Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IL SORRISO DELL’IGNOTO MARINAIO
Il titolo viene dal quadro di Antonello da Messina, prende spunto quindi da un’opera artistica, siamo
nel pieno della pittura quattrocentesca italiana. Da Messina è uno dei più grandi pittori del
momento.
Il romanzo esce nel 1978, quando si stava per uscire dall’epoca del piombo. Si colloca quindi a
cavallo fra la fine degli anni ’60 e il 1978. Viene pensato, ideato, scritto, rimaneggiato. È un
romanzo storico sul Risorgimento in Sicilia (arrivo dei Mille in Sicilia e plebiscito che porto
l’annessione della Sicilia al nascente Stato italiano). Per Consolo esiste uno stretto rapporto fra
storia di allora e storia di oggi. Raccontare la storia di allora per lui voleva dire anche riflettere la
storia di oggi. Il romanzo di Consolo può essere avvicinato a quello di Manzoni, ma sotto questo
aspetto si differenziano: per Manzoni non esiste nessun rapporto fra epoca rappresentata nel
romanzo e l’epoca in cui vive Manzoni. Consolo fa l’esatto contrario: usa la storia contemporanea
per spiegare la storia passata e viceversa.
Il romanzo racconta una storia in apparenza molto semplice, ma presenta delle complessità. Il primo
momento importante è il 1856, il secondo è il 1860 (arrivo dei garibaldini sull’isola siciliana). Il
personaggio principale è uno studioso di lumache: studia le varie lumache ci sono sull’isola, sta
tornando a casa da Lipari a Cefalù, portando con sé una tavoletta che raffigura il quadro di Da
Messina.
Consolo fa riferimento alla rivolta popolare dei contadini: i contadini, spinti dall’idea di libertà e
dall’arrivo dei garibaldini, compiono una serie di rivolte sanguinose. Ammazzano tutti quelli che si
trovano sulla loro strada (donne, bambini).
Il protagonista principale si chiama Mandralisca, è un uomo di cultura che adora l’arte. Lui si trova
per caso in mezzo a una delle rivolte popolari in un paesino sperduto vicino a Sant’Agata di
Militello. Pur non assistendo in maniera diretta alla rivolta ma vedendone esclusivamente gli effetti,
ragiona sui motivi che hanno spinto le persone, che per anni sono state soggette a inferiorità, ad
essere così violenti. Si chiede se questi debbano avere la pena di morte. Scrive queste riflessioni in
una memoria che manderà ad un tribunale, che ha il compito di prendere in esame tutte queste
rivolte e decidere della sorte dei contadini. Lui manderà questa memoria a Giovanni Interdonato.
I due personaggi sono storici, realmente esistiti. Quasi tutto ciò che ci racconta Consolo è
assolutamente reale. Mandralisca creò un museo a Cefalù, che esiste ancora oggi. Giovanni
Interdonato era un garibaldino di alta importanza politica, aveva il compito di essere l’ambasciatore
di Garibaldi in Europa e nel mondo e doveva trovare i fondi necessari per le attività portate avanti
da Garibaldi. Interdonato viaggiava tantissimo, sempre sotto mentite spoglie, impersonando altri
ruoli e altre professioni e viaggiava con l’intento di preparare il terrano per Garibaldi. Anche su di
lui abbiamo un sacco di dati storici: Consolo studia i documenti del tempo.
Nel romanzo, i fatti sono prevalentemente storici. Consolo, alla fine di alcuni capitoli, introduce dei
reali documenti storici che lui recupera. Da questo punto di vista la presenza della storia sembra
ancora più massiccia e preponderante rispetto a quella de I Promessi Sposi.
Moltissimi ritengono che questo sia uno dei più bei romanzi della seconda metà del Novecento
italiano.
Consolo ha spiegato i motivi per cui ci ha messo tanto tempo a scriverlo. Dopo la stesura del suo
primo romanzo, La ferità dell’aprile, Consolo entra in una difficoltà personale della scrittura. Si
mette a lavorare ma non è convinto di quello che sta facendo, poi lo riprende subito dopo essersi
stabilito a Milano. Ma a lui sembra sempre che non vada bene. Nel 1969 pubblica un pezzo del
primo capitolo su una rivista letteraria. A qualcuno piace e si convince ad andare avanti nella
stesura, ma è sempre insoddisfatto. Poi trova la sua cifra e va avanti. Sarà la moglie Caterina che
prenderà la situazione in mano e farà pubblicare i primi due capitoli del libro. Il buon risultato (le
copie vengono vendute subito) spinge Consolo a pubblicare il romanzo con l’editore Mondadori. Il
romanzo ottiene grandi consensi e questo lo aiuterà nella successiva carriera di scrittore.
La particolarità del romanzo è la lingua: non è una lingua semplice. Vi è una ricchezza linguistica
smisurata, lavora su vari piani: italiano medio, basso, popolare, ma mai italiano standard. Per lui
non si deve usare l’italiano standard nella letteratura poiché la letteratura ha bisogno di un altro
linguaggio. Ci sono latinismi, grecismi, francesismi, arabismi, dialettismi di tutti i tipi. C’è un
personaggio che parla in un dialetto totalmente incomprensibile persino a Mandralisca, in quanto è
un dialetto di un paesino sperduto (sanfratellano). Vi sono vocaboli tecnici e il gusto
dell’accumulazione: lo steso oggetto viene indicato attraverso 10, 20 o 30 sostantivi diversi. È una
lingua ricchissima che sembra quasi autogenerarsi da sé stessa. Consolo usa i dialetti siciliani e
locali con cognizione di causa, perché li aveva sentiti, erano i dialetti della sua isola.
