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Il mondo del racconto coincide con l'epico
Il suo tratto distintivo è la mediazione: significa che esiste un meccanismo narrativo, il quale non ci presenta i fatti narrati in modo diretto (questo lo fa il teatro) ma li deforma, li filtra attraverso appunto un'istanza ulteriore. I tipi di mediazione che secondo Stanzel storicamente si sono definiti sono tre:
- La situazione narrativa autoriale -> solitamente definiamo questo narratore onniscente: in grado di dominare i fatti in quanto li guarda da una prospettiva esterna;
- La situazione narrativa in prima persona -> questo narratore si distingue in quanto personaggio, appartiene alla realtà della raccontata dall'opera;
- La situazione narrativa figurale -> il narratore che media è rimpiazzato da un riflettore: un personaggio del romanzo che pensa, sente e percepisce ma non parla al lettore come un narratore. Nel racconto figuralizzato si
Sì. Situazione narrativa figurale
Riguarda i testi letterari che apparentemente non hanno una mediazione esplicita del narratore. Il narratore viene rimpiazzato da una sorta di riflettore e non parla al lettore, il quale viene messo davanti alla storia in sé. Pag 33 del manuale esempi di Verga. Non abbiamo un vero e proprio narratore esterno e autorevole, come è se fossimo di fronte alla voce di una comunità, quella dei Malavoglia. Questo provoca una sensazione di distanziamento in quanto il lettore non capisce chi sta descrivendo, sembra il popolo.
Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n'erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare, proprio all'opposto di quel che sembrava dal nomignolo, come dev'essere. Veramente nel libro della parrocchia si chiamavano Toscano, ma questo non voleva dir nulla, poiché da che il mondo era mondo, all'Ognina, a Trezza e ad
Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sempre avuto delle barche sull'acqua, e delle tegole al sole.
Dal manuale, pagina 36
Il racconto di tipo figurale ha la caratteristica di presentarsi più come una concettualizzazione cognitiva di certi fatti che non come il loro racconto. Un esempio lo troviamo nelle prime frasi della novella verghiana Rosso Malpelo:
"Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone."
Assistiamo in primo luogo al dispiegarsi di un sistema percettivo ideologico e poi a una concatenazione di eventi. Qualsiasi lettore non ingenuo coglie cioè una visione distorta della realtà: il pregiudizio nei confronti di un bambino con i capelli rossi. A partire da questa acquisizione cognitiva, il lettore orienta il suo atto di lettura, che in fondo consiste soprattutto
narratore nel racconto letterario viene assunta dal medium stesso nel racconto filmico. Nel cinema, i personaggi che compiono delle azioni ci vengono mostrati attraverso l'immagine proiettata davanti a noi. Il cinema è un medium "mostrativo", in cui la storia viene rappresentata in modo diretto e incarnato. Aristotele introduce il concetto di "mimesi" come rappresentazione recitata, diretta e incarnata della storia nel teatro, mentre la rappresentazione narrata e indiretta della storia è tipica dell'epica. Nel racconto filmico, il narratore come istanza che media esplicitamente il racconto scompare. Tuttavia, è importante ricordare che la funzione di mediazione tra il racconto e lo spettatore viene assunta dal medium stesso.macchina da presa, la quale ci mostra gli eventi in un certo modo tramite l'inquadratura. Questa definisce la porzione di spazio che ci viene mostrata, da una determinata angolazione e distanza insieme all'audio che ci fa sentire (es. musica intradiegetica e extradiegetica). Comunque una rappresentazione mediata, dove la mediazione intrinsecamente contenuta è nelle caratteristiche materiali del medium stesso.
Livelli di racconto
Il narratore responsabile dell'intero racconto a cui abbiamo accesso e quindi origina il processo narrativo è nella sua totalità.
Può però cedere la parola a un'altra voce:
- narratore = narratore di primo livello "extradiegetico"
- narratore = la voce contenuta dentro il racconto gestito dal primo narratore, ovvero un "intradiegetico" narratore di secondo livello. Un esempio lo abbiamo con l'Odissea al canto IX: il narratore extradiegetico cede la parola all'eroe.
Ulisse, che per i tre canti successivi diventa lui stesso narratore della propria storia (narratore intradiegetico).
Cornici narrative
Chiamiamo cornice narrativa una narrazione a più livelli (racconto all'interno del racconto e diverse voci narranti).
