Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
CAPITOLO 6: FATTORI DI PATOGENICITÀ E VIRULENZA
Patogenicità : è la capacità di un agente infettivo di causare una malattia. (carattere qualitativo)
Virulenza : è la misura della patogenicità, è la capacità di un patogeno di causare maggiore o minore danno
in una data pianta. (carattere quantitativo)
Fattori di patogenicità dei batteri biotrofi
• I SISTEMI DI SECREZIONE
I batteri gram negativo ne hanno fino a nove, essi sono coinvolti nella
patogenicità e nella virulenza dei batteri patogeni per le piante.
Ci sono 3 sistemi riportati:
▪ Tipo 1: secerne all’esterno il fattore di virulenza
▪ Tipo 3 e Tipo 4: insieme si uniscono e si mettono in
comunicazione con le cellule vegetali (comunicazione avviene tra
eucarioti e procarioti).
• IL CLUSTER GENICO Hrp: è un fattore di patogenicità, un insieme di geni
codificano per un apparato di secrezione di tipo 3 che produrrà il Pilo Hrp.
La patogenicità dei batteri biotrofi appartenenti ai generi Pseudomonas,
Xanthomonas, Erwinia, Ralstonia e Pantoea, è dovuta al cluster genico Hrp
(hypersensitive reaction and pathogenicity), che codifica per l’apparato di
secrezione di tipo 3 (TTSS) che produrrà un pilo hrp attraverso il quale il
batterio inietta effettori proteici nella cellula vegetale coinvolti nella sua
virulenza (viene modificato il metabolismo cellulare in modo che vengano
inviate sostanze di riserva nell’apoplasto dedite alla nutrizione del batterio).
Se creo una mutazione su un qualsiasi gene di questo cluster genico, ottengo
un mutante non in grado di essere patogeno, questo perché il pilo Hrp (quindi
il cluster) è un fattore determinante della patogenicità.
Gli effettori sono fattori di virulenza che vanno ad aggravare la malattia.
Il Pilo Hrp può essere prodotto anche in vitro, mediante un mezzo di coltura con composizione simile a
quella dell’apoplasto (chiamato hrp-inducing minimal medium).
Fattori di patogenicità dei funghi fitopatogeni
• RUOLO DELLE MELANINE: nei funghi fitopatogeni invece, il fattore di patogenicità è l’apposizione di
melanina sull’appressorio, che gli consente di raggiungere pressioni idrostatiche notevoli (8 Mpa) ed
essere impermeabile.
Le melanine si accumulano prima della penetrazione, apponendosi sullo strato interno della parete
dell’appressorio, riducendo la sua porosità.
I mutanti albini, ad esempio, sono incapaci di penetrare nel fungo (in quanto non producono il pilo), ma
con la presenza di ferite, essi sono in grado di trasmettersi facilmente (non gli serve il pilo, già c’è
l’entrata).
▪ Il Tricyclazolo è un fungicida che non è tossico per Magnaporthe grisea ma inibisce la biosintesi
delle melanine quindi lo sviluppo della malattia.
I mutanti del fungo (albini) sono incapaci di infettare le piante integre (non patogeni) ma,
abradendo la superficie, la patogenicità viene ripristinata.
Principali fattori di virulenza: (riguardano funghi, oomiceti e batteri)
• FITOTOSSINE: o tossine sono tossiche per la pianta, sono composti a basso peso molecolare di natura
non enzimatica, prodotti da alcuni batteri e funghi fitopatogeni, capaci di condizionare la loro
patogenicità e virulenza.
le tossine possono svolgere funzioni patogenetiche (oltre a quelle necrogene), danneggiando le
membrane cellulari e determinando il rilascio di nutrienti ed acqua negli spazi intercellulari e delle
variazioni del pH favorevole alla crescita dei batteri (neutro) o dei funghi (sub acido).
Appunti di Gianluca Visciotti
Accelerando la senescenza e variando il metabolismo delle cellule, vengono inibite le difese dell’ospite.
Le tossine possono essere di 2 tipi:
▪ Selettive: dette ospite-specifiche, a basse concentrazioni causano sintomi molto simili a quelli
causati dal fitopatogeno che le produce, e non sono attive su piante che non rientrano nella gamma
ospiti del patogeno. Un esempio può essere la Ruggine del mais.
- La fitotossina selettiva HC è prodotta da Cochliobolus carbonum,
l’agente dell’elmintosporiosi del mais, ed esplica la sua azione tossica
esclusivamente sul mais, con macchie necrotiche ovoidali.
Essa va ad inibire l’istone deacetilasi, enzima ubiquitario che regola
l’inducibilità di classi di geni, interferendo sulla capacità della pianta di
indurre geni di difesa (agisce da soppressore).
Questi geni di difesa vengono attivati quando la pianta percepisce la
chitina (del fungo, simile ad un acido grasso) come estranea e attiva le
risposte difensive.
Alcuni tipi di mais hanno il gene Hm1 in grado di modificare la
struttura della tossina rendendola non tossica (il gene codifica per una
HC-Tossina reduttasi).
▪ Non selettive: dette ospite-non specifiche, già a basse concentrazioni sono tossiche anche su piante
che non rientrano nella gamma ospiti del patogeno che le produce.
Un esempio può essere la Coronatina, che riesce ad aprire gli stomi delle piante che si erano
precedentemente chiusi a causa della presenza dei flagelli (inducono chiusura stomatica), allora il
batterio rilascia la Coronatina e lo stoma si riapre.
- La Faseolotossina prodotta da Pseudomonas savastanoi
pv. Phaseolicola è l’agente della maculatura alonata del
fagiolo, e l’alone clorotico è generato dalla tossina.
