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Materiali e scritture nel Medioevo

Noi ci confrontiamo quindi con codici scritti a mano, i materiali con cui abbiamo a che fare sono la pergamena (manoscritti membranacei) o carta (si sviluppa dal XIII secolo), la cui introduzione è importante perché più economica e permette un maggiore utilizzo e maggiore produzione di codici. Le carte e i fogli che compongono questi codici vengono quindi rilegati con criteri di varia natura e si strutturano a quel punto i codici (ci sono i fascicoli). La tradizione di un testo è l’insieme dei testimoni che contengono quel testo.

Il codice medievale

Manoscritto: calamo (cannuccia vegetale) o una penna di volatile; su pergamena (pelle trattata opportunamente) o su carta (in Europa a partire dal XIII secolo). I fogli (o carte) potevano essere volanti o rilegati in veri e propri libri manoscritti detti anche codici. Tradizione di un testo: l’insieme dei testimoni (manoscritti o codici) che contengono quel testo.

Tipi di scrittura nel Medioevo

I tipi di scrittura con cui ci si confronta nel Medioevo sono diversi. Anche nel mondo romanzo, dal V secolo in poi, in funzione delle aree geografiche di pertinenza si sviluppano delle tipologie con caratteri propri:

  • Merovingica (in Francia)
  • Visigotica (in Spagna)
  • Beneventana (in Italia meridionale)
  • Minuscola carolina: momento di profondo cambiamento culturale, momento di svolta che si ha con Carlo Magno e con la rinascita carolingia che ha il merito di introdurre una nuova tipologia scrittoria. Viene introdotta tra il IX e il X secolo, tanto che i primi testi romanzi in area francese come i Giuramenti di Strasburgo sono scritti proprio in minuscola carolina.

La novità della rinascenza carolingia e della minuscola carolina è che si vuole cercare di ricreare un orizzonte scrittorio universale, di risolvere quella frammentazione che grazie alla minuscola carolina si cerca di superare. La minuscola carolina inoltre separa meglio le parole, anche le stesse lettere con i vari tratti sono più chiari, quindi essenzialmente si crea una scrittura che cerca di essere più chiara e meno soggetta a errori e fraintendimenti. A partire dal X secolo quindi abbiamo a che fare con testi scritti in minuscola carolina.

  • Dal XIII secolo inoltrato in poi invece abbiamo a che fare con la scrittura gotica, una lettera testuale che si rifà un po’ al codice latino, anche questa molto chiara. Nel caso italiano si tratta di littera rotunda, con una gotica più arrotondata, mentre in Francia è meno chiara e più allungata.
  • In Italia abbiamo anche la cancelleresca, più corsiva, che ha a che fare con testi romanzi soprattutto di tradizione mercantesca.

Il Quattrocento vede l’introduzione di una nuova forma scrittoria ancora più semplice perché facile da comprendere, ovvero la scrittura umanistica, la quale fa un passo indietro (salta il gotico) e cerca di tornare alla minuscola carolina rendendola ancora più chiara. Di fatto il carattere a stampa viene ideato sulla base della scrittura umanistica quindi è quella a cui siamo più abituati.

Caratteristiche della scrittura medievale

Carattere della scrittura medievale: c’è poca interpunzione, c’è poca distinzione tra “v” e “u”. Nonostante già la carolina introduca la separazione tra le parole, si tratta comunque di qualcosa poco chiaro, quindi c’è comunque la necessità di sciogliere le parole e separarle da parte del filologo.

Così ci occupiamo soprattutto di testi manoscritti, ma non bisogna sottovalutare l’importanza della stampa, dato che per certe opere che magari hanno anche una tradizione a stampa è anche importante sondare questa tradizione a stampa (introdotta nella seconda metà del XV secolo) e se prima la trascrizione delle copie avveniva a mano e questo comportava l’intromissione di una serie di errori, la stampa garantisce una certa omogeneità nonostante anche i suoi problemi.

Situazioni di un editore critico

All’editore critico possono presentarsi tre situazioni:

  • Esiste l’originale autografo in testimonianza unica o assieme ad altri manoscritti che lo hanno copiato; si tratta di testi originali scritti dal pugno dell’autore. Si parla di idiografo quando ci si riferisce a un testo scritto da un copista che ha la stessa autorevolezza dell’autore. Dal 1500 alla fine del 500 parliamo di cinquecentine (stampa prodotta nel ‘500). L’editore fornirà un’edizione interpretativa in cui si inseriranno i segni di interpunzione, la separazione delle parole, le maiuscole ecc.
  • L'opera è tramandata da un’unica testimonianza, copia (più o meno diretta) dell’originale (es. testi che hanno avuto poca diffusione e ci sono arrivati in modo fortuito). Dopo la trascrizione interpretativa, è possibile che ci siano degli errori dei copisti: nel senso generale, nella misura del verso, in una rima o altro → Il testo andrà allora corretto (emendazione). Se non è possibile compiere la correzione, occorre segnalare il guasto (es. lacuna).
  • L'opera è trasmessa da due o più testimoni che sono copie dell'originale (Chanson de Roland, Commedia di Dante): es. gran parte della lirica trobadorica e delle opere del Medioevo romanzo. Tra un testimone e l’altro ci sono spesso differenze più o meno vistose (varianti) → Occorre decidere quale testimonianza sia da preferire. Per valutare l'affidabilità dei singoli testimoni si possono confrontare e classificare in base agli errori comuni (collatio, recensio) → La prassi adottata è detta metodo di Lachmann. Bisogna tenere conto del fatto che più copie esistono, più errori ci saranno.

