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E′′
il mercato finanziario sono in equilibrio. Questo equilibrio sarà caratterizzato
da una maggiore produzione e da un tasso di interesse maggiore rispetto
E.
all'equilibrio iniziale
Analizzate gli effetti di una politica monetaria espansiva sulla curva
6. LM.
poiché la quantità di moneta è stabilita dalla politica monetaria delle autorità,
una politica
monetaria espansiva genera una traslazione verso l’esterno mentre una politica
monetaria
restrittiva genera una traslazione verso l’interno. Alcuni economisti sostengono
che il modo ideale per rappresentare la curva LM non è quello di fare una retta
crescente ma di fare una retta piatta e orizzontale in corrispondenza del tasso
d’interesse stabilito dalla banca centrale, questo perché in realtà la politica
monetaria delle autorità tende a stabilizzare il tasso d’interesse e a tenerlo
costante. Di conseguenza non c’è la possibilità di generare aumento o
diminuzione del tasso d’interesse cambiando Y, quindi secondo loro il tasso
d’interesse è fisso e qualunque sia il valore di Y, il tasso d’interesse viene
mantenuto costante.
Illustrate la differenza tra tasso d’interesse reale e nominale e
7. descrivete cos’e’ la zero lower
bound.
Il tasso d’interesse nominale è quello effettivamente concordato e pagato. E’
ad esempio il tasso che versa sul mutuo l’acquirente di un’abitazione, oppure
quello che un risparmiatore riceve sul proprio deposito. Chi prende un
prestito paga il tasso nominale; chi deposita i suoi risparmi lo
riceve. Tasso d’interesse reale: per chi prende un prestito o deposita i suoi
risparmi non conta solo l’importo nominale pagato; conta anche cosa può
comprare con quei soldi. Gli economisti lo
chiamano “potere di acquisto della moneta”. Di solito diminuisce nel tempo
perché i prezzi aumentano a causa dell’inflazione. Se teniamo conto
dell’inflazione, capiamo realmente quanto ci costa un prestito e quanto ci
rende il risparmio. Si calcola così: Tasso d’interesse reale = Tasso d’interesse
nominale – inflazione.
Se il tasso nominale è molto basso e tende a 0 si dice che l’economia
raggiunga la condizione dello zero lower bound, ossia il tasso reale tende ad
essere negativo e quindi ad essere pari all’inverso del tasso di inflazione.
Spiegate quali sono i fattori che determinano il meccanismo di
8.
formazione dei salari ed entrano come variabili “z” nella
funzione WS.
1. Sussidio di disoccupazione: quello che i lavoratori che perdono il lavoro o
che non hanno il lavoro percepiscono. Se il sussidio di disoccupazione è alto, i
salari sul mercato tenderanno a crescere perché i lavoratori non hanno paura
di non lavorare, perché sanno che se anche non lavorano percepiranno
qualcosa 2. Salario minimo: in Italia non è previsti per legge ma in altri paesi sì.
Se il salario minimo (imposto dalla legge) è alto, i lavoratori sanno che
ovunque troveranno lavoro guadagneranno almeno quel livello di salario. E
questo fa sì che le richieste di salari alti tendano ad essere maggiori 3. Livello
di protezione dei lavoratori dal rischio di licenziamento: ci sono una serie di
norme che rendono il licenziamento più o meno difficile. Se per un’impresa il
licenziamento è difficile, i lavoratori si sentono più protetti e più sicuri nel
richiedere salari più alti.
9. Discutete il meccanismo di determinazione dei salari da parte
delle imprese.
I salari di solito dipendono dalle condizioni prevalenti sul mercato del lavoro:
quanto più basso è il tasso di disoccupazione, tanto maggiori sono i salari. I
sindacati (organizzazioni che tutelano le condizioni professionali dei lavoratori)
contrattano con le imprese il livello salariale, dando luogo alla cosiddetta
contrattazione collettiva. L’esito della contrattazione con l’impresa dipende
dalla forza contrattuale dei lavoratori che vorranno sicuramente ottenere salari
più elevati. D’altra parte però spesso le imprese sono interessate a pagare ai
lavoratori salari superiori rispetto a quelli di
riserva, perché magari l’intento dell’impresa è quello di incentivare il
lavoratore e di stimolarne l’impegno. Questa è la motivazione che si trova
alla base della teoria dei “salari di efficienza” la
quale afferma che le imprese potrebbero voler pagare un salario superiore a
quello di riserva: - per avere lavoratori più produttivi, incentivati da una
migliore remunerazione - per diminuire il turnover: la riduzione di turnover
tende ad aumentare la produttività. Il turnover consiste nella sostituzione,
mediante nuove assunzioni, del personale che ha cessato il proprio rapporto di
lavoro.
10. Analizzate l’equilibrio nel mercato del lavoro e definite il
significato di tasso naturale di
disoccupazione.
