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FRATTURA DEL PIATTO TIBIALE
La FRATTURA DEL PIATTO TIBIALE in genere è una frattura da stress in varo o in valgo: è una lesione legata allo schiacciamento
da parte del condilo femorale sul piatto tibiale in eccessivo varismo o valgismo. Questo è un tipo di frattura da stress perché è
legata a microtraumi ripetuti: paziente che corre, che fa un lavoro ripetitivo in cui deve sollevare dei pesi. Talvolta possono
essere bicondilari (ad Y o V) e pluriframmentarie.
• Conservativa: gesso per 3 settimane, riabilitazione dopo rimozione del gesso.
• Chirurgica: ricostruzione delle superfici con plastica spongiosa, osteosintesi con placca → la terapia chirurgica viene
scelta quando c’è un’alterazione importante tra le due superfici.
FRATTURE DI ROTULA
Nella FRATTURA DI ROTULA i traumi diretti sono più frequenti dei traumi indiretti. Possono essere oblique e pluriframmentarie;
in genere, tranne che non ci sia una lesione parcellare di uno dei due poli e che quindi non coinvolga la capacità estensoria del
quadricipite femorale, l’intervento è di tipo chirurgico con fili metallici → evitare la flessione oltre i 90°.
FRATTURE DEL TERZO DISTALE DI FEMORE
Le FRATTURE DEL TERZO DISTALE DI FEMORE possono essere paragonate a quelle del piatto tibiale, quindi sovracondilari o
condilari (ad Y o T); in genere sono sempre trattate chirurgicamente: con placche e viti o chiodo endomidollare retrogrado.
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FRATTURA DELLA DIAFISI FEMORALE
La FRATTURA DELLA DIAFISI FEMORALE è una frattura ossea per trauma diretto o indiretto; possono essere oblique, spiroidi
e a scalino. Il trattamento è chirurgico: placca e viti (riservate a pazienti anziani che non possono essere sottoposti ad
intervento con chiodo endomidollare oppure quando vi è un focolaio fratturativo è vicino ad una protesi precedentemente
impiantata), chiodo endomidollare o monofissatore (soprattutto per i bambini perché il chiodo potrebbe ledere alla cartilagine
di accrescimento) → pur raffrontando nel miglior modo le due superfici, la tensione dei muscoli è così forte che andrebbero
sicuramente a scomporre il focolaio fratturativo.
FRATTURA PERTROCANTERICA
Le FRATTURE PERTROCANTERICHE colpiscono in genere i pazienti anziani per traumi diretti (caduta sull’anca); possono
essere stabili quando la linea di frattura è obliqua tra i due trocanteri (in alcuni pazienti anziani non si opera e si tiene il paziente
allettato per qualche settimana) oppure instabili quando i frammenti sono in corrispondenza della corticale mediale. Il
trattamento è chirurgico e può essere effettuato con placche angolari, viti dinamiche o chiodi γ.
FRATTURE DI COLLO FEMORALE
Il picco di incidenza delle FRATTURE DI COLLO FEMORALE è tra i 60 e i 70 anni, soprattutto nelle donne a causa
dell’osteoporosi. Possono esserci fratture laterali (extra-articolari) o fratture mediali (hanno un importante rischio di necrosi
del collo del femore). Il trattamento è di tipo:
• Conservativo: frattura composta con capi ben affrontati ed in contatto; comporta una riabilitazione precoce.
• Endoprotesi: soprattutto nelle fratture mediali.
FRATTURE DELL’ACETABOLO
Le FRATTURE DELL’ACETABOLO sono in genere legate a traumi diretti ad alta densità (incidenti stradali); in genere sono legati
ad un meccanismo di frattura-lussazione. Possono esserci fratture del cercine posteriore o anteriore, fratture oblique del
pavimento dell’acetabolo o fratture combinate. Piccole fratture del ciglio acetabolare soprattutto composte non vengono
operate; in genere si consigliano circa 3 mesi in scarico a seconda della frattura. In caso di una frattura più importante si opera
impiantando viti e placche.
RIABILITAZIONE FRATTURE APPARATO ESTENSORIO DI
GINOCCHIO
L’APPARATO ESTENSORIO DI GINOCCHIO è tutta quella struttura muscolare, tendinea, ossea e legamentosa che mi
permette di estendere la gamba sulla coscia. Questo è un apparato molto importante: senza la rotula il braccio di leva del
quadricipite sarebbe aumentato → il quadricipite dovrebbe fare molta più forza per estendere la tibia.
L’apparato estensorio può essere danneggiato a quattro livelli:
• Rottura del tendine quadricipitale.
• Frattura di rotula.
• Rottura del tendine rotuleo.
• Avulsione della tuberosità tibiale,
Le più frequenti sono:
• Frattura di rotula: è la classica lesione che può avvenire durante una caduta.
• Rottura del tendine rotuleo: spesso un tendine va incontro a infiammazione che va incontro a tendinosi.
Fattori predisponenti che mi portano ad una lesione dell’apparato estensorio:
• Calcificazioni tendinee: mi dicono che c’è stata un’infiammazione e che il tendine non è più quello di una volta.
• Artrosi.
• Patologie del collagene: causano alterazioni sia a livello osseo che tendineo.
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• Degenerazione grassa del tendine.
• Disordini metabolici: come l’ipercolesterolemia famigliare.
LESIONI DEL TENDINE ROTULEO
La LESIONE DEL TENDINE ROTULEO è una lesione poco frequente sotto i
40 anni d’età; colpisce soprattutto i pazienti durante un gesto sportivo.
