NON CONSIDEREMO I SEGUENTI CASI:
- monopolio
- oligopolio
- concorrenza imperfetta
L’ipotesi e lo studio che facciamo noi dei mercati è in un regime particolare detto di concorrenza
perfetta, in cui le singole imprese non hanno influenza sui prezzi che si determinano sul mercato dei
loro prodotti.
Ipotizziamo che la maggior parte degli operatori del mercato siano privati e che il loro interesse sia di
massimizzare il profitto. (lo stato non esiste o ha un ruolo marginale)
Le imprese hanno un solo obiettivo: quello di massimizzare il profitto.
Il mercato è fatto da piccole imprese e nessuna di queste ha una quota di mercato tale per cui
possono influenzare il mercato
Profitto = ricavi totali delle vendite – costi totali sostenuti Nell’ambito dei mercati perfettamente
concorrenziali supponiamo le seguenti cose:
1. Aziende price-taker: le singole imprese non hanno singolarmente potere sul mercato ma
prendono il prezzo determinato dal mercato, che si forma dall’intersezione delle curve di
domanda e offerta .
es: sono in un mercato di sedie fatto di aziende infinite-> se una sedia costa 30 euro io la posso
vendere solo a 30 euro
es: vendere una pizza a 18 euro è molto difficile
2. le aziende vendono lo stesso prodotto standardizzato si ipotizza che i prodotti siano
→
intercambiabili
es: latte è tutto uguale
3. Ci sono potenzialmente infiniti venditori e compratori (altamente capillari e frammentati),
ciascuno dei quali acquista o vende solo una piccola quota della quantità totale scambiata
4. Non ci sono ostacoli all’entrata e all’uscita di un mercato, nonché grossi costi economici per
entrare in un mercato (es. per entrare in alcuni mercati invece serve una licenza-> esempio di
barriera di ingresso). Il capitale e i fattori produttivi si muovono liberamente tra entrata
uscita.
5. Perfetta simmetria informazionale: immaginiamo che individui e imprese abbiano accesso a
tutte le informazioni di loro interesse, dunque che non ci sia un’asimmetria informativa
(internet ha reso questo quasi del tutto possibile).
NB. la sfida per l’impresa perfettamente concorrenziale consiste nello scegliere il livello di output
(=quanto produrre) che le consenta di ottenere il profitto massimo per un determinato prezzo va
→
determinato analiticamente con l’idea di massimizzare il profitto.
L’economia si basa su dei modelli che semplificano la realtà, la concorrenza perfetta non si realizza mai
del tutto. Lo studio però di modelli che si basano sulla concorrenza perfetta permette di programmare
molto bene.
L’impresa come scatola nera
Sappiamo che dentro ci siano delle tecnologie che fanno funzionare le cose.
- input sono i fattori produttivi
- dentro succedono delle cose (dei processi)
- output sono i prodotti che si vendono i clienti
profitto= ricavi-i costi 20
E’ possibile identificare una funzione di produzione che descrive i fattori di produzione in funzione dei
fattori produttivi
possono cambiare le proporzioni tra capitale/lavoro/terra
Funzione di produzione P = f(K, L, X, B)
Obiettivo: Massimizzare il profitto, la differenza tra ricavi dalle vendite e costi per i fattori produttivi.
Quanto devo produrre? Quando devo fermarmi?
Come faccio a capire la quantità di merce che devo produrre?
Produzione analizzando un solo fattore produttivo
Quello che si osserva per i beni tradizionali è che la quantità aumenta all’aumentare del fattore
produttivo nel seguente modo:
1. prima fase di aumento-> tipicamente lineare in cui all’aumento dell'input ha un immediato
effetto sull’output
2. questa proporzionalità va diminuendo fino a saturarsi perchè ci si sposta in una zona di
inefficienza, sopra una certa quantità emergono infatti dei vincoli es: fabbrica piccola, bisogna
gestire più spazi, macchinari cominciano a guastarsi…-> aumento non continua all’infinito.
La crescita non è infinita, man mano che vado al margine e aggiungo ore lavoro la produzione cresce
ma sempre meno (la produttività marginale cala), anche perché sto sfruttando sempre di più e via via
meno efficientemente gli altri fattori produttivi (es. lo spazio disponibile nel mio capannone, nel quale
non posso inserire infiniti operai).
Anche se aumento il numero delle ore lavorate non aumenta la produzione
Legge della produttività marginale decrescente
Funzioni di produzione 21
Funzione di produzione con rendimenti decrescenti: la curva parte bene ma poi tende a
● saturazione e tende a porsi in orizzontale (caso più probabile). All’inizio all’aumentare di un
fattore produttivo riesco ad aumentare in maniera quasi proporzionale la produzione, ma poi
tocco un tetto invisibile e inizio ad avere una serie di vincoli (es. i macchinari raggiungono
limite massimo, i lavoratori non possono produrre di più, il magazzino è troppo piccolo, etc…) →
la legge dei rendimenti decrescenti è valida solo nel breve periodo quando alcuni dei fattori
produttivi sono fissi
Funzione di produzione con rendimenti crescenti: valida solo per aziende molto grandi e per
● le economie di scala la curva non si piega ma riesce a trovare migliori rendimenti.
