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PEDAGOGIA GENERALE
La pedagogia di ciascuno di noi è simile alla nostra esistenza: è fatta di persone, di incontri, di esperienze,
di errori e di cambiamenti, di “scelte”. Nagel, come Goode ed Hatt, sostengono che la neutralità valutativa
è impossibile in qualsivoglia sapere scientifico, ognuno di noi è figlio della sua storia e con quella storia
interpreta il reale. Per loro una via di “uscita” è l’“oggettività relazionale”. Ciascuno di noi è l’interprete del
suo ruolo. Ognuno è un mondo a sé, a metà strada tra le aspettative del ruolo e l’interpretazione del ruolo.
È qui che, nei “saperi” e nelle loro formulazioni, “entrano in gioco” le comunità. La comunità scientifica è il
luogo in cui si tende all’oggettività relazionale che convalida le teorie che compongono la pedagogia.
Lo sguardo della pedagogia si è rivolto non solo sui concreti bisogni educativi del genere umano, ma
anche e soprattutto sui contenuti conoscitivi incessantemente prodotti dalle scienze della natura e da tutte
quelle scienze che indagavano parti e comportamenti speciali dell’uomo: sociologia, psicologia, politica,
economia, le discipline antropologico-culturali, diritto ed etica, ecc. In questo suo sguardo la pedagogia ha
cercato di compiere un complicato e talora straordinario lavoro di “traduzione”. Nel quale ha compiuto
innumerevoli errori ed ha finito con il determinare malintesi ed equivoci. Il contenuto della pedagogia è
equivoco come il suo linguaggio. Lo è, perché l’uomo non è semplicemente un’entità, ma è un groviglio di
fini e l’unico contenuto di cui può disporre con assoluta sicurezza è non già il sapere che cosa sia l’uomo,
ma il chiedersi costantemente che cosa l’uomo voglia essere.
C’è un’affermazione di San Tommaso che ci conduce a delle fondamentali considerazioni di natura
pedagogico-educativa. Per il Dio della rivelazione cristiana non esistono i “boschi”, ma i singoli alberi.
Quindi i singoli individui. Di conseguenza possiamo, e dobbiamo, parlare degli educatori come “gruppo
sociale”. Ma poi di fatto, nella pratica, esistono, e agiscono, i singoli educatori. Ugualmente, parliamo “al
plurale”, degli educandi, ma, nella concretezza, sappiamo bene che ogni “educando” è diverso dall’altro.
Per questo esistono infiniti rapporti educativi. La pedagogia è unica, ma si articola in differenti discipline,
può essere definita in senso ampio come un sistema di scienze pedagogiche, in riferimento a varie
branche della pedagogia. Lo scopo è quello di raggruppare in classi i rapporti educativi similari per fini e
contenuti. Nel tempo ci saranno ulteriori branche. Per questo si evidenzia oggi come nome complesso e
plurale: le pedagogie. La singolarità è quindi vista come categoria fondante nell’intervento educativo. Ogni
persona è una persona a sé unica e irripetibile, così come l’intervento educativo.
Il termine greco classico di pedagogia fa riferimento alla sola infanzia, ma attualmente non è solo “l’arte di
condurre il bambino”, infatti la pedagogia e l’educazione sono passate attraverso 3 fasi, anche se queste
tre fasi non sono cronologicamente sovrapponibili, sono evoluzioni dispari fra loro cioè temporalmente
sono non sovrapponibili ma sconnesse tra di loro.
1. Pedagogia come arte: (pedagogia implicita) copre milioni di anni, bisogno di educare i più grandi. Fino
al 600 a.C. era un pensiero grezzo, ingenuo, non evoluto, non raffinato, privo di categorie. Primi graffiti
nelle caverne, arte come prodotto originale, creativo, non trasmissibile.
2. Pedagogia come filosofia o come filosofia applicata: dalla nascita della filosofia, madre di tutti i saperi, il
primo sapere codificato è con i primi 3 filosofi Talete, Anassimandro, Anassimene poi Eraclito, fino alla
triade fondamentale con Socrate/Platone/Aristotele. Si dà un paradigma fondativo: è compito della
filosofia dire cos’è la persona, cos’è il mondo, come la persona conosce, qual è il destino della persona.
La pedagogia come filosofia termina all'incirca con Herbart, quindi parliamo di circa 180 anni di storia.
3. Pedagogia come scienza: con lo sviluppo della psicologia, che fissa i primi paletti di una pedagogia
come scienza e che indica i mezzi.
L’educazione è passata attraverso 3 fasi che non corrispondono a quelle della pedagogia, come già detto.
1. Andragogia: dal 600 a.C., vede l’adulto al centro, è successo dal mondo classico greco, a quello
romano, fino al XVI sec, dove con Comenio entra in crisi questo modello.
2. Pedologia: vede il bambino al centro. Inizia ad esserci il discorso sul bambino e sull’infanzia. Comenio,
Rousseau, Pestalozzi, sorelle Agazzi, Montessori… Crisi con lo scoppio della 2° guerra mondiale.
3. Educazione permanente: educazione long-life, per l’intero ciclo di vita della persona. Non c’è genere e
non c’è età per l’educazione e caratterizza la contemporaneità.