La tecnica dell’accumulazione viene in realtà da Giacomo Leopardi. Nello Zibaldone ad esempio
c’è questa tecnica, vi è un accumulo di elementi per rappresentare sempre quell’unica cosa. Ad un
certo punto Consolo cita la ginestra (aggancio leopardiano).
29/11
Nel primo capitolo vi è l’antefatto e si svolge quattro anni prima (1856) dei fatti raccontati nel
secondo capitolo. Nel 1856 ci fu una rivolta di tipo popolare (gestita dalle classi borghesi della
società) e ci fu il tentativo di staccare il regno delle due Sicilie dalla dominazione borbonica. I moti
del ’56 finirono male: vennero tutti arrestati e alcuni condannati a morte, ma all’arrivo di Garibaldi
furono tutti liberati.
Il Mandralisca è uno studioso riconosciuto nell’ambiente degli studi sulla fauna locale. Sta tornando
a casa da un viaggio dall’isola di Lipari. È legato all’amicizia di un farmacista, che gli ha donato la
tavoletta di legno che raffigura l’ignoto marinaio. Il quadro è quello di Antonello da Messina, è
considerato uno dei maestri di Raffaello. Nelle frasette di eserbo che Consolo pone all’inizio della
narrazione è citato subito Antonello da Messina: pone una citazione di Giovanni Santi (pittore del
‘400) dalla Cronica rimata. La seconda citazione è tratta da un testo di Sciascia, Il gioco delle
somiglianze, saggio dedicato integralmente ad Antonello da Messina. Sciascia si occupò di critica
d’arte, in particolare di pittura italiana.
Sull’isola c’è un marinaio, accompagnato da un ragazzo giovane che colpisce Mandralisca per un
sorriso particolare che ha: rimane colpito dal volto, dall’espressione. Quel marinaio è Giovanni
Interdonato, mascherato da marinaio (va in Sicilia di nascosto).
Le frasi di eserbo evidenziano due elementi: la centralità di Antonello da Messina e il gioco delle
somiglianze (relazione fra la tavoletta di legno, visione del marinaio e identificazione del marinaio
con Interdonato).
Per Consolo la letteratura è una delle arti e come tale si deve comportare: deve raccontare e nel
racconto far visualizzare quello che racconta. La letteratura non può utilizzare il linguaggio
comune: l’utilizzo dell’italiano standard non è adeguato, c’è bisogno di una lingua complessa,
elaborata, artistica. Il quadro di Antonello da Messina non è l’unico materiale pittorico che Consolo
utilizza.
Nell’antefatto emerge il tema dei cavatori di pomice: la pietra pomice rompendosi emetteva una
polvere sottilissima bianca (bianco grigio). Era una polvere tossica: se veniva respirata si attaccava
al tessuto interno del polmone, lo seccava e causava crisi respiratorie e morte. Sulla nave quindi ci
sono questi cavatori e la loro pelle aveva preso questa colorazione grigiastra, che indicava lo stato
di malattia. Questo colore è tratto da un dipinto, il Cristo morto di Andrea Mantegna. È un’opera
fondamentale perché costruito su una prospettiva particolarissima: il Cristo è adagiato
orizzontalmente su un basamento ed è guardato dalla prospettiva dei piedi. Si vedono subito i piedi
martoriati dal segno dei chiodi. Il Cristo indossa una leggera veste che copre solamente le parti
intime e poi è nudo. Il Cristo morto viene anche citato nella parte finale del romanzo.
L’altro pittore è Goya, che ha rappresentato in modo potente le rivoluzioni del tempo. L’arte di
Goya è un’arte di grandi contrasti. Lui gioco molto sui colori cupi: il nero e il rosso. Nel settimo
capitolo, nella descrizione della rivolta popolare, lui usa questi colori per descrivere: il rosso indica
la rivolta, il nero la tragedia. La disposizione dei morti richiama le disposizioni dei quadri di Goya.
La tavoletta è stata data a lui dalla figlia del farmacista, Catena, fidanzata di Interdonato. La donna
cerca dei soldi per finanziare le campagne di Garibaldi. Lei sfregia (arrabbiata perché non vede mai
il fidanzato) la tavoletta dell’ignoto marinaio. Perciò Mandralisca riporta a casa la tavoletta con uno
sfregio. Durante il viaggio sulla nave, Mandralisca incontra il marinaio, che ha un sorriso che gli
ricorda qualcuno. In realtà è lo stesso sorriso rappresentato sulla tavoletta. Arrivato a casa,
Mandralisca decide di fare subito una festa per presentare ai concittadini la tavoletta acquisita. Lui
raccoglie reperti, tele, vasi, oggetti di vario tipo perché è proprio appassionato di arte. Sin da subito,
ha lo spirito del mecenate: vuol far godere delle bellezze che lui può permettersi. Quando recupera
quindi qualcosa di nuovo, fa una festa a casa sua. Durante la presentazione della tavoletta,
Mandralisca finalmente capisce la somiglianza e intuisce perché il sorriso del marinaio l’aveva
colpito.
Per Consolo fare storia è anche cercare di interpretare il presente attraverso ciò che è successo
precedentemente. La storia del passato deve servire per prendere coscienza della storia che si vive
in quel preciso momento. I cavatori di pomice fanno riferimento agli scioperi, ad una grande
industria (Italsider), alle condizioni lavorative di questi operario. Per Consolo è un’occasione per
raccontare un pezzo di storia italiana. La storia del presente quindi può essere riverbero della storia
del passato. Il romanzo nasce a cavallo di un’epoca di rivolte. È un periodo cupo e di lotte. La storia