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LAUDIO CIMECA ICCARDO CIMECA
Capitolo 1.
Una possibile definizione di marketing è: “gestione proficua dei processi responsabili dell’identificazione,
anticipazione e soddisfazione dei requisiti richiesti dal consumatore” (Chartered Institute of Marketing).
Affinché il marketing esista è necessario che vi siano due parti capaci di comunicare con bisogni da soddisfare
(viaggiatori e compagnie aeree), ognuna delle quali ha qualcosa che può essere di valore per l’altra; inoltre
ognuna ha la possibilità di rifiutare l’offerta dell’altra. Le attività di marketing possono dividersi in una prima
fase di sviluppo delle conoscenze analitiche per capire il mercato e in una seconda di marketing management in cui
si prendono le decisioni strategiche.
A seconda dell’ambiente del mercato, si presentano situazioni differenti:
Production – oriented firms: comuni nell’era della produzione di massa
(la domanda eccede l’offerta) e in presenza di bassa competizione e
bisogni omogenei. I consumatori scelgono in base al prezzo e le
imprese puntano all’efficienza produttiva.
Sales – oriented firms: comuni in un ambiente in cui l’efficienza
produttiva genera una sovraofferta; in questo contesto gli obiettivi
principali sono quelli di accrescere le vendite.
Market – oriented firms: nel contesto odierno è la situazione più comune, e l’offerta supera la domanda
eterogenea. In questo ambiente l’obiettivo principale è la customer satisfaction e il marketing svolge un
ruolo cruciale a livello sia strategico che
operativo.
Distinguiamo un ambiente in cui il mercato
guida il marketing, nel quale i bisogni espressi
dallo stesso attivano il processo di marketing e
di innovazione, da un altro in cui è invece il
marketing a guidare il mercato; in questo caso
sono le imprese, tramite una intensa attività di
ricerca e sviluppo, che guidano il mercato
creando nuovi prodotti, canali di distribuzione,
etc. Per quanto detto fin ora, risulta intuitivo
che non esiste una formula perfetta per definire
le strategie di marketing, ma possiamo dire che
it all depends.
Parliamo adesso dell’evoluzione odierna del marketing, esponendo le tendenze che ad oggi sono più in voga.
Nell’approccio tradizionale il marketing pone la sua attenzione sulla singola transazione. Il marketing
relazionale cerca invece di massimizzare il valore totale di tutte le transazioni nel lungo periodo, instaurando
rapporti duraturi con tutti gli attori coinvolti nell’attività d’impresa. Tale approccio è stato inizialmente
applicato nel caso di aziende di servizi, a causa delle 4I che caratterizzano il settore: intangibilità,
inconsistenza, inseparabilità e inventory. Il marketing relazionale si fonda sul concetto che mantenere delle
relazioni con clienti e fornitori è meno costoso che crearne delle nuove, e dunque la loyalty assume un ruolo
fondamentale.
Il socially responsible marketing è una filosofia di marketing che asserisce che una impresa dovrebbe prendere
in considerazione ciò che è nel migliore interesse della società nel breve e lungo termine. Ciò significa che i
marketers dovrebbero considerare volontariamente gli interessi della comunità nelle loro decisioni, seppur
mirate all’ottenimento del profitto. In poche parole, i manager dovrebbero agire con coscienza etica. Un
esempio potrebbe essere il green marketing, in cui si sviluppano prodotti/servizi sostenibili e/o con basso
impatto ambientale. Spesso questo approccio viene confuso con il social marketing: con questo s’intende
l’applicazione di tecniche commerciali per l’analisi e pianificazione di programmi pensati per influenzare il
comportamento di un audience target, con lo scopo di incrementare il benessere della comunità. Tali approcci
sono dunque, due facce della stessa medaglia, l’una passiva, l’altra attiva. 1
Il termine cause‐related marketing è un approccio in cui imprese no‐profit e non cooperano per raggiungere i
loro scopi. La prima volta è stato utilizzato nel 1983 dalla American Express per realizzare la campagna
promozionale per il finanziamento dei lavori di restaurazione della Statua della Libertà. Ogni possessore di
una carta di credito della società donava 1 centesimo per ogni transazione bancaria. In questo modo in poche
settimana l’American Express registrò una crescita dei clienti del 45% e allo stesso tempo i lavori vennero
completamente finanziati.
Inanzitutto differenziamo i needs dai wants: i primi rappresentano qualcosa di necessario affinché la persona
possa vivere una healthy life, i secondi ciò che una persona vuole e/o ritiene necessario per soddisfare i propri
needs. La trasformazione da need a want si ha attraverso la creazione di expectations. I marketers possono
condurre i consumatori a desiderare dei prodotti specifici rispetto ad un set di alternative differenti (infatti
pochi needs possono generare molti wants). Infine, la somma di tutti i wants che conducono ad un prodotto
specifico ne determina la domanda. In questo ambito possiamo allora definire un prodotto come qualcosa che
può essere offerto nel mercato per soddisfare un want. Un prodotto è visto dai clienti come un insieme di
funzionalità in grado di soddisfare uno o più want e in base a questo gli assegnano un valore; successivamente
essi “misurano” la soddisfazione come differenza tra il valore assegnato al prodotto e i costi complessivi ad esso
legati (acquisto, utilizzo, mantenimento, dismissione). Naturalmente un need/want può essere soddisfatto da
auto‐produzione, coercizione, elemosina o, infine, con lo scambio; l’ultimo caso è l’unico a cui si interessa
l’attività di marketing, e si realizza tramite la transazione.
