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L
allungamento della barra, calcolato come differenza tra la lunghezza variata e
quella originaria. Si noti che la lunghezza del provino, che è opportunamente
sagomato, sarà misurata sempre lungo un tratto marcato che eviti la zona
perturbata dall'applicazione del carico. Così, ad opportuna distanza dagli estremi,
la forza si sarà distribuita uniformemente sulla generica sezione generando
tensioni costanti σ , (con direzione ortogonale alla sezione sulla quale si
considerano agenti), il cui valore si calcola con il rapporto F/A. Ora, nel nostro
esperimento, le coppie associate (F;L) forniranno altrettanti punti del diagramma
rappresentato in figura 1,a, ottenuto riportando sull'asse orizzontale (asse delle
L
ascisse) i valori e sull'asse verticale (asse delle ordinate) i corrispondenti
valori di F. Il diagramma é indicativo del comportamento di un provino in acciaio
dolce. Lo esaminiamo seguendo il tracciato 0, p, e, b, Rottura).
A partire dall'origine degli assi (punto 0, corrispondente a valori nulli sia della
L,
forza F che dell'allungamento e quindi nella condizione iniziale della prova),
si percorre un primo tratto 0-p lineare che, più o meno esteso, è comune a tutti i
materiali: questo tratto é un segmento di retta; (sussiste, cioè, una proporzionalità
L
diretta tra F e ). Ne consegue, per esempio, che al raddoppiarsi del valore
della forza corrisponde un valore doppio dell'allungamento, o anche che l’effetto
di una forza dipende solo dal suo valore e non è condizionato dalla eventuale
presenza di altre forze. Ciò comporta grossi vantaggi, perché
l’effetto globale di un assegnato insieme di forze si può calcolare sommando
gli effetti conseguenti all’azione di ciascuna di esse (principio di sovrapposizione
degli effetti).
L’aggettivo lineare si giustifica con la linearità del legame F,L nel tratto 0-
p, Il tratto iniziale del diagramma non descrive solo una linea generica, ma una
linea retta.
Questo comportamento fu sperimentato già intorno al 1660 dal fisico inglese
Robert Hooke, che misurava i risultati di prove a trazione alle quali sottoponeva
2
molle di orologi, e che lo trascrisse con l'aforisma sic tensio ut vis, tale
l'allungamento, (tensio), quale la forza, (vis).
Trasferendo ora questa proprietà comportamentale dal provino al materiale che
gli dà corpo, si dice che anche quest’ultimo segue la legge di Hooke.
A questa correlazione lineare si associa, in genere, un'altra proprietà
fondamentale: quella che comporta l'azzerarsi dell'allungamento al cessare
dell'azione della forza che lo ha provocato. Questo comportamento é tipico di un
materiale che si dice elastico ad elasticità lineare; (anche questo era stato rilevato
da Hooke).
L'elasticità é la proprietà connessa alla capacità del materiale di restituirsi, al
ritirarsi delle forze, alla condizione iniziale, indeformata, senza conservare alcun
segno della trasformazione cui le forze lo avevano costretto. Possiamo provarla,
nel nostro esperimento, riducendo progressivamente il valore F fino allo zero: il
tracciato del percorso di ritorno nel nostro diagramma ricalcherà esattamente, ma
in senso contrario, quello di andata. La trasformazione, quindi, è reversibile.
La pendenza della traiettoria é correlata alla resistenza che il provino oppone
alla deformazione: si veda per esempio, nella fig. 1,c , che su rette più inclinate
sull’orizzontale cioè in salita più ripida, a pari incrementi di F corrispondono
L.
minori incrementi di
Prova quindi di una rigidezza decrescente (e quindi di una deformabilità
crescente), con l’appiattirsi della curva al crescere del carico.
Parliamo di rigidezza del provino e potremmo anche far riferimento alla
rigidezza del materiale, ma attenti a distinguere tra queste proprietà. Possiamo
chiamare rigidezza sia quella del provino che quella del materiale, perché
entrambi mostrano quale caratteristica comportamentale questa, di non voler
lasciarsi deformare . Per il provino, questa risposta ai carichi dipende dalla
capacità del materiale di resistere alla deformazione, ma dipende anche dalle
sue dimensioni, come è intuitivo, nel senso che, esso è tanto più rigido quanto più
è tozzo. Pur essendo gli effetti qualitativamente gli stessi, la differenza, come
vedremo tra poco, sta nella misura delle due grandezze. 3
Il tratto lineare termina in p, dove l’allungamento del provino attinge il valore
L (allungamento al limite di proporzionalità).
p
Proseguendo nell'esame del diagramma, a partire da p, l’andamento rettilineo
muta in un tracciato curvilineo, con un progressivo attenuarsi della pendenza
L,
della curva in salita. E’ cessato il regime di proporzionalità tra F e ma, fino al
punto e, siamo ancora in regime elastico: se infatti operiamo ancora un ritorno,
partendo da e, vediamo il punto rappresentativo percorrere esattamente in senso
contrario il percorso dell’andata, (ora in parte curvilineo), fino a ricadere
nell’origine degli assi. Siamo quindi in regime di elasticità non lineare, che
L
termina in e, dove l’allungamento ha raggiunto il valore (allungamento al
e
limite elastico). L L
La differenza - tra i due limiti, nei materiali reali, è assai piccola,
e p
tanto che i due limiti spesso si confondono.