Fare un’edizione critica, riassumendo, significa fornire un testo che sia il più vicino possibile all’ultima volontà dell’autore e che sia leggibile da un pubblico moderno.

Origini romanze

Il tema delle origini è centrale nella disciplina filologica. Costituiscono una corrente privilegiata perché di fatto è una disciplina che si occupa delle fasi di formazione delle lingue romanze dal punto di vista linguistico e sociolinguistico e anche delle letterature, cioè delle vere e proprie tradizioni letterarie che vengono create da lingua a lingua. La tradizione si crea proprio a partire dalle forme letterarie scritte non più in latino ma in una lingua romanza.

Dal latino alle lingue romanze

Come si passa dal latino alle lingue romanze? Il processo che porta il latino a diventare romanzo è lungo, caratterizzato da momenti di rallentamento, maggiore accelerazione, ma che comunque è un processo che avviene naturalmente a causa di fenomeni interni, ma con cambiamenti culturali che possono spiegare questo cambiamento.

La fine del V secolo rappresenta un momento cruciale: cade l’Impero Romano d’Occidente (476 d.C) e successivamente inizia il Medioevo. La caduta dell’Impero segna un cambiamento fondamentale nel processo di disgregazione linguistica, perché il latino continua ad essere una lingua scritta fino all’VIII secolo (soprattutto nel contesto amministrativo e religioso, in parte letterario, una produzione meno importante rispetto a prima), ma allo stesso tempo il romanzo che sicuramente si sta formando stenta ad apparire allo scritto perché le prime prove che abbiamo in questo periodo sono prove latine.

Nel IX secolo, soprattutto nel contesto galloromanzo francese (con la riforma carolingia) abbiamo la distinzione linguistica tra latino e ciò che si parlava che si capisce non essere più latino ma ormai romanzo. In questo quadro lo abbiamo per certo nell’813 durante il Concilio di Tours: si dice che qui i vescovi abbiano chiesto ai prelati di pronunciare l’Omelia in rustica romana lingua (in galloromanzo o in tedesco), perché la gente il latino non lo capiva più, quindi se si poteva ancora leggere il vangelo in latino l’Omelia doveva essere annunciata in una lingua comprensibile al popolo. Parliamo sia di francese sia di tedesco perché il Sacro Romano Impero si allargava sia in area francese che in area germanica. Ormai era stato notato che la gente non comprendeva più il latino e si parlava già di lingue romanze. In Francia si parlavano già i vari dialetti.

La coscienza del cambiamento linguistico ovviamente avviene dopo che la lingua già si fosse sviluppata; chissà da quanto tempo prima dell’813 si parlava la lingua romanza. Nell’814 nasce ufficialmente la coscienza che esistesse una lingua diversa dal latino parlata dal popolo: il romanzo. Le lingue romanze risalgono al IX secolo. Il primo documento che attesta l’esistenza di una lingua romanza sono i Giuramenti di Strasburgo, scritti in una koiné antico francese, inseriti in una cronaca in cui si racconta di un giuramento tra Carlo il calvo e Ludovico il germanico che rinnovano l’alleanza con Lotario (i figli di Carlo Magno che alla sua morte si dividono il Sacro Romano Impero). In questo giuramento pronunciano le forme del giuramento ognuno nella lingua dell’altro: Carlo il calvo in antico tedesco, Ludovico il germanico in antico francese per farsi capire dagli altri eserciti e dare maggiore forza al giuramento pronunciato. C’è anche la doppia forma di giuramento che gli eserciti pronunciano ognuno nella propria lingua. Vengono quindi registrate queste forme antiche, e quelle di antico francese sono le prime forme di romanzo scritto che abbiamo. Siamo nell’842 d.C.

Alla fine del IX secolo abbiamo invece la sequenza di Sant’Ilario, un testo che si può definire “paraletterario”, con una voglia di non creare solo un testo di lingua ma anche una forma di letteratura. Prima della consapevolezza linguistica già la lingua si parlava ma la consapevolezza emerge solo nel IX secolo. Perché?

Le riforme promosse da Carlo Magno hanno dato luogo alla cosiddetta rinascenza carolingia, durante la quale Carlo Magno si fa promotore del Sacro Romano Impero volendo ricreare l’impero romano nel suo impero. Viene legittimato dalla chiesa e incoronato dal papa, e in questo processo è importante anche un rinnovamento sul piano linguistico. Le riforme vengono promosse a livello scolastico, insieme a tutto un gruppo di intellettuali, e nel processo di promozione scolastica vengono riprese una serie di codici antichi spesso religiosi (Bibbie, scritti dei padri della chiesa, ma anche autori classici) che vengono trascritti. In questo processo viene riproposta la pronuncia classica del latino, quindi ci si rende conto che ciò che si parlava in quel momento in realtà non era vero e proprio latino ma si era modificato nel tempo. Emerge quindi un contrasto tra latino e lingua parlata e nasce la consapevolezza della differenza tra latino e lingue parlate.

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Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/09 Filologia e linguistica romanza

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