Mille e una notte: narratore extradiegetico racconta la vicenda del sultano, che dopo la prima notte di nozze uccide sistematicamente le sue spose, e di Sherazade, che riesce a non farsi uccidere raccontandogli ogni notte una fiaba di cui rimanda la conclusione alla notte successiva. In questo caso abbiamo quindi una "cornice", cui interno si inseriscono le fiabe narrate da Sherazade (narratrice intradiegetica). Questa la funzione è convenzionale della cornice, ovvero la funzione di introdurre la storia vera e propria.
Odissea: in questo caso, la occupa molto più spazio del racconto di secondo livello (24 canti / "cornice" racconto di Ulisse: 4 canti). Tecnicamente il racconto di Ulisse inserito
In una ma non c'è «cornice», percepiamo come tale perché troppo vasta rispetto al racconto intradiegetico di Ulisse. Oltre alla cornice convenzionale possiamo distinguere altre due tipologie di cornice:
Cornice chiusa: alla fine della storia raccontata dal narratore intradiegetico, il narratore extradiegetico riprende la parola e chiude la cornice. La storia raccontata dal narratore intradiegetico è «incorniciata» dalla voce del narratore extradiegetico;
Cornice aperta: il narratore intradiegetico mantiene la parola fino alla fine del racconto.
Testo: H. James, Il giro di vite (The Turn of the Screw), 1898:
Il racconto ci aveva tenuti col fiato sospeso attorno al focolare, ma, salvo l'ovvia osservazione che esso era raccapricciante, come dovrebbe in fondo essere ogni strana storia narrata la vigilia di Natale in una vecchia casa, non ricordo che suscitasse alcun commento, sinché qualcuno ebbe a dire che quello era il
primo caso alla tua conoscenza in cui una prova del genere fosse toccata ad un fanciullo. Si trattava, ricordo, di un'apparizione in una casa altrettanto vecchia di quella che ci aveva riuniti per l'occasione: una visione spaventosa apparsa ad un bambino che dormiva nella stanza della madre, e che l'aveva destata con il suo terrore; destata non per vincere quell'incubo e farlo teneramente riaddormentare, ma perché ella stessa, prima di esservi riuscita, si trovassse davanti alla medesima visione che lo aveva sconvolto. Fu questa osservazione a provocare da parte di Douglas - non immediatamente, ma più tardi nella serata - una risposta che ebbe l'interessante conseguenza su cui richiamo la vostra attenzione. [...] "Convengo pienamente - nei riguardi del fantasma di Griffin o di quel che fosse - che il suo apparire dapprima al bambino (e di un'età così tenera), aggiunge alla vicenda un fascino particolare. Ma, per quanto ne so, nonÈ la prima volta che un fenomeno tanto affascinante coinvolge un bambino. Se la presenza di un bambino dà all'effetto un altro giro di vite, che direste di due bambini?...» «Diremmo, naturalmente,» esclamò qualcuno,«che darebbero due giri di vite. E anche che vogliamo conoscerne la storia.» Mi sembra ancora di vedere Douglas ritto davanti al camino, le spalle al fuoco, le mani in tasca, lo sguardo rivolto, dall'alto in basso, al suo interlocutore. «Nessuno all'infuori di me, finora, ne ha mai sentito parlare. È semplicemente troppo orribile.» Parecchie voci, com'era ovvio, dichiararono che questo conferiva alla cosa un estremo interesse, e il nostro amico, con arte sottile, si preparò il trionfo volgendo gli occhi su di noi ed aggiungendo: «È al di là di ogni immaginazione. Non conosco nulla che gli si possa paragonare.» «Per terrore allo stato puro?» ricordo
di aver chiesto. Sembrò voler dire che la cosa non era tanto semplice; che non trovava le parole per definirla. Si passò la mano sugli occhi, fece una smorfia leggera, come di pena. "Per spavento...spavento che ti stringe alla gola!" "Oh, che delizia!" strillò una delle donne. Non le badò; guardava me, ma come se, invece di me, vedesse quello di cui parlava. "Per assoluta, sovrannaturale ripugnanza e orrore e pena." "Ma il tuo manoscritto, allora...?" "È vergato con un inchiostro vecchio, sbiadito, in una bellissima grafia." Esitò di nuovo. "Di una donna. È morta da vent'anni. Mi mandò quelle pagine prima di morire." [...] "Era una persona piena di fascino, ma aveva dieci anni più di me. Era l'istitutrice di mia sorella," disse inquietamente. "Era la più piacevole donna con quella occupazione che io abbia mai conosciuto; eavrebbe potuto farsi onore in qualunque altra. È stato molto temp