Protocolli diretti a promuovere tali
impegni.
Il protocollo di Montreal (1987) si occupa del problema di deplezione dell’ozono, ossia della riduzione dei
gas responsabili di tale fenomeno quali i CFC. I criteri seguiti furono la fissazione di obiettivi di riduzione delle
emissioni e l’ostacolo dell’esportazione di tali sostanze nei paesi in via di sviluppo: si instaura la stretta
connessione tra la tutela della qualità dell’aria e la riduzione dell’effetto serra.
La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, aperta alla firma a Rio nel 92, vede i
paesi impegnarsi nell’adottare una strategia per la riduzione dei cambiamenti climatici attraverso la
concezione di futuri protocolli che avrebbero posto dei limiti obbligatori alle emissioni. Questa è la prima
azione di livello g