In economia, il mercato è definito come una struttura (sia fisica che non) che consente a compratori e venditori
di scambiare qualsiasi tipo di bene, servizio o informazione. Dal punto di vista dell’impresa, il mercato è
suddiviso in settori, mentre dal punto di vista del comportamento dei consumatori, è diviso in segmenti.
I settori possono anche dirsi industrie, e sono caratterizzate dalla categoria di prodotto e/o dalla omogeneità
tecnologica. Questa classificazione è necessaria per definire i confini virtuali della competizione.
Comunque, se si vogliono determinare tali confini, la definizione precedente può essere ingannevole. È
necessario considerare nella propria arena competitiva anche le aziende che soddisfano gli stessi needs/wants,
e dunque adottare un punto di vista basato sulla domanda, includendo i prodotti sostitutivi.
In microeconomia si parla di concorrenza perfetta per descrivere mercati dove nessun concorrente è abbastanza
forte da influenzare il prezzo di mercato di un prodotto omogeneo (le imprese sono price taker e molto simili
tra loro): in questo contesto le aziende realizzano un profitto economico nullo . Affinché le imprese possano
1
acquisire un vantaggio competitivo sui rivali necessitano di differenziarsi in qualche modo da questi: avere un
vantaggio competitivo significa essere in grado di offrire un valore maggiore al cliente.
Questo significa che le imprese possono produrre a minor costo e/o a maggiore qualità rispetto ai competitors
in modo più proficuo.
Secondo Porter, le strategie generiche per differenziarsi dalla concorrenza sono:
1. Cost leadership: offrire prodotti simili ad un prezzo minore, grazie a costi di produzione e marketing minori.
2. Differentiation: offrire prodotti la cui qualità è percepita in maniera significativamente più alta rispetto a
quelli della concorrenza, e pertanto i consumatori sono disposti a pagare un premio per essi.
Questa classificazione è stata criticata poiché in realtà, le strategie possono coesistere, concentrandosi
maggiormente su una o sull’altra. La differenziazione può distinguersi in:
Verticale: quando i prodotti di un mercato possono ordinarsi oggettivamente dal migliore al peggiore, in
termini di qualità per il cliente.
Orizzontale: non è possibile dire oggettivamente che un prodotto sia migliore di un altro, ma ciò dipende
da gusti personali, ovvero da fattori come colore, sapore, stile, etc.
2
1 Quando il profitto economico di un’impresa è nullo, gli economisti dicono che beneficia di un profitto normale. Il suo
profitto contabile è appena sufficiente a compensare il costo opportunità delle risorse; altresì si parla di extraprofitto.
Capitolo 2.
La profittabilità di un business dipende principalmente dalla struttura industriale (costi operativi e
d’investimento, barriere, domanda e ambiente) e dalla strategia competitiva. Questi due fattori si influenzano
vicendevolmente: la strategia viene delineata a partire dalla struttura, ma può influenzarla drasticamente (e.g.
innovazione). Il paradigma SCP (Structure – Conduct – Performance) si fonda su questo dualismo, asserendo
che le performance aziendali dipendono dalla struttura del
settore e dalle strategie adottate per guadagnare un
vantaggio competitivo. Approfondiamo allora, per prima
cosa, l’analisi della struttura.
Le differenti forme di mercato possono identificarsi a
seconda del numero di imprese in competizione e il grado di differenziazione dei prodotti. Secondo questi
canoni, possiamo costruire la tabella in figura. Si dice che un’impresa ha potere di mercato se essa può
influenzarne il prezzo (price maker). Una misura del
potere di mercato è l’indice di Lerner L, definito come
L = (p – mc) / p, con p prezzo ed MC costo marginale.
Tale potere dipende da fattori come elasticità della
domanda residua, livello di sostituibilità dei
prodotti, dimensione d’impresa e concentrazione di
mercato, barriere e collusioni . L’elasticità della
1 2
domanda (PΔQ / QΔP) è importante perché è indice
della sensibilità della domanda rispetto al prezzo. Risulta utile, ad esempio, per un monopolista, che può
capire fino a che punto è conveniente
aumentare il prezzo del mercato. La
concentrazione di un mercato misura
l’eterogeneità dello stesso in termini di
market shares . In particolare, più questa è
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alta, più le quote di mercato sono concentrate
su una sola impresa (generalmente è
inversamente proporzionale alla
competitività).
La curva di domanda residuale (figura in alto) di un’impresa si ottiene dalla differenza tra la domanda di mercato
e l’offerta dei competitors (si evince subito che per un monopolista coincide
con la domanda di mercato). Più il numero delle imprese rivali è eleva