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REAZIONI A PING-PONG
(Nella pagina successiva c’è la rappresentazione grafica di questa reazione)
C’è un processo dove le reazioni che avvengono
sono dette a PING-PONG, dove in una reazione di
tipo ping-pong quello che succede è che l’enzima
reagisce con il substrato e nella sua reazione con il
substrato il complesso enzima-substrato si trasforma
in un complesso enzima-prodotto dove anche
l’enzima cambia parzialmente forma per cui viene
definito un enzima che da EA diventa FP, cioè una
forma diversa enzimatica; a questo punto viene
liberato P e l’enzima F potrà andare, nella sua nuova
configurazione, a reagire con il substrato B formando
un complesso FB che a poco a poco diventerà un
complesso EQ, cioè l’enzima che riprende le sue
caratteristiche primarie con associato il secondo
prodotto che uscirà dalla reazione e l’enzima tornerà
a essere quello che era all’inizio della reazione. Il
nome ping-pong deriva dal fatto che si definisce
FASE PING la liberazione del primo prodotto e FASE
PONG la liberazione del secondo prodotto; noi
incontreremo questo tipo di reazioni per quanto
riguarda le transaminasi, le transaminasi hanno il
ruolo di trasformare gli amminoacidi in chetoacidi
ma anche i chetoacidi in amminoacidi, quindi le
transaminasi sono quegli enzimi che ci servono per
trasformare tutti gli amminoacidi, sia L-amminoacidi
che D-amminoacidi, in quegli amminoacidi che a noi
servono per supportare le nostre cellule, quindi
quello che loro fanno nella prima reazione di PING è
che un amminoacido viene trasformato in
chetoacido, nella seconda fase un chetoacido viene
trasformato in amminoacido; noi ne parliamo in
maniera separata ma quello che succede
effettivamente è che nello stesso tempo si ha da una
lato una trasformazione da amminoacido a
chetoacido e da un altro da chetoacido a
amminoacido, per cui le due reazioni vanno in
parallelo. (Rappresentazione reazione ping-pong)
Se io prendo un enzima e lo faccio reagire con il suo
substrato e guardando l’andamento di come la
reazione catalizzata enzimaticamente avviene noto
che al variare dalla temperatura quello che vedo è
che per un certo tempo, fino a una certa
temperatura, la curva del grafico sale e dopo “di
botto”, a circa 44-45°C, inizia a scendere per poi
riprendere a crescere molto più lentamente
all’aumentare della temperatura; quello che succede
è che a 44-45°C gli enzimi, così come tutte le
proteine, iniziano a denaturarsi, la denaturazione è
un processo che si amplifica nel momento in cui si
attiva per cui si ha questa caduta repentina
dell’attività enzimatica e quindi produciamo
pochissimo prodotto ma ad un certo punto
ricomincia la produzione di prodotto perché essendo
una reazione chimica tra reagenti, una volta che si è
denaturato l’enzima la reazione chimica non si ferma
ma va avanti secondo le leggi della chimica e per le
leggi della chimica la capacità di trasformazione
dipende dal numero di urti che le molecole fanno tra
di loro e la capacità si urti che si possono generare è
in funzione della temperatura e quindi più alta è la
temperatura più probabile è che si abbia
un’interazione e quindi una reazione e quindi
vediamo nuovamente prodursi prodotto.
Per la temperatura c’è questo tipo di andamento ma
per il pH la situazione è diversa; noi potremmo
pensare che essendo il pH un elemento denaturante
potrebbe influenzare la capacità di un enzima di
lavorare, effettivamente è così ma a seconda del
tipo di enzima perché ci sono enzimi che lavorano in
condizioni di pH neutro, in maniera ottimale, e ci
sono enzimi che lavorano in condizioni di pH
altamente acido come la pepsina che è un enzima
che si trova nello stomaco digestivo e il suo picco
massimo di attività ce l’ha intorno a 2 e questo
significa che questo enzima per la sua
configurazione e la sua funzione il luogo dove si
trova è stato selezionato per avere un’alta efficienza
quando si ha il pH acido e questo significa che
strutturalmente questo enzima deve essere fatto in
maniera tale che i protoni che si trovano
nell’ambiente in cui si trova pure l’enzima, perché il
pH è prettamente acido, in qualche modo ne
influenzano la struttura positivamente o comunque
la capacità enzimatica e quindi questo enzima è
altamente efficace a pH acido; se io prendo la
tripsina il suo punto massimo di efficienza è pH 7.4
ed è il cosiddetto pH fisiologico che troviamo a livello
ematico e anche in molti tessuti, la tripsina se si
sposta di pH sia in direzione acida che in direzione
basica funziona poco quindi il suo picco ha la
neutralità ma per il resto non funziona molto bene;
la colinesterasi è un enzima che funziona da pH
neutro e poi per pH prettamente basici; l’enzima più
“strano” è la papaina che è un enzima che ha la
capacità di tagliare i ponti di solfuro, questo enzima
qualsiasi pH abbia è perfettamente efficace; se io
guardo l’andamento della papaina al variare del pH ,
la papaina lavora sempre al massimo perché è
sempre sul picco di attività, il fatto che rimanga sul
picco di attività da pH acidi a pH prettamente basici,
dal punto di vista strutturale questo indica che la sua
componente proteica è una componente che
ovviamente ci deve essere perché per poter svolgere
la sua funzione deve avere una parte proteica per
poter reagire con i suoi substrati e sicuramente è
ricca di carboidrati e di lipidi in maniera tale che sia
protetto dalla variazione eccessiva di pH e quindi la
sua componente proteica sia meno suscettibile
all’azione di ossidrili o protoni a secondo da quale
lato della scala di pH ci troviamo, in questo modo la
papaina riesce a essere sempre efficiente.