Nel mercato del lavoro c’è equilibrio quando il salario che i lavoratori vogliono è
uguale al salario
che le imprese vogliono pagare W/P = F (u,z) = W/P = 1/ 1 + m Ossia: F (u, z) =
1/ 1 + m
Graficamente c’è equilibrio quando la curva WS interseca la curva PS e il tasso
di disoccupazione in
corrispondenza dell’equilibrio (definito un) può essere definito come tasso
naturale di disoccupazione. Abbiamo detto che se una delle variabili “z” si
modifica (es: sussidio di
disoccupazione cresce), e noi avevamo tracciato una prima curva WS con z
costante, la curva WS
cresce verso l’alto. In questo caso si sposta anche l’equilibrio. il tasso naturale
di disoccupazione è quel tasso in corrispondenza del quale il livello effettivo dei
prezzi è pari al livello atteso dei prezzi. Ovvero tasso di disoccupazione in
corrispondenza del quale l'inflazione effettiva è pari all'inflazione attesa.
11. Spiegate quali fattori possono modificare l’equilibrio nel mercato
del lavoro.
L’equilibrio nel mercato del lavoro si può modificare anche perché varia 1/
1+ m. Se m cresce, il denominatore cresce e il valore dell’espressione 1/ 1 +
m si riduce, dunque la curva PS si sposta verso il basso. Se m diminuisce la
curva si sposta verso l’alto. E questo genera uno spostamento
del tasso di disoccupazione di equilibrio. Dopo gli anni ‘70 sembrava però che
questa relazione non fosse quella vera ma crescevano contemporaneamente
sia l’inflazione che la disoccupazione (stagflazione). Questo metteva in dubbio
la veridicità della curva di Phillips Infatti i dati che fanno riferimento al periodo
1970-2014 mostrano che la curva di Phillips non è più una curva decrescente.
12. Definite la curva di Phillips nella sua versione originaria.
Essa è nata da un’osservazione empirica come abbiamo detto ma ha in seguito avuto
una serie di
formulazioni. Per costruire la curva di Phillips nella sua originaria formulazione
immaginiamo che
l’inflazione attesa πe sia un valore costante, chiamato π* e otteniamo: πt = π* + (m+z)
- αut Effettivamente, riprendendo il grafico, fino agli anni ‘70 si è dimostrata una
relazione negativa tra inflazione e disoccupazione.
13. Descrivete la curva di Phillips modificate presentando il suo
meccanismo di azione ed illustrando le motivazioni che hanno
portato alla sua formulazione.
Supponiamo che πe dipenda da due elementi: un elemento che è l’inflazione costante
(π*) e dall’inflazione del passato (πt-1) Quindi: πet = (1 -θ) π* + θ πt-1 Il parametro θ
(che è sempre <1) è il peso che si da nel formulare l’aspettativa ai termini π* e πt-1.
Tanto più θ è grande, tanto più ci si basa, per formulare e le aspettative, sul valore
passato dell’inflazione e poco sul valore costante (perché 1 -θ è piccolo) e viceversa.
Se θ è 0, allora πe = π* ed il modello in termini di curva di Phillips è identico a quello
originario. Il modello che stiamo per formulare ora dipende dal valore del parametro θ,
e tanto più θ è grande, tanto più la formulazione della curva di Phillips che otterremo
differisce da quella originaria. πt = (1- θ) π* + θ πt-1 +
(m+z) - αut Se l’inflazione è bassa e non persistente, ossia θ tende a 0, la curva di
Phillips non cambia. Se c’è un’elevata persistenza dell’inflazione per cui πe = πt-1,
otterremo una forma diversa della curva di Phillips. Se πt = πt -1 + (m+z) - αut
Portando πt -1 a sinistra otteniamo: πt - πt -1 = (m+z) – αut.
Quindi se θ= 1, ovvero il meccanismo di formazione delle aspettative si basa sul
passato e l’inflazione è persistente, la relazione che abbiamo non è semplicemente
una relazione tra inflazione e disoccupazione, ma tra variazione dell’inflazione (πt - πt
-1) e disoccupazione (u). Quindi la validità della formulazione della
curva di Phillips non si deve basare più tanto sulla relazione tra disoccupazione e
inflazione ma si può basare sulla variazione dell’inflazione e della
disoccupazione. Quindi riformuliamo la curva di Phillips, chiamandola curva di
Phillips modificata o corretta per le aspettative o accelerata.
14. Mettete in relazione la curva di Phillips con il tasso naturale di
disoccupazione
Il tasso naturale di disoccupazione abbiamo detto che è quel tasso di disoccupazione
in corrispondenza del quale il livello effettivo dei prezzi è uguale al livello atteso dei
prezzi. Se: πt = πe + (m+z) - αu Imponendo la condizione di uguaglianza π = πe e
portando πt - πe a sinistra otteniamo πt – πe = (m+z) - αu Quando il mercato è in
equilibrio le due espressioni coincidono quindi: 0 = (m+z) – αun perché πt-1 = πe
Otteniamo
che il tasso naturale è un= (m+z) / α Possiamo riscrivere la relazione tra inflazione,
inflazione attesa e disoccupazione come segue: πt - πte = - α [ut - (m+z) / α] E
possiamo sostituire il tasso di disoccupazione naturale nel lato destro: πt - πte = - α
(ut - un) Moltiplichiamo e dividiamo per α: πt - πte = α (m+z)/α – αut Mettiamo in
evidenza α πt - πte = α ((m+z)/α – ut)) m+z/α = tasso di disoccupazione naturale
Quindi: πt - πte = α (un - ut) oppure πt - πte = - α (ut - un) Questo vuol dire che se il
tasso effettivo di disoccupazione (ut) è maggiore del tasso naturale (un) l&rsquo