→
All’aumentare della produzione i costi diminuiscono poiché vengono “diluiti” e permettono una
crescita dei rendimenti. Ci sono fattori della produzione (es. macchinari) che hanno costi fissi
elevati dunque sono efficienti solo per grandi quantità prodotte (es. industria automobilistica)
Funzione di produzione con rendimenti costanti: poco probabile, input e output aumentano
● proporzionalmente.
Solitamente si sperimentano tutte e tre le fasi
prima la prima, poi la seconda e alla fine la terza
Rendimenti di scala
I rendimenti di scala (rds) indicano di quanto aumenta percentualmente l’output al crescere di
tutti gli input di una determinata percentuale.
Nel caso di funzione di produzione con un solo input, rendimenti di scala e produttività marginale
coincidono.
I rendimenti di scala sono costanti se l'aumento dell'output è equivalente all'aumento degli input: per
esempio, raddoppiando tutti gli input, l'output raddoppia.
I rendimenti di scala sono crescenti se l'aumento dell'output è maggiore dell'aumento degli input: per
esempio, raddoppiando tutti gli input, l'output triplica.
I rendimenti di scala sono decrescenti se l'aumento dell'output è minore dell'aumento degli input: per
esempio, raddoppiando tutti gli input, l'output aumenta ma non raddoppia.
Il problema italiano
In italia ci sono solo mini imprese.
In un mercato in cui ci sono imprese grandi e imprese piccoli, quella grande si mangia quella piccola.
Quella grande riesce a risparmiare sui costi.
Vendono singoli prodotti i costi fissi possono essere “spalmati” più facilmente es: meno amministratori
delegati, meno uffici marketing.
Quindi raggiungere una dimensione maggiore aiuta ad accorpare i costi.
Funzioni di costo 22
La funzione di costo permette di risalire al costo totale della produzione per ogni livello della
produzione (quantità Q) a partire dalla combinazione dei fattori produttivi.
quindi voglio sapere quanto costa produrre 10, 20, 100 sedie a un’impresa.
Per ogni valore di costo voglio conoscere il numero di quantità prodotta-.
È legata alla tecnologia utilizzata dall’impresa. Oltre ai costi espliciti, che vedremo, ricordiamoci
sempre il costo opportunità: se io imprenditore investo 100.000 € per aprire un ristorante, sto
scartando delle altre opzioni di uso di quel denaro, delle altre opportunità.
Es. avrei potuto metterli in banca e prenderci gli interessi sopra; oppure aprire con quei soldi un
negozio di scarpe; o comprare una casetta da mettere a reddito etc.
-> Attenzione ai tassi di interesse (costo del denaro, prezzo del «noleggio» del denaro).
Costi non recuperabili
In economia è un errore guardare ai costi non recuperabili.
I costi non recuperabili (sunk cost) sono costi già sostenuti e quindi inevitabili a fronte di qualsiasi
decisione.
I costi non recuperabili non devono influenzare le decisioni produttive dell'impresa, una volta effettuati.
In economia:
Non devo guardare un film al cinema solo perché ho comprato il biglietto;
Non devo ingozzarmi di cibo perché ho pagato la tariffa all you can eat;
Non devo stare in una relazione che non va più perché all’inizio ci ho investito tanto tanto tanto. La
Ricerca e Sviluppo, per esempio in campo farmaceutico, è un tipico costo non recuperabile. Metà delle
big pharma non ha una R&D positiva.
Abbiamo generalmente un bias affettivo ma è un errore
-> non bisogna stare in una situazione non conveniente solo perchè ci ho investito per tanti anni.
Costi di un’impresa nel breve periodo
Costi fissi (Cf): costi che l’impresa sostiene per il semplice fatto di esistere, anche in assenza di
● produzione, e invariabili rispetto al volume della produzione. Anche cosa investo in
quell’attività es: spese per il capannone, danaro che avrei potuto investire in altro, costo degli
operai.
Cf = k
Costi variabili (Cv): costi che l’impresa sostiene quando produce e che variano al variare della
● produzione. Cv = f(q)
Costo totale (Ct): tutti i costi che un’impresa sostiene per realizzare la sua attività economica,
● dati dalla somma di costi fissi e variabili. Ct = Cf + Cv
Costo medio unitario (Cmed): costo medio dell’unità prodotta. Cmed = Ct/q (quantità)
● Costi marginali (Cm): costo dell’unità ulteriore prodotta in più, «al margine». Risponde alla
● domanda: quanto costerebbe produrre, ora, un pezzo in più? Sarebbe dCt/dq ma per noi sarà:
Cmarg = ∆Ct / ∆q (quantità al margine)
Profitto = Ricavi totali – Costi totali = (Prezzo X Quantità) – Costi Fissi – (Costi Variabili X
Quantità)
Siccome esaminiamo il caso di concorrenza perfetta il prezzo è DATO dal mercato e l’azienda non può
fare altro che accettarlo e prenderlo (price taker). 23
costi sulle ordinate
quantità che varia sulle ascisse
- costi fissi sono una retta orizzontale perchè sono fissi
- costi variabili variano con la quantità prodotta (in questo caso sono abbastanza lineari), sono
sempre all’origine perchè a quantità 0 sono 0
- costi totali-> slittamento della curva rappresentante i costi costi variabili del fattore dei costi
fissi
Costo medio fisso/unitario
costi totali : quantità
(non ci interessa tanto)
quando la
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