Dopo il limite di elasticità, inizia il regime elasto-plastico, caratterizzato da
deformazioni permanenti, cioè irreversibili, dette anche plastiche. La caduta di
rigidezza del provino é molto evidente per alcuni materiali: per gli acciai si
definisce snervamento questo fenomeno, assai marcato negli acciai dolci,
caratterizzato alla fine da una completa perdita di rigidezza, con continuo
aumento dell’allungamento sotto uno sforzo che resta praticamente costante. Al
ritorno, la deformazione non é più tutta restituita, e infatti riducendo
progressivamente il valore di F, a partire da un qualsiasi punto di questo tratto, (ad
es. da b), fino a zero, il provino conserva, alla fine del percorso, come si vede nel
diagramma, una deformazione permanente o
L
residua . Questo percorso di ritorno da un punto qualsiasi del tratto
b
elasto-plastico, segue un andamento con tratto parallelo a quello elastico lineare
.
dell'avvio, cioè con inclinazione
Vediamo che la fase elasto-plastica si sviluppa con un tracciato sempre più
appiattito, tendente ad un asintoto orizzontale, che indica rigidezza nulla.
Plasticità (o, anche, duttilità), si chiama questa proprietà del materiale di
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adattarsi alla deformazione, al limite senza più reagire. La deformazione dovuta
a tale adattarsi è irreversibile.
L’allungamento cresce fino alla rottura del provino, rottura che interviene in
una sezione, preceduta da una ben visibile strizione. I valori raggiunti da F e da
L in quest’ultima fase si indicano, rispettivamente, con F ( carico di rottura o
u
L
ultimo) e (allungamento di rottura o al limite ultimo di deformazione.)
u
L L
Il rapporto / tra l'allungamento ultimo al quale é stato portato il
u e
provino alle soglie della rottura, e quello al limite di elasticità, può essere assunto
quale misura della duttilità del provino; valore che, come vedremo, e ben a
ragione, si desidera sia alto negli elementi strutturali, specie quelli chiamati a
superare prove impegnative sotto carichi superiori a quelli che ne segnano la fine
della fase elastica.
Un comportamento fragile rivela, di contro, un’assai ridotta capacità di
L
adattamento plastico: l'allungamento é praticamente uguale a quello al limite
u
di proporzionalità: manca una fase plastica, la duttilità é nulla, e la rottura insorge
improvvisa (fig. 1,b), senza essere preannunziata da sintomi di crisi e quindi
ancora più insidiosa. La fragilità è caratteristica temibile nelle applicazioni, al
contrario della ricercata plasticità; che consente al materiale di subire sforzi
superiori ai propri limiti elastici, distendendosi e adattandosi alle grosse
deformazioni senza fratturarsi.
Anche la caratteristica comportamentale di non voler lasciarsi deformare, cioè
la capacità del provino di resistere alla deformazione, proprietà che abbiamo
chiamato rigidezza, può essere quantificata; abbiamo visto in diagramma che
che
essa appare correlata alla inclinazione del diagramma, cioè all’angolo la
tangente geometrica alla curva della deformazione forma con l'asse delle ascisse.
Nel tratto iniziale, lineare, del diagramma,(fig. 1, a), la pendenza resta
bastaper
costante, come si vede, ed un solo valore dell’angolo definirne la
rigidezza. L’angolo può calcolarsi nel punto estremo del tratto, con il rapporto
tra i due cateti del triangolorettangolo 0-p-F che ne fornisce la tangente
5
L L
trigonometrica: tgpF/0F = F / . O anche con il rapporto F / tra due
p p
valori associati in un punto qualsiasi del tratto lineare 0-p
Appena superato il punto p del diagramma, come si è visto, la retta si incurva e
che
l’angolo ora va misurato punto per punto come inclinazione della retta
tangente alla curvava progressivamente decrescendo, e con esso la rigidezza del
provino.
La Scienza delle Costruzioni dimostra che, per il tratto lineare, la relazione tra
L
F e può scriversi F=KxL (a)
e fornisce per K il valore K=ExA/L
Il valore di K si assume quale misura della rigidezza del provino, con E=
modulo di Young o modulo di elasticità normale. E’ facile verificare che, nel tratto
lineare, è proprio K= tg
Come si vede, alla rigidezza del provino contribuiscono, oltre che il modulo E,
(che misura la rigidezza del materiale), anche le caratteristiche geometriche A ed L.
Se si riuscisse, applicando una forza F*, ad allungare il provino, in fase
L=L
elastica, fino a raddoppiare la sua lunghezza originaria, avendosi così ,
F*.
risulterebbe Quindi K si può definire come la forza che, in regime di
elasticità lineare, sarebbe in grado, di far raddoppiare la lunghezza del provino.
(Questa definizione, cor-
retta per quanto attiene
l’entità del risultato,
avrebbe però un senso
solo nel caso di un pro-
vino di caucciù, perché
per gli altri materiali la
prova sarebbe impossibi-
le, raggiunge