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STORIA DELLA FILOSOFIA
La storia è un qualcosa che accade nel tempo e che necessariamente ha a che fare
con la contingenza, con le circostanze.
(José Orteco: “yo soy yo y mis circunstancias)> il mio vissuto, ciò che mi è accaduto, la
situazione in cui sono nata.
Il contesto culturale, politico e sociale.
Storia della filosofia vuol dire fare storia, analizzare la contingenza, ma vuol dire anche
fare filosofia.
La pretesa della filosofia è quella di affermare una verità assoluta/universale (Aristotele)
Conoscere la storia ricercando un metodo universale facendo sempre riferimento alla
nostra soggettività poichè siamo persone storiche (la mia vita è la mia storia).
Siamo alla continua ricerca del fondamento che per Jeanne Hersch è la necessità
di libertà, ciò che caratterizza l’uomo.
Da una parte vi è la storia (contingenza) e dall’altra parte la pretesa di affermare una
libertà assoluta che deve fare i conti con la necessità.
Abbiamo bisogno di affermarci come esseri liberi ma ci troviamo di fronte al
limite.
Fenomenicamente siamo condizionati, noumenicamente siamo liberi.
Tutti i diritti umani sono frutto di una storia che è continuamente esposta alla
contingenza e può essere messa in discussione.
“i diritti e la loro affermazione sono una lunga marcia che può essere azzerata”
Ad oggi ci si chiede se i diritti soggettivi siano un prodotto della cultura
occidentale e quindi se la nostra visione di diritti dell’uomo trasportata in altri
ambiti sia una forma di violenza.
JEANNE HERSCH
Nasce nel 1910 a Ginevra da madre polacca e padre lituano.
Il padre aveva frequentato la scuola secondaria in Russia, la madre nella Polonia
occupata. I genitori sono arrivati a Ginevra nel 1904 per compiere gli studi universitari in
un paese libero.
Jeanne Hersch poi lascerà la Svizzera.
Nel 1933 fu allieva di Heidegger in Germania, si trasferisce per frequentare le lezioni del
suo maestro.
Deve tornare in Svizzera poichè di origine ebraica ed è costretta ad abbandonare gli
studi filosofici.
Heidegger per motivi accademici decide di aderire al partito Nazional socialista e
Jeanne Herch scriverà parole molto dure al riguardo e non glielo perdonerà.
J.H. Riconosce a pieno titolo come maestro Karl Jasper, un filosofo esistenzialista.
Jeanne dice riguardo le lezioni del maestro: “ non capii quasi nulla, perchè avevo
conoscenze troppo scarse di filosofia e della lingua tedesca, eppure non ebbi l’ombra di
un’esitazione, sepi immediatamente che là c’era per me qualcosa da capire”
L’incontro con Jasper lo definì un incontro filosofico fondamentale.
Parlando di questo rapporto alla fine della sua vita Hersch afferma che le affinità tra il
pensiero del suo maestro e il suo pensiero di filosofa sono quasi al limite:
“ mi è successo, scrivendo un testo che credevo fosse del tutto indipendente dal
pensiero di Jasper, di incontrare in seguito nell’opera di jasper dei brani in cui
sviluppava le stesse idee. Per questo motivo non ho mai voluto esattamente stabilire
che cosa del mio pensiero propriamente mi appartenga e che cosa appartenga invece a
jasper”
In perticolare rispetto all’idea di libertà della persone ma jeanne in più a jasper
tratta il tema dei diritti.
Jeanne Hersch insegna come docente di storia della filosofia all’università di Ginevra
ma ci sarà una svolta nella sua carriera perchè nel 1966 viene chiamata come
direttrice della divisione di filosofia dell’UNESCO (a parigi) dal 66 al 68 si dedicherà
unicamente alla ricerca.
Nella filosofia come stupore Hersch ci indica la necessità non solo di conoscere la
realtà ma di comprenderla.
-conoscere è l’inizio, comprendere è il fine-
Hersch vede il pensiero occidentale come elaborazione razionale di un sentimento: “la
meraviglia se autentica porta alla ricerca, all’indagine”
Non è l’intelligenza il motore ma è il sentimento che ci spinge a filosofare.
Il sentimento di stupore di fronte all’essere porta con sè un rispetto profondo della
gratuità dell’essere (la realtà si spiega gratuitamente.)
Jeanne hersch appartiene a una tradizione filosofica che crede ancora che la filosofia sia
qualcosa di più della scienza, che non sia una scienza empirica, che non ordini semplicemente
le cose davanti a noi, che non le classifichi, che non ce le dia come qualcosa che si presenta
nella sua funzione strumentale.
Hersch reputa che la filosofia faccia qualcos’altro, la filosofia è ricerca della verità che però non
può essere raggiunta perchè si tratta di uno svelamento continuo, non è un oggetto da afferrare.
Considerare la filosofia come un’idea di verità che si può definire, classificare e afferrare è una
negazione della filosofia che invece ci insegna l’esercizio costante di apertura alla verità.
Se non ci fosse questo “meccanismo” di salvaguardia della verità come un qualcosa che è
sempre un po’ più in là di noi, a cui ci possiamo avvicinare ma non possiamo mai afferarla,
cadremmo continuamente nel pericolo dell’assolutismo.
