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Probabile disfunzione 1° e 2° MN in 2 distretti
Possibile disfunzione 1° MN + 2° MN in un distretto (arto superiore, arto inferiore, tronco o faccia-faringe); oppure disfunzione 1° MN in 2 o 3 distretti.
Probabile supportata da esami di laboratorio basata su criteri clinici analoghi a quelli della SLA clinicamente possibile, ma con la presenza di segni elettromiografici di coinvolgimento del secondo motoneurone in almeno 2 estremità. Almeno nelle fasi iniziali quando ho un paziente con un coinvolgimento non importante/marcato, senza un chiaro coinvolgimento di più distretti, quindi con segni e sintomi non molto precisi, mi trovo spesso ad avere a che fare con una possibile problematica di diagnosi differenziale.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE questi sono tutti aspetti da tenere in conto. Avere una malattia che a volte determina un quadro non subito molto chiaro è quello che porta molto spesso ad avere un ritardo diagnostico. Il ritardo
il biomarker per essere considerato attendibile? Deve essere facilmente identificabile prima dei sintomi clinici, deve essere correlato all'interessamento cognitivo, deve aiutare a distinguere tra i diversi fenotipi della SLA, deve permettere di individuare le forme più aggressive e deve fornire informazioni sulla possibile evoluzione verso una forma bulbare.Un biomarker per la SLA potrebbe includere:
- Alte concentrazioni di ferritina e basse concentrazioni di transferrina
- Aumento di CPK
- La durata dei sintomi della SLA correla positivamente con una proteina che attrae i monociti (MCP-d) e negativamente con un fattore stimolante i granulociti macrofagi (GM-CSF).
- Gli anticorpi anti-gangliosidi possono essere utili come biomarkers umorali, anche se non sono fondamentali per la diagnosi di per sé, ma per la correlazione con l'evoluzione della malattia.
I biomarkers neurofisiologici includono l'elettromiografia, che si divide in due esami:
- L'elettromiografia vera e propria, che utilizza un ago-elettrodo per valutare il funzionamento del muscolo e altri parametri.
- Attraverso questo esame è possibile indirettamente valutare anche il funzionamento del nervo o del secondo.
MN.L'elettroneurografia è il secondo esame: serve per valutare la velocità di conduzione di un nervo attraverso l'uso di anellini sul dito e l'uso di uno stimolatore che stimola il nervo periferico del gomito. Si dà una piccola scarica elettrica e si vede quanto tempo impiega per arrivare dal gomito al dito, ovvero si valuta la velocità di conduzione. Serve quindi per vedere come funziona il nervo periferico. È un esame valido sia per nervi che trasferiscono impulsi motori sia per nervi che trasferiscono impulsi sensitivi.
Quando faccio un'elettromiografia per la SLA vado soprattutto a vedere se ci sono i potenziali di fascicolazione o ipotenziali di fibrillazione. Si inserisce l'ago e, senza far muovere nulla al soggetto, si va a vedere se il muscolo scarica in maniera autonoma senza che sia mosso: valuto così i potenziali di fascicolazione. Invece, se non vedo il potenziale del muscolo che scarica da solo,
posso comunque vedere dei piccoli potenziali di fibrillazione quando inserisco l'ago (anche in questo caso senza che il paziente muova qualcosa), che sono indicativi di un danno neuronale cronico.
Dopo di che quando faccio l'elettromiografia dico al soggetto, dopo aver inserito l'ago, di tirare su il dito: verranno fuori quindi dei potenziali di attività motoria (sono le fibre che si attivano). Questo è importante perché, in un soggetto normale, questi potenziali vengono fuori in maniera normale; quando invece c'è la SLA questi potenziali hanno una grande ampiezza e sono molto larghi: hanno quindi una conformazione diversa rispetto al normale che mi indica che c'è una sofferenza del muscolo.
Poi dico al mio soggetto di tirare su il dito al massimo dello sforzo: siccome i MN sono pochi (perché muoiono nella SLA) questo muscolo non riesce a contrarsi in maniera completa. Allora in un soggetto normale si ha un
potenzialedietro l'altro e quindi non vedo nulla, non distinguo i potenziali come in figura A, si ha un artefatto continuo; nella SLAanche se faccio un grandissimo sforzo, questi potenziali rimangono distinguibili dalla figura B alla C. BIOMARKERS NEUROIMAGING: Nei soggetti con SLA ho un'iperintensità del tratto corticospinale dal df al hf% dei soggetti; non è quindi un biomarker molto affidabile, però in una buona percentuale dei casi possono avere questa iperintensità. Avrò una sensibilità minore del Kk% e una specificità minore del hk%.- Posso vedere anche un quadro di atrofia cerebrale in VBM (misura lo spessore della grigia): una franca atrofia cerebrale è raramente riscontrata nella SLA, mentre è più tipica nella Sclerosi laterale primaria; per tale motivo, non viene usato come biomarker neuroradiologico della SLA.
- Le tecniche con DTI (valuta la bianca) hanno evidenziato una ridotta FA (misura...
- Consiste in una tecnica speciale di Risonanza Magnetica ed analisi informatica di immagini
- Posso vedere, ad esempio, se è presente una ridotta FA nel tratto corticospinale.
