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→ COME SI FINANZIANO GLI ENTI LOCALI? TRAMITE LE ENTRATE PROPRIE.
Elementi costitutivi dell’imposta
Chi paga l’imposta = soggetto passivo
Ragione per cui si paga un’imposta = Presupposto
Traduzione quantitativa del presupposto = Base imponibile
1. Entrate Tributarie
Caratteristiche desiderabili delle imposte locali:
1. non dovrebbero distorcere l’allocazione delle risorse (=efficienza)
2. non dovrebbero produrre concorrenza fiscale né esportazione fiscale
3. non dovrebbero creare problemi di equità fiscale orizzontale e verticale (=dovrebbero essere
distribuite in maniera uniforme sul territorio)
4. dovrebbero essere facili da accertare ed amministrare
Le imposte locali che meglio rispondono a questa esigenza sono le imposte sugli immobili.
Imposte locali più utilizzate nel mondo
→ Benefit taxes = imposte applicate secondo il principio del beneficio; esse però creano problemi
nella definizione di questi benefici, nell’insufficienza di gettito e nella capacità di redistribuzione.
→ Imposte sul patrimonio immobiliare (terre e case): queste imposte sono uno dei principali metodi
di finanziamento in Italia ma sono molto utilizzate (quasi il 100% della capacità di finanziamento
degli enti locali) dai paesi anglosassoni.
Vantaggi: creare una certa stabilità e prevedibilità del gettito, sono collegate a pochi
problemi di evasione e la base imponibile è immobile;
Svantaggi: possibile esportazione dell’imposta e difficoltà di determinazione della base
imponibile.
→ Imposte personali sul reddito (di solito nella forme di addizionali): sono collegate al problema
della distribuzione della base imponibile sul territorio, i contribuenti si possono spostare ed è
possibile creare delle competizioni verticali tra livelli di governo diversi che basano le loro entrate
sulla stessa base imponibile. Sono imposte molto utilizzate nei paesi scandinavi.
→ Imposte sui profitti societari: sono poco utilizzate perché la base imponibile è molto mobile e la
stabilità del gettito è solo un’illusione.
→ Accise: imposte sui consumi; sono facili da amministrare, sono poco distorsive. In particolare, se
applicate a beni di consumo la cui domanda è particolarmente rigida, è possibile che creino dei
problemi di esternalità, i cross-border shopping. Il gettito proveniente dalle accise solitamente è
marginale e quindi non sufficiente a finanziare grandi spese.
→ Imposte generali sulle vendite: portano un gettito elevato ma si portano dietro gli stessi problemi
che hanno le imposte erariali, ovvero l’evasione fiscale.
2. I Trasferimenti
Generalmente rappresentano una quota elevata delle entrate a livello locale (in Italia circa il 50%). I
trasferimenti sono utilizzati per:
- redistribuire le risorse e colmare i problemi che derivano dalla non equità orizzontale (i
trasferimenti vanno di più a territori con minore base imponibile e di meno ai territori con maggiore
base imponibile);
- risolvere problemi di equità verticale, ovvero tra diversi livelli di governo
- internalizzare gli effetti di spill-over
- incentivare alcuni tipi di spesa pubblica a livello decentrato (sono trasferimenti con vincolo di
destinazione).
Caratteristiche di un buon sistema di trasferimenti:
1. non dovrebbero distorcere il sistema degli incentivi;
2. non dovrebbero penalizzare gli enti con più elevata capacità fiscale potenziale, inducendo
disincentivi a raccogliere gettito;
3. dovrebbero essere una fonte infra-marginale di finanziamento, in modo da non influenzare
le decisioni di spesa al margine;
4. non dovrebbero minare la disciplina fiscale ed incoraggiare la formazione di disavanzi a
livello locale;
5. dovrebbero essere trasparenti - in modo che ciascun ente locale possa prevedere le sue
entrate - e stabili, in modo che ciascun ente locale possa programmare i suoi flussi di spesa.
Trasferimenti perequativi
La redistribuzione su base territoriale si chiama perequazione:
verticale: lo stato raccoglie le risorse degli enti territoriali a livello centrale e le
redistribuisce agli enti (modello canadese)
orizzontale: gli enti locali più ricchi trasferiscono direttamente risorse a quelli più poveri,
senza passare dal governo centrale (modello tedesco)
3. Entrate extra-tributarie
Servono a finanziare i servizi con caratteristiche di divisibilità per cui c’è una domanda e in base a
questa domanda si paga l’utenza del consumo. Soddisfano il criterio del beneficio, perché si pagano
quando si fa una domanda e si ottiene un beneficio; costituiscono una componente di rilievo delle
entrate dei Comuni italiani. Il governo centrale, definisce il grado di copertura minimo necessario
per determinati servizi, e questo ha riflessi sull’utilizzo delle tariffe.
SLIDE: NO da pag.79 a pag.83, NO da pag.85 a pag.90.
Conclusioni della Teoria del Tax Assignment: non ci sono indicazioni univoche per definire
un’ottima struttura delle imposte a livello locale. La distribuzione delle funzioni di spesa e delle
fonti d’entrata di ciascun Paese non è solo il risultato di scelte secondo logica ma anche frutto della
tradizione storica e culturale di ciascun territorio.