MISURE DELL’ATTIVITA’ ENZIMATICA
Ovviamente l’attività enzimatica viene misurata e
fondamentalmente si usano unità internazionali di
enzima dove come unità internazionale di enzima
viene indicata la quantità di un enzima che produce
una micro mole di prodotto in un minuto a 25°C,
praticamente 1 atmosfera di pressione e in
condizioni di non variabilità; l’unità di misura di
questa produzione di una micro mole di prodotto al
minuto a questa temperatura si chiama 1 katal;
questa misurazione noi la facciamo anche con
quantitativi molto piccoli infatti l’unità di misura che
effettivamente utilizziamo è un micro Katal dove una
micro mole di prodotto viene prodotta ogni minuto a
25°C da un enzima; il quantitativo di enzima
necessario per produrre questo quantitativo di
prodotto a secondo dell’efficienza dell’enzima sarà
più o meno elevato. La costante catalitica, o numero
di turnover di un enzima, è il numero di molecole di
substrato che vengono trasformate in prodotto in
un’unità di tempo ; effettivamente il numero di
turnover mi indica anche la vita media di un enzima
cioè quando effettivamente lui sarà funzionale nel
tempo.
INIBIZIONE ENZIMATICA
Quando noi studiamo gli enzimi studiamo anche i
processi di inibizione enzimatica perché gli enzimi in
qualche modo devono essere regolati perché se non
sono regolati c’è rischio che si fa danno. Gli inibitori
enzimatici li possiamo dividere in due parti: inibitori
reversibili e inibitori irreversibili.
Gli inibitori irreversibili sono molecole che in genere
si legano all’enzima o al complesso enzima-substrato
e una volta che si sono legati non si possono
staccare più per cui bloccano per sempre l’attività di
quell’enzima, ma la maggior parte degli inibitori non
sono irreversibili ma sono inibitori reversibili proprio
per poter modulare la funzionalità di questi enzimi.
Ci sono tre tipi di processi di inibizione:
-inibizione competitiva : (definizione di inibizione
Un inibitore
competitiva presa dalle slide:
competitivo riduce quindi la concentrazione di
enzima libero disponibile per legare il substrato)
l’inibitore è competitore del substrato, ovvero che
l’inibitore è molto simile al substrato su cui
generalmente lavora un determinato enzima ed
essendo così simile reagisce con l’enzima
bloccandone la funzione e quindi nell’inibizione
competitiva quello che succede è che l’inibitore
competendo con il substrato blocca l’attività
enzimatica; un esempio è la succinato deidrogenasi
che è un enzima che è implicato (?) nel ciclo di krebs
per una delle vie metaboliche per la produzione
dell’energia, questa succinato deidrogenasi in
genere ha come attività quella di trasformare il
succinato in fumarato, e questa è una tappa del ciclo
di krebs, ma c’è un elemento che si chiama
malonato che è inibitore della succinato
deidrogenasi; se guardiamo il succinato e il
malonato vediamo che sono molto simili con la
differenza però che nel succinato ci sono due gruppi
CH e nel malonato ce n’è solo uno ;la reazione che
2
fa la succinato ad idrogenarsi è quella di andare a
generare un doppio legame tra i due carboni, nel
fare questo la succinato deidrogenasi si lega
saldamente al suo substrato e modifica il legame
che avvien tra i due carboni formando così il
fumarato, nel momento in cui c’è l malonato, questo
riesce ugualmente a legarsi alla succinato
deidrogenasi, perché è molto simile, e non si ha
alcuna reazione. Come fa la succinato deidrogenasi a
capire se deve lavorare sul succinato o deve lavorare
sul malonato?
Nell’inibizione competitiva se vado a schematizzare
la reazione di cinetica enzimatica secondo Michaelis
e di Menten io avrò enzima più substrato con le sue
costanti di velocità, di formazione e di demolizione,
forma l’enzima substrato e poi formerà il prodotto
più enzima, nel momento in cui io metto l’inibitore la
scelta fra i due sarà solo esclusivamente in funzione
della concentrazione dei due elementi.
Se disegno la cinetica enzimatica del mio enzima in
assenza di inibitore o in presenza di inibitore, vedo
nelle curve che in presenza di inibitore le curve si
spostano più verso destra e questo significa che il
valore K , cioè la concentrazione del substrato alla
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