Tutti questi studi non hanno portato a definire dei sicuri biomarker di neuroimaging in questi pazienti.
Quello che posso dire però è che i biomarkers di neuroimaging in stadio presintomatico si possono notare soprattutto in paziente con SLA con una mutazione del gene SODZ; in più con la DTI sono stati visti dei casi dove ci sono stati dei cambiamenti strutturali nel braccio posteriore della capsula interna, non riscontrati in soggetti sani.
E allora? Mi cambia qualcosa in termini prognostici, di terapia?
Risposta: no, i biomarkers di neuroimaging nella SLA sono deludenti.
DOPO LA DIAGNOSI: come seguo il paziente nel tempo?
- Posso per esempio fare una seconda elettromiografia per avere una conferma diagnostica
- Spirometria per valutare l'efficienza della
muscolatura respiratoria (essendo una causa di morte in questa malattia).
- Un'emogasanalisi per valutare la funzione respiratoria
- Un'ossimetria per valutare la funzione respiratoria
- Una polisonnografia per valutare la funzione respiratoria durante il sonno
- Esami del sangue per controllare l'andamento delle terapie
- Fare una valutazione nutrizionistica per controllare il peso corporeo
- Visita otorinolaringoiatrica per valutare sia l'aspetto fonatorio che la funzione deglutitoria
TERAPIA DELLA SLA
Ci sono diversi possibili interventi da tenere in considerazione:
- Comunicazione della diagnosi
- Approccio clinico multidisciplinare
- Trattamenti "neuroprotettivi"
- Trattamenti sintomatici
- Consulenza genetica per valutare se c'è una componente genetica soprattutto nelle forme familiari
- Trattamenti respiratori
- Trattamenti nutrizionali
- Comunicazione alternativa
Intervento psicologico
Interventi sulla famiglia (psicologici)
Terapie palliative e di fine vita
TRATTAMENTO SPECIFICO DELLA MALATTIA
Farmaco RILUZOLO
È un antagonista del glutammato: impedisce il rilascio di glutammato e blocca i recettori post-sinaptici. È in grado di prolungare di ]-s mesi la sopravvivenza.
I pazienti trattati con questo farmaco rimangono negli stadi di malattia più a lungo rispetto ai controlli: riesce quindi a ritardare il ricorso ad interventi di sostegno alla sopravvivenza come la tracheotomia e la ventilazione meccanica. È il solo farmaco approvato dalla Food and Drug Administration per il trattamento della SLA.
FORME FAMILIARI. Per le forme genetiche familiari ci sono delle terapie geniche che sono rivolte al silenziamento del gene patologico
TERAPIA SINTOMATICA. Abbiamo grossi problemi come le secrezioni bronchiali, la scialorrea, la spasticità e i dolori, i crampi, depressione e ansia. C’è da dire
Che l'utilizzo di alcuni farmaci riesce a coprire più di un aspetto.
- Con gli Antidepressivi triciclici si va ad agire sia sull'aspetto depressivo che sulla scialorrea perché creano una secchezza delle fauci e aumentano il tono dell'umore.
- Con la Carbamazepina si agisce sia sulle fascicolazioni che sui crampi.
- Il Baclofen contro la spasticità.
- Il Gabapentin e Pregabalin contro il dolore neuropatico.
- La Gastrostomia percutanea endoscopica (PEG) per assicurare l'alimentazione al mio paziente. Viene messo un sondino che riesce a superare la barriera a livello faringeo.
- La ventilazione non invasiva.
- La tracheotomia.
LE PROSPETTIVE TERAPEUTICHE.
- Farmaci neurotrofici e gliotrofici.
- Farmaci inibitori dell'apoptosi.
- Farmaci protettori nei confronti dello stress ossidativo, perché quest'ultimo facilita il problema.
- Terapia con cellule staminali.
APPROCCIO CLINICO
tima tra diverse discipline o settori di conoscenza. Questo approccio permette di affrontare un problema o una sfida da diverse prospettive, integrando le competenze e le conoscenze di diverse discipline. La multidisciplinarietà è particolarmente importante in ambiti complessi e interdisciplinari, come la ricerca scientifica, la progettazione di prodotti o servizi innovativi, la gestione di progetti complessi o la risoluzione di problemi complessi. Attraverso la multidisciplinarietà, è possibile ottenere risultati migliori e più completi, grazie alla combinazione di diverse competenze e punti di vista. Questo approccio favorisce l'innovazione, la creatività e la capacità di trovare soluzioni originali e efficaci. La multidisciplinarietà richiede una buona comunicazione e collaborazione tra i diversi esperti coinvolti, nonché una mente aperta e la capacità di integrare diverse prospettive. È un approccio che richiede flessibilità e adattabilità, ma che può portare a risultati significativi e innovativi. In conclusione, la multidisciplinarietà è un approccio fondamentale per affrontare le sfide complesse e interdisciplinari della società moderna. Attraverso la collaborazione tra diverse discipline, è possibile ottenere risultati migliori e più completi, favorendo l'innovazione e la capacità di trovare soluzioni efficaci.