Se isolo il batterio vedo che alcuni ceppi non producono
tossine, quindi si creavano sulle foglie solo aloni clorotici.
• ENZIMI: si distinguono in
▪ Pectolitici: la pectina è il principale costituente della lamella mediana ed uno
dei componenti della parete cellulare, viene attaccata da enzimi pectolitici
prodotti da batteri e funghi.
L’acido peptico è un polimero dell’acido galatturonico e può essere metilato in
pectina (si creano legami incrociati, più stabili). La demolizione delle pectine è la
causa dei marciumi molli.
- Quando il Pectobacterium carotovorum subsp. Carotovorum
entra nel tubero di patata, entra negli spazi intercellulari dove
secerne enzimi che degradano le pectine, causando uno
scollamento delle cellule (foto dx) le une dalle altre che è
causa principale del marciume.
- la Botrite, da Botrytis cinerea, è un marciume dove oltre agli enzimi pectolitici
entrano in gioco anche quelli necrotrofi. Appunti di Gianluca Visciotti
▪ Cellulasi: sono enzimi che degradano cellulosa e lignina, portano a carie che
possono minare la struttura e la stabilità delle piante, riducendone anche la
vita.
- Carie del legno su pioppo cipressino.
▪ Proteasi
• FITORMONI: sono gli ormoni prodotti dalle piante (auxine, citochinine, gibberelline, acido abscissico,
etilene, acido salicidico, acido jasmonico). Il bilancio ormonale orchestra il metabolismo della pianta.
Essi non sono prodotti solo dalle piante, ma anche da alcuni patogeni, come:
- Pseudomonas savastanoi pv. Savastanoi, è il batterio agente della
rogna dell’olivo, in grado di produrre auxine e citochinine. Le produce
da vie metaboliche diverse da quelle delle piante, si parte dal
triptofano per formare auxine (nelle piante), il batterio triptofano pure
ma usa una via diversa successivamente.
Il batterio è biotrofo, con le auxine ha sempre cellule giovani a
disposizione avendo così la possibilità di crescere a dismisura, c’è
Iperauxinia, vengono dirottate le sostanze nutritive verso il tumore.
- L’agente della maculatura batterica del peperone, Xanthomonas
axonopodis pv. vesicatoria, produce etilene sia in vivo che in vitro.
Vengono colpite le foglie basali, prematuramente clorotiche poi
ingiallite (senescenza prematura, rende l’ospite più vulnerabile).
L’etilene, porta alla maturazione del frutto, che si ammorbidisce in
quanto le membrane diventano più permeabili e vengono rilasciate
più sostanze negli spazi intercellulari (il batterio si trova lì in quanto
causa una malattia parenchimatica) che fungono da nutrimento del
batterio (è il suo vantaggio quindi produrre etilene).
- Ustilago maydis, un basidiomicete agente del carbone del granturco,
causa escrescenze (vescicole) al posto delle cariossidi dal quale
fuoriescono ammassi nerastri.
Questo agente è capace di produrre auxine, anche in vitro.
• POLISACCARIDI EXTRACELLULARI (riguarda solo i batteri fitopatogeni)
Sono fattori di virulenza che riguardano esclusivamente i batteri fitopatogeni.
Tutti i batteri all’esterno della cellula batterica producono una capsula in biofilm, fatta di
polisaccaridi, che serve come protezione per la disidratazione (batteri che vivono come epifiti
con l’ospite posso subire temperature alte e basse, siccità ed altri stress abiotici che possono
minare la loro vitalità).
Questi sono prodotti esternamente alla cellula e sono definiti esopolisaccaridi, tra questi ci sono:
- Il Levano, omo-polimero formato interamente dal fruttosio (monomero).
- L’Alginato, etero-polimero formato dalla polimerizzazione di acido Mammoronico ed acido
Glucuronico.
- Lo Xanthano, polisaccaride extracellulare, prodotto dalle xantomonadi (anche se non fitopatogeni),
formato dalla polimerizzazione di Glucosio, Mannosio ed acido Glucuronico, viene utilizzato
nell’industria alimentare come addensante per le maionesi.
- L’Amilovorano, costituito da Galattosio e acido Galatturonico. Appunti di Gianluca Visciotti
Ad esempio: da un substrato artificiale contenente saccarosio (disaccaride,
glucosio+fruttosio), i batteri riescono a sintetizzare il Levano in quanto sono
in grado di demolirlo, grazie alla Levano saccarasi, rompendo il legame F-G.
A questo punto il glucosio viene assunto come forma di alimento mentre il
fruttosio viene polimerizzato (con lo stesso enzima) in modo da creare
questo strato di biofilm (capsula) all’esterno della cellula batterica.
I batteri non hanno il vacuolo (o se lo hanno, in minor misura).
Gli EPS (Polisaccaridi Extra Cellulari), svolgono un ruolo chiave sia durante la fase epifitica che ipofitica
del batterio:
• Fase epifitica:
- Proteggono dalla disidratazione.
- Adsorbono sostanze minerali, fungono da magazzino nella capsula..
- Facilitano l’ancoramento, grazie alla sostanza mucillagginosa.
• Fase ipofitica:
- Prolungano l’idropicità, grazie al fatto che gli EPS hanno la capacità di assorbire anche acqua,
quindi si crea un gel idrato negli spazi intercellulari (macchie idropiche).
- Allungandola la pianta e il batterio entrano in un “rapporto trofico” lungo, quindi subisce
l’attacco in minor maniera (il batterio in questo caso è biotrofo)
- Impediscono il contatto con molecole tossiche, rendendo i batteri meno vulnerabile.
- Causano avvizzimento nelle batteriosi vascolari:
▪ Avvizzimento causato dal b