L'assoluto si può dimostrare solo in maniera negativa, perché in maniera positiva saremmo già
in una visione che nega l'assoluto altrui. (Trascendenza non assoluta) - si rifa a una teologia
antica secondo cui di dio si può dire solo ciò che non è, anche se lei è laica. Non possiamo
rinunciare al dialogo che porta la non assolutizzazione perché siamo finiti. (hersh è un’ebrea
che ha visto ciò che i totalitarismi hanno causato, ha visto in atto cosa vuol dire affermare
l’assoluto)
Quando crediamo di aver raggiunto l’assoluto, la verità non facciamo altro che annullare la
nostra capacità di pensiero. Bisogna essere consapevoli che questo pensiero può trasformarsi
in intolleranza.
Hersch sostiene che l'assoluto deve essere vissuto come una trascendenza non
posseduta, evitando il suo possesso personale, e deve essere rispettato negli altri.
quando pensiamo di aver trovato la verità in una determinata religione, in un pensiero politico ci
addentriamo in un terreno che vul dire assolutizzazione, fondamentalismo, non essere aperti ad
un dialogo con l’altro.
Noi siamo finiti, il nostro è un punto di vista finito condizionato da fattori storici, culturali, dalle
nostre limitate capacità intellettuali.
Il bisogno di attualizzare la libertà si pone in noi come assoluto,
Paradossalmente la spinta all'assolutezza è ciò che ci garantisce la realizzabilità dei diritti.
La tensione all'ideale per Hersch va pari alla libertà, può essere la libertà stessa. L'assoluto non
è realizzabile nel qui et ora, può solo essere messa a livello di utopia. I diritti funzionano come
ideale da realizzare.
L'utopia serve per poter far progetti per poter andar avanti - non tutto quello che facciamo ha il
fine dell'utilità, altrimenti la vita avrebbe ben poco valore. Orizzonte ideale verso cui tendere.
Come non si cade nei fondamentalismi?
Anche affermare necessariamente un diritto può diventare una forma di violenza Es. laica
Francia che nega la possibilità di mettere il velo alle donne.
Non dobbiamo rinunciare a rifarsi al nostro assoluto, ma non bisogna imporre il nostro assoluto
all'altro.
2 condizioni per non tradursi in violenza
1. Trascendenza non posseduta, sapere che c'è un orizzonte che non possiamo possedere e
non è afferrabile
2. Riconoscimento dell'altro, e anche di essere riconosciuti dall'altro *Kant Capisco l'altro solo
se io ho fatto veramente esperienza dell'assoluto non posseduto. Altrimenti non potrò mai
accogliere e riconoscere l'altro.
Fare esperienza dell'assoluto in sè è impossibile, si fa solo esperienza della trascendenza
dell'assoluto!
Bisogna salvaguardare e favore le occasioni di libertà
l'assoluto è un movente determinante per la messa in atto dei diritti, smette di essere pericoloso
solo quando è riconosciuto come trascendente e altrettanto imperativo dei diritti degli altri.
OPERE
-il diritto di essere un uomo, antologia mondiale della libertà. Raccolta di testi curata da
Jeanne Hersch nel 1968, su incarico della Conferenza generale dell’Organizzazione delle
Nazioni Unite (ONU), per l’anniversario dei 20 anni della Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo (1948).
Il testo contiene una selezione di brani provenienti da tradizioni e epoche diverse che
mettono in luce l’universalità dell’esigenza avvertita da ogni uomo di essere riconosciuto
come tale.
Jeanne Hersch individua un punto condivisibile da ognuno di noi:
Ognuno di noi ha la pretesa e il diritto di essere riconosciuto come essere umano.
Questa pretesa è per Hersch universale ed in ragione di ciò siamo portatori di dignità, si tratta di
un desiderio inalienabile, non contrattabile, perchè è ciò che ci rende umani.
In noi abbiamo un’esigenza che si pone come assoluta ed è quella di essere riconosciuti come
uomini a questa esigenza Hersch legaa l’idea di diritti umani
Nel 1968 erano in molti a domandarsi: i diritti umani sono forse un concetto puramente
occidentale? la loro diffusione internazionale è forse una semplice variante dell'imperialismo
bianco o se volete l'imperialismo americano?
<“ho deciso di tentare un'esperienza su scala mondiale tenendo però conto dei differenti modi
di espressione delle diverse culture. approfittando della rete mondiale di cui dispone l’Unesco
ho chiesto a tutti i Paesi membri di inviarmi dei testi di qualsiasi epoca ma anteriori al 1948 data
della dichiarazione universale.
di qualsiasi epoca, di qualsiasi forma espressiva in cui aloro avviso si manifestasse in qualsiasi
modo un senso per i diritti degli esseri umani.
se avessi chiesto dei testi espliciti ,cioè dei testi che parlassero dei diritti umani concettuali,
civillici o filosofici avrei ricevuto soltanto numerose ripetizioni dei pensieri moderni occidentali.
ho atteso nell'angoscia, non sapendo se avrei ricevuto qualunque cosa oppure no arrivarono
testi da tutti gli angoli della Terra da tutti i continenti, di tutte le epoche fra il terzo millennio
avanti Cristo e il 1948. di tutti i generi da le iscrizioni incise sulla pietra a proverbi e canzoni
fino a estratti di trattati filosofici o giuridici.“>
“il risultato della ricerca