Misurare l’autonomia
L’analisi empirica si chiede se esistano delle caratteristiche comuni per quanto riguarda il livello di
autonomia nei Paesi unitari e in quelli federali. La risposta è no, non esiste un modello di Paese
federale e nemmeno uno di Paese unitario, ci sono Paesi federali in cui è basso il grado di
autonomia delle autorità locali (es. Belgio) e ci sono Paesi unitari in cui il grado di autonomia è
particolarmente elevato (es. Paesi scandinavi). L’Italia è un Paese regionale, definibile come
autonomo quasi a livello federale per quanto riguarda la distribuzione delle competenze di spesa,
ma a livello di risorse tributarie, si raccoglie molto poco rispetto a quanto si spende.
Indicatori di autonomia dal lato delle entrate:
→ Entrate proprie degli enti decentrati in % delle entrate pubbliche totali
→ Entrate tributarie degli enti decentrati in % delle entrate tributarie totali
→ Indicatore di sbilancio tra entrate e uscite: Vertical Imbalance (in Italia è ≈ 50%).
Non esiste una definizione; tendenzialmente è misurato come quota dei trasferimenti sulle spese,
quindi l’indicatore ci dice qual è la quota percentuale di spesa che è finanziata dal trasferimento.
Alcuni mettono al numeratore le entrate proprie, e questo ci dice qual è la quota percentuale di
spesa che è finanziata da entrate proprie dell’ente. L’informazione che da il vertical imbalance è
sempre la stessa, bisogna solo capire com’è calcolato per riuscire a leggerlo.
Il sistema italiano di Federalismo fiscale
La prima legge comunale in Italia risale al 1915, poi riformata nel corso degli anni ‘30 ed è
aggregata al TUFL del 1931; in questo dispositivo vi era:
regole per gli equilibri di bilancio
tributi con “gettito adeguato”
assenza di livelli minimi
assenza di perequazione
Con la seconda guerra mondiale, in linea con l’effetto di concentrazione, l’autonomia degli enti
locali viene molto ridotta nel secondo dopo guerra fino ad arrivare agli anni ‘90.
1948
Nel titolo V della Costituzione viene delineato il rapporto con gli enti locali (regioni, province,
comuni); alle regioni viene attribuita funzione legislativa esclusiva su alcune materie elencate
all’art.117; nell’art.116 viene effettuata una distinzione tra le Regioni a Statuto Ordinario (RSO),
che sono 15, e le Regioni a Statuto Speciale (RSS), che sono 5, ed infine ci sono 2 province
autonome. L’attuazione della costituzione avviene in modo ritardato, perché le prime elezioni
regionali avvengono nel 1970 (22 anni dopo l’introduzione del titolo V).
le RSS dipendono la loro scelta da ragioni storiche o geografiche; l’impostazione di
finanziamento e attribuzione delle funzioni prevede un’assegnazione dei fondi
(principalmente basati su compartecipazioni ai tributi erariali ma con legame al territorio in
cui vengono prodotti) ed un aggiustamento progressivo e graduale delle competenze in base
alle risorse presenti sul territorio.
alle RSO vengono assegnate prima le funzioni e poi mano a mano vengono attribuite le
risorse per svolgere queste funzioni.
Le RSO sono finanziate a poco meno del 40% da entrate proprie e la compartecipazione a tributi
erariali ripartite secondo il fabbisogno è meno del 40%. Le RSS sono finanziate a meno del 20% da
entrate proprie e la compartecipazione a tributi statali prodotti o riscossi sul territorio vale a oltre il
50% della quota di finanziamento. Questo porta a mettere a disposizione pro-capire per un abitante
di una RSS circa 4000€, mentre per una RSO le risorse a disposizione sono circa la metà.
Anni ‘70:
- 1971: avviene la riforma tributaria (vengono inserite prima l’IVA e poi l’IRPEF), vengono aboliti
tutti i tributi locali e si passa al finanziamento diretto (dal 1978).
- 1978: approvazione del SSN e le competenze vengono assegnate alle Regioni. Sono anche gli anni
del “massimo vertical imbalance”, ovvero gli anni in cui la quota di spese locali e regionali
finanziate da trasferimenti tocca il livello massimo, superiore all’80%.
Anni ’80: boom della spesa pubblica, a livello nazionale e regionale
Anni ‘90: l’Italia arriva agli anni ‘90 con un rapporto debito pubblico/PIL del 120%; dal punto di
vista politico si delinea una bassa sopportazione per un governo centrale che spendeva troppo
(questa era la percezione, confermata dalle cronache politiche di quegli anni, ad esempio
Tangentopoli). In questi anni, alcuni partiti del nord Italia iniziano a parlare di federalismo; in pochi
anni tutti i partiti ne parlano.
1990: legge 142/90 → legge che riforma l’ordinamento degli enti locali.
1993: legge 81/1993 → elezione diretta dei sindaci, in comuni di qualsiasi grandezza. La
legge prevedeva anche che il sindaco sarebbe rimasto in carica 4 anni e non 5.
In più il Sindaco è colpito dal vincolo di secondo mandato (il sindaco non può essere eletto
per più di due mandati consecutivi, e se vuole essere rieletto una terza volta deve passare
almeno un’amministrazione).
Gli anni ‘90 sono anche gli anni di progressivo passaggio dal finanziamento diretto degli enti locali
(quindi trasferimenti erariali dallo stato alle regioni/province/comuni) a forme di entrata più
autonome (addizionali e tributi propri derivati).
1993: Nel 1992 nella legge finanziaria di Giuliano Amato, viene introdotta un’imposta
straordinaria sugli immobili (ISI), poi diventata ordinaria nel 1993 diventando l&rsqu