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Curiosità, esplorazione e ricerca
Educare la curiosità e l’osservazione
Qualche volta erroneamente si confonde il bambino curioso con il bambino che tocca tutto, che
continuamente prende, lascia, sposta gli oggetti che gli si presentano innanzi, quest’ultimo non è un
bambino curioso ma un bambino ansioso ed instabile. Ciò che caratterizza e contraddistingue la
curiosità è la presenza di un fattore di aggregazione, di un ordinatore psicologico che polarizza
l’energia interna del bambino e la conduce all’esterno per concretizzarla in un’azione. La curiosità
spinge sempre all’azione, al fare, che nell’infanzia ha carattere manipolativo: il bambino, mosso da
curiosità, afferra e tocca l’oggetto per conoscerne le caratteristiche salienti e attraverso le sue
sequenze di gesti, esprime intenzioni di possesso e di padronanza percettiva. Nei casi in cui il
bambino manifesta instabilità o semplicemente indifferenza alle cose che lo circondano è
importante che l’adulto possa intervenire per rimuovere le difficoltà o quantomeno per ridurle.
Valide opportunità derivano dal ricorso al gioco simbolico, attraverso il quale è possibile intervenire
sulle resistenze che impediscono l’iniziativa e l’espressione di sé del bambino. Nel momento in cui
invece ci si trova davanti ad un bambino in cui è già presente la curiosità e sono esplicitati i bisogni
conoscitivi e l’impulso a padroneggiare la realtà è importante educare all’osservazione.
Mentre la curiosità è una manifestazione spontanea della persona e non richiede di norma una
sollecitazione ma soltanto interventi volti a indirizzarla e a disciplinarla, l’osservazione per svilupparsi
richiede cura e sollecitazioni appropriate. Caratteristiche specifiche dell’osservazione sono la
continuità e la sistematicità. Mentre spinti dalla curiosità si può considerare un oggetto anche una
volta sola, perché si possa parlare di osservazione è necessario che quell’oggetto torni ripetutamente
sotto lo sguardo e sia considerato più volte e sempre con lo stesso intento e sotto lo stesso profilo.
Continuità, metodo, obiettivi e criteri di verifica sono elementi salienti ed indispensabili
dell’osservazione. Un educatore può educare all’osservazione facendo in modo che il bambino,
spinto dalla curiosità possa tornare più volte a prendere in considerazione lo stesso oggetto o
evento. L’osservazione può rappresentare per il bambino anche una via di accesso all’universo dei
significati e dei valori.
L’esplorazione
L’esplorazione è quella disposizione naturale nel bambino che gli consente di fronteggiare i rapporti
e le relazioni nel suo dialogo con il mondo e la realtà circostante. Attraverso quello che è un
orientamento durevole, il bambino incontra le cose e le colloca in un sistema di possibilità cognitive,
affettive, conative. Le azioni esplorative, non a caso meglio definite manovre esplorative, originano
da processi complessi in cui ha luogo un progressivo accostamento all’oggetto ed un superamento
degli ostacoli frapposti. Si considera ad esempio il caso di un bambino incuriosito dalla presenza di
un nido su un albero vicino: cercherà di osservare dalla posizione in cui è collocato, poi proverà a
mettere in atto delle manovre attraverso le quali avvicinarsi al suo oggetto di osservazione e superare
in tal modo gli ostacoli presenti. Di fronte ad un oggetto che attira l’attenzione del bambino, le
possibilità sono 3:
- La curiosità è adeguata e sostiene perciò sforzi, gli interventi e le energie del bambino volti a
raggiungere l’oggetto. La manovra esplorativa è allo stesso tempo manifestazione ed
esercizio di intelligenza.
- La curiosità è connessa ad uno stato di ansietà ed è associata ad atteggiamenti di via
eccitazione, derivanti da un forte desiderio dell’oggetto. La manovra esplorativa è diretta.
- La curiosità è piuttosto ridotta e non da di conseguenza sostegno all’impegno delle energie
necessarie alla manovra, il bambino in questo caso desiste.
Al fine di sostenere e di potenziare nel bambino la spinta ad agire e ad incontrare le cose è
fondamentale associare la curiosità alla soddisfazione di un bisogno. L’educatore può legare
all’oggetto che suscita curiosità e che avvia la manovra esplorativa un qualche elemento che
rappresenti la risposta ad un bisogno del bambino in maniera tale che sia motivato ad intraprendere
la manovra. Nell’eventualità in cui sia la reticenza a misurarsi con i propri limiti ad inibire la manovra,
l’educatore potrà offrire sostegno ed aiuto dando la sua disponibilità all’esempio,
all’accompagnamento, incoraggiando il bambino. Se invece il problema è la non capacità del
bambino di tollerare la manovra allora l’intervento dell’educatore sarà perlopiù volto alla riduzione
delle barriere o alla predisposizione di un piano per interventi che siano semplici ed improntati ad
un criterio di gradualità. Nelle situazioni in cui il bambino è preso da forte eccitazioni l’intervento
dell’educatore avrà come obiettivi: la riduzione del disagio e il potenziamento dell’autostima.
