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APPUNTI DELLA PROFESSORESSA
-Decreti legge: atti aventi forza di legge. Disciplinati dall’art. 77 della
Costituzione, sono fonti adottate dal governo. Questo articolo è una deroga
all’art. 70.
Se non ci sono casi straordinari di necessità e di urgenza (tendenzialmente si
pensava alle catastrofi naturali) il governo non può emanare decreti legge.
Soltanto che la prassi repubblicana ha evidenziato che il governo finisce per
emanare decreti leggi anche quando ha solo l’urgenza del provvedere perché
se magari non intervenisse risulterebbe inadempiente verso l’Europa, l’Unione
europea ed altri organi. Sostanzialmente per molto tempo (oggi qualcosa è
cambiato ma per molto tempo è stato così) “casi di necessità e urgenza” si
sono tradotti in situazioni più comuni perché il governo considera molte più
occasioni come casi di necessità e urgenza.
Il decreto-legge è diventato l’uso ordinario della normazione. La legislazione è
stata realizzata con decreti-legge.
Si è parlato di un abuso di decreti-legge.
PROCEDURA (il governo decide quando ci si trova di fronte ad un caso di
necessità e urgenza)
Il governo adotta il decreto-legge viene trasmesso al Presidente della
Repubblica viene trasmesso contestualmente anche alle camere per l’inizio
dell’iter di conversione (le quali hanno 60 giorni per decidere il da farsi).
Tecnicamente la Corte non arriva mai a valutare il decreto-legge, perché in 60
giorni non ha il tempo “di vederla”.
Il Presidente della Repubblica può rifiutarsi di emanare il decreto-legge per vizi
di legittimità o perché si ritiene che quel decreto-legge non sia opportuno.
Il nostro ordinamento non prevede che il Presidente della Repubblica sia un co-
legislatore, quindi sì può opporsi al decreto-legge ma quando ci sono ragioni
ben evidenti e concrete.
È possibile che il governo reiteri il decreto-legge? È possibile che lo ripresenti
rendendolo efficace ancora per 60 giorni. L’articolo 77 non esclude
espressamente questa ipotesi. La prassi era quella di reiterare il decreto-legge
presentandone uno dal contenuto analogo allo scadere dei 60 giorni. Questo si
faceva perché l’art. 77 non lo vieta. Questo ha portato i vari governi a “portarsi
dietro” sempre lo stesso decreto-legge (catena di decreti-legge) anche per
anni. Su questo aspetto è intervenuta la corte che ha ritenuto incostituzionale,
invalida questa prassi.
Art.77 con governo si intende il Consiglio dei Ministri (l’organo collegiale
tutto, non solo il Presidente del Consiglio dei Ministri o un ministro in
particolare). Il decreto-legge è un atto che scaturisce dalla volontà di tutto il
Consiglio dei Ministri, tutti (e non i singoli) si assumono la responsabilità. Il
Consiglio dei Ministri adotta il decreto-legge ma non controlla.
Nessun organo può essere allo stesso tempo il controllato e il controllore.
Il decreto-legge non può essere adottato sotto elezioni, in campagna elettorale.
Qual è l’organo che esercita un controllo giurisdizionale sugli atti avente forza
di legge? La Corte Costituzionale
Gli organi che controllano la costituzionalità dei decreti-legge sono le
Commissioni parlamentari (o camere), la Corte costituzionale (ad un certo
punto si è dichiarata competente, seppur non abbia il tempo materiale per
controllare, rientra nel controllo), il Presidente della Repubblica.
Quali sono gli atti aventi forza di legge? Leggi ordinarie, decreti-legge, decreti
delegati, gli esiti del referendum abrogativo, gli statuti regionali ordinari MA
NON leggi di revisione costituzionale o leggi costituzionali (perché sono al
vertice o comunque leggermente sotto la Costituzione)
Durante la vigenza di una costituzione flessibile, esiste un organo di corte
costituzionale?
Falso, non ha senso parlare di corte costituzionale in presenza di costituzione
flessibile
Se poi le camere votano un emendamento eccentrico rispetto al contenuto del
decreto-legge, questo piò farsi valere solo se si va alla Corte Costituzionale,
con un iter più lungo chiaramente
L’esame del decreto-legge ha comunque sempre l’ostacolo dei 60 giorni.
La corte costituzionale dice che la legge di conversione deve essere omogenea
Il decreto-legge può essere adottato solo in casi di straordinaria necessità e
urgenza ma poiché è difficile immaginarsi un caso di straordinaria urgenza che
a cadenze fisse si ripresenta, si va ad usurpare l’esercizio della funzione
legislativa che invece spetterebbe alle camere.
Quindi dalla fine degli anni ’90 finisce l’abuso dei decreti-legge, la catena dei
decreti-legge e si torna alla sua fisiologia (il Governo adotta un decreto-legge
nei casi di urgenza e se il Parlamento dopo non esamina e non converte non
può reiterarlo almeno in quella formula).
Nel nostro sistema, sempre con riferimento all’art.77 non c’è indicazione
riguardo alla legge di conversione; si dice semplicemente che le camere
“devono esaminare e convertire entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto
stesso”. Quindi in assenza di ulteriori vincoli alle camere si ritiene
condivisibilmente che il Parlamento (Camera e Senato) possa emendare il testo
del decreto-legge (possa modificare il testo del decreto-legge).
Questo pone dei problemi:
1. il Parlamento potendo apporre modifiche al testo inseriva gli
emendamenti che in quel momento gli sembravano più opportuni. Poiché
il testo del decreto-legge poteva essere emendato, modificato, i
parlamentari presentavano emendamenti eccentrici rispetto al contenuto
del decreto-legge. Su questo intervenne la Corte costituzionale per
censurare questa prassi in cui la Corte ha detto espressamente che è
competente a dichiarare incostituzionale la legge di conversione alias
decreto-legge se vi è eterogeneità del contenuto. Il decreto-legge ha