• La pedagogia è una scienza perché ha un proprio oggetto di studio che è l’educazione (e che si
“traduce”, poi, nei pressoché infiniti rapporti educativi che storicamente si sono dati, si danno e si
daranno) e che non è l’oggetto di studio di nessuna altra disciplina; ha propri modelli e proprie teorie con
cui la “studia” e li “studia”. La pedagogia è una scienza idiografica: descrivo, specifico il particolare. Le
scienze idiografiche sono scienze umane e sociali, che hanno a cura la singolarità, l’individuo. La
pedagogia NON è una scienza nomotetica, quelle fanno riferimento alle norme (lo sono la fisica,
matematica, che descrivono principi).
• La pedagogia è una scienza umana perché “studia” (analizza e “modifica”) un rapporto educativo che
“avviene” tra persone.
• La pedagogia è una scienza pratica perché si pone come una teoria per la pratica che prima indaga al
meglio (“diagnosi”) i tanti possibili rapporti educativi cui si applica, poi li orienta (“prognosi” e “terapia”)
conducendoli a condizioni “positive” o, con altro linguaggio, di “successo”. La pedagogia orienta e non
prescrive, per lasciare libera la creatività dell’educatore e dell’educando. Diagnosi, Prognosi e Terapia
sono 3 strumenti interconnessi tra loro. Il modello di Parsons: Parsons è un sociologo, studioso della
metodologia della ricerca sociale. Il suo modello è uno dei più accreditati. Dobbiamo osservare il rapporto
educativo, che è un rapporto empirico. Se fosse possibile la neutralità valutativa potremmo ingenuamente
dire che quando osservo un rapporto educativo lo descrivo così com’è, e quindi la descrizione sia un
censimento dell’evidenze osservate. Ma siccome ognuno di noi è un interprete di ciò che accade, la
descrizione del fatto è come lo vedo io, non riproduco fedelmente la realtà esterna. L’osservazione
empirica non riproduce la realtà, in quanto possiede un orientamento selettivo, Parsons cita lo psicologo
Gesell che disse che ogni osservatore è un osservatore partecipe. Parsons la chiamò “orientamento
selettivo” cioè si osservano solo le cose che pregiudizialmente si vogliono/devono osservare. Parsons
identifica nel suo modello 3 livelli di ricerca:
- ricerca applicata, quando il pedagogista applica la propria ricerca a quell'evento educativo, a quel
rapporto educativo, a quella classe di rapporto educativo, gettando una rete ampia e pescando tutte le
possibili variabili, così come un pescatore che modifica e rammenda continuamente le reti in cui
raccogliere la molteplicità degli eventi educativi, il pedagogista non fa selezione, tira su tutto quello che
vede e percepisce, tutto quello che a suo parere anche marginalmente non può essere trascurato;
- ricerca contenutistica, scarta tutte quelle variabili che progressivamente dal suo studio e dalla sua analisi
sono risultate ininfluenti, per selezionare quelle variabili che rappresentano il contenuto caratterizzante e
tipico di quell’evento educativo, di quel rapporto educativo, di quella classe di rapporto educativo;
- ricerca pura (o formale), in cui a modello di un equazione matematica il pedagogista conclude arrivando
a dire con X c’è Y, sul piano di una pedagogia funzionante, ad esempio nella pedagogia familiare, con X
un bambino sano, motivato, ben riuscito, anche se magari un pò pasticcione, e con quel X c’è Y, che sono
2 genitori, “sani di mente”.
Quando questo processo procede regolarmente e in modo corretto, rigoroso e onesto, il viaggio è
compiuto, ma se nel viaggio del trittico del rapporto tra diagnosi, prognosi e terapia, la terapia non
consente in un tempo ragionevole ad una prognosi fausta, vuol dire che alla base abbiamo trascurato
qualche fattore, per cui c’è da ricominciare con l’analisi e la diagnosi, cambiando la terapia, fino ad
arrivare alla prognosi fausta, che è l’obiettivo della pedagogia, la salute mentale, il benessere personale e
psico-relazionale di tutti in ogni contesto.
• La pedagogia è una scienza autonoma perché “autonomamente, liberamente e responsabilmente”, a
seconda degli eventi educativi che “studia”, o delle classi di rapporti educativi cui “si applica”, sceglie, e
seleziona, a quali discipline rivolgersi, fra le tante, per la diagnosi, la prognosi e la terapia dello specifico
campo di indagine “del momento”. La pedagogia è una scienza autonoma, ma non è né autarchica né
autosufficiente e non è nemmeno una somma di discipline diverse. La pedagogia piuttosto si rivolge ad
alcune discipline in base alle necessità. Uno dei primi pedagogisti a teorizzare l'autonomia della
pedagogia è stato Dewey nel suo testo “Le fonti di una scienza dell’educazione”, un viaggio che noi
possiamo descrivere come un treno con 5 vagoni: il sapere pedagogico con la sua storia, il rapporto
educativo o la classe di rapporto educativo che va ad analizzare e che intende condurre, a seconda di
questo si rivolge ora ad alcune discipline ora ad altre, per portare a compimento il viaggio triadico tra
diagnosi, prognosi e terapia, per arrivare all’ultimo vagone che è quello della teorizzazione pedagogica.
• La pedagogia come scienza teleologica e dei fini dell’educazione: è teleologica perché orientata alla
crescita e al cambiamento della persona, perché st