Ricerca e apprendimento
L’attività esplorativa è importante in rapporto all’apprendimento del bambino in quanto oltre ad
affinare le capacità di osservazione e a consentire un incontro con le cose, attiva una serie di processi
mediante i quali il bambino elabora i comportamenti e le azioni più adeguate a seconda della
situazione. L’attività esplorativa consente la scoperta o, se si preferisce, la ricerca nel bambino,
poiché egli, posto di fronte ad una situazione problematica che non può essere risolta con le strategie
già acquisite e memorizzate nei propri schemi mentali è chiamato ad acquisire e a costruire nuove
informazioni. Caratteristica peculiare della ricerca è la contemporaneità tra apprendimento e
scoperta, ossia il bambino impara qualcosa nel mentre la scopre e la scopre nel mentre la impara.
Va considerato che lo stimolo all’apprendimento non proviene da un singolo oggetto o da una singola
qualità della cosa, giunge bensì dalla complessiva articolazione di una situazione che produce un
interrogativo, una domanda. Lo scambio relazionale tra il soggetto e la situazione genera una
domanda e quest’ultima da avvio alla ricerca. La domanda è quell’interrogativo che resta senza
risposta nonostante il bambino abbia già tentato di fornire una soluzione ricorrendo alle
informazioni ed alle strategie già acquisite e presenti nei suoi schemi mentali. Nei casi in cui la
domanda del bambino non introduce ad una ricerca l’educatore fornisce una risposta che si
mantenga nel recinto della domanda evitando di aggiungere particolari che potrebbero disorientare
il bambino. Nei casi in cui il bambino è impegnato in una ricerca il suggerimento è quello di non
rispondere, sollecitando tuttavia il bambino a trovare da sé una risposta. Nel momento in cui il
bambino tenta una risposta, questa sarà la sua ipotesi. Nel bambino l’ipotesi risente della specifica
condizione di egocentrismo infantile.
Conoscenze, volontà e creatività
Generalizzazione e transfer
L’apprendimento del bambino non si conclude con la semplice acquisizione delle informazioni, alla
dimensione del sapere è importante che si aggiunga la dimensione del sapere fare e la capacità di
trarre vantaggio da quanto viene acquisito. L’apprendimento deve poter offrire al bambino nuove
possibilità di azione e di espressione e nuovi campi di iniziativa, il sapere deve poterlo sospingere a
ricostruire e ad approfondire la sua identità strutturale e funzionale. Un importante passaggio in
questa direzione è l’acquisizione da parte del bambino della capacità di trasferire le conoscenze. Va
fatta una distinzione tra generalizzazione e trasferimento. La generalizzazione delle conoscenze è
rintracciabile ogniqualvolta il soggetto estende una regola o applica un’informazione ad un contesto
diverso da quello in cui ha avuto luogo l’apprendimento. La generalizzazione rappresenta un
ulteriore sviluppo dell’apprendimento e contribuisce a completarlo e a renderlo efficace. Il
trasferimento ha a che fare non tanto con il contenuto di apprendimento quanto con la capacità ad
esso associata, è rintracciabile nella facilitazione che l’acquisizione ed il consolidamento di alcune
esperienze fornisce al bambino nell’affrontare un nuovo apprendimento, esso consiste per l’appunto
in un trasferimento di abilità. Affinché un transfer (o trasferimento) possa attivarsi, vanno garantite
3 condizioni:
1. Chiarezza→ la condotta acquisita deve essere definita con esattezza, l’informazione proposta
deve essere indentificata con precisione
2. Stabilità→ riguarda tanto il significato di quanto è appreso, tanto i processi attivati nel corso
dell’apprendimento
3. Discriminabilità o dialogicità→ risiede nella possibilità di distinguere un contenuto o un
abilità rispetto ad un contenuto o ad un’altra abilità
Queste 3 condizioni possono essere assicurate attraverso l’esercizio pratico.
Volontà ed educazione
Si è in presenza di un atto volontario o di un esercizio della volontà ogniqualvolta il comportamento
del soggetto, in questo caso del bambino, soggiace ad un’istanza direttiva centrale. In un atto
motorio volontario sono presenti: l’intenzionalità della persona, la forza dell’Io, il coordinamento e
la regolazione delle energie a vantaggio dell’obiettivo individuato. Dal punto di vista educativo 3 sono
le questioni che assumono rilievo:
- Il che cosa volere→ va anzitutto tenuto conto del fatto che il destinatario privilegiato della
volontà del bambino è l’adulto, con il quale egli istaura un rapporto di dipendenza che
dapprincipio è simbiotica, poi emozionale e infine strumentale. Affinché sia accentuata
l’iniziativa del bambino, siano ridotti gli automatismi e sia arricchita la relazione Io-Mondo è
importante che la proposta educativa si configuri secondo modalità tali da ridurre la
dipendenza e contribuire alla costruzione di rapporti più evoluti. Allo stesso modo, in rapporti
ai contenuti di volontà che si riferiscono alle cose anziché all’adulto dapprincipio il bambino
è caratterizzato da un desiderio di possesso captativo.
- Il come vole