Solitamente è unilaterale → può essere bilaterale quando abbiamo malattie
sistemiche che indeboliscono le strutture di collagene.
Il tendine rotuleo è formato dalla fibre del retto femorale che attraversano
la superficie anteriore della rotula e convergono medialmente e
lateralmente con il retinacolo degli estensori fino alla propria inserzione sul
tubercolo tibiale; quindi una rottura coinvolge spesso anche il retinacolo.
La tensione massima che colpisce il tendine è generata durante l’estensione attiva di ginocchio; a circa 60° di flessione è
maggiore la tensione sull’inserzione ossea piuttosto che lungo il decorso del tendine. Il tendine si rompe quando abbiamo una
contrazione importante del quadricipite contro una struttura fissa o per un improvviso aumento di carico sul corpo del paziente
contro un quadricipite che si sta contraendo attivamente (slancio del sollevatore di pesi).
In entrambi i casi si ha una contrazione eccentrica del muscolo.
In genere la rottura acuta si ha dopo una degenerazione tendinea di lunga data:
• Collagenopatie.
• Tendinopatia ipossica o calcifica.
• Degenerazione mucoidale.
• Tendolipomatosi.
• Disturbi autoimmuni.
• Diabete mellito e insufficienza renale cronica.
• Cause iatrogene: come iniezione di corticosteroidi nel tendine o nelle sue vicinanze, postumi di artroplastica totale di
ginocchio o ricostruzione di LCA con tendine rotuleo.
Se dovessimo vedere un paziente appena dopo una rottura del tendine rotuleo avremo:
• Emartro.
• Impossibile il carico.
• Impossibile l’estensione attiva della gamba.
• Flessione limitata dal dolore.
• A livello della frattura si può palpare un solco.
• La rotula può risultare spostata.
• Possibili lesioni associate come la lesione al crociato anteriore.
La classica diagnosi veniva effettuata con una radiografia che mostrava una patella alta in proiezione laterale. Adesso la
diagnosi, oltre ad essere clinica è con una ecografia e spesso la risonanza magnetica ci serve per capire se ci sono lesioni
associate.
Secondo la classificazione di Siwek e Rao del 1981 si ha una classificazione in base all’intervallo tra lesione e riparazione:
• Immediata: riparazione primaria.
• Ritardata: più di 2 settimane dalla lesione (in genere si fa una ricostruzione).
Non è previsto alcun trattamento conservativo; si esegue solo un trattamento chirurgico che deve essere fatto il prima
possibile. In caso di rottura cronica (più di 6 settimane) il riavvicinamento dei monconi è impossibile (retrazione quadricipite).
Sono necessari trazione rotulea pre-operatoria e mobilizzazione passiva. Ricostruzione: autoinnesti da tendini degli ischio
crurali o fascia lata, all’innesto di tendine d’Achille o da tendine rotuleo intatto.
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Principi generali di riabilitazione:
• Guarigione tissutale: non bisogna sottoporre il tendine ad un carico precoce per evitare che il tessuto vada incontro
ad ischemie.
• Guarigione biomeccanica: cercare di recuperare la funzionalità.
• Rinforzo muscolare.
• Tecniche di condizionamento.
• Approccio in più fasi.
Protocollo riabilitativo:
• Fase 1: immobilizzazione.
• Fase 2: recupero ROM.
• Fase 3: rinforzo.
• Fase 4: riabilitazione funzionale sport-specifica o lavorativo-specifica.
La fase riabilitativa la consideriamo conclusa quando il ROM è completo, quando la forza (alla valutazione isocinetica) è pari
all’85-90% dell’arto controlaterale, quando lo schema di movimento è simmetrico e si ha un normale allineamento in statica.
L’attività sportiva strenua è proibita per almeno 4-6 mesi.
FRATTURA DI ROTULA
La ROTULA è l’osso sesamoide più grande del corpo umano; esso è una
componente funzionale importante dell’apparato estensorio: aumenta il
braccio di leva del quadricipite. Va evitata la rimozione della rotula: spesso
a inizio secolo si usava asportare la rotula, ma ciò ha mostrato un’incapacità
successiva del paziente di estendere attivamente il ginocchio.
Una frattura di rotula può essere secondaria a trauma diretto o secondaria
ad una contrazione muscolare improvvisa.
Il paziente può presentarsi con:
• Emartro: a seconda se la lesione è andata più o meno a ledere la componente capsulare.
• Impossibile l’estensione attiva.
• Flessione limitata dal dolore.
• Evidenza radiografica di frattura.
Ci sono anche le fratture da scoppio della rotula, che sono importanti da trattare anche dal punto di vista chirurgico, in cui la
rotula è divisa in tanti piccoli pezzetti.
Abbiamo due classificazioni in base al meccanismo di frattura o alla morfologia.
Il trauma può essere diretto o indiretto:
• Diretto: si hanno importanti frammentazioni della rotula, piccoli spostamenti e un grave danneggiamento della
cartilagine articolare → la forza che ha agito ha schiacciato la rotula sui condili femorali e anche la cartilagine si è
danneggiata.
• Indiretto (la rotula viene tesa troppo): fratture meno comminute, talvolta c’è una lesione parcellare; possono essere
scomposte, possono essere lesioni trasversali e la cartilagine articolare è meno danneggiata perché non c’è stato il
meccanismo di compressione della rotula sul femore.
Le fratture possono essere di vari tipi:
• Trasversali: terzo centrale o distale.
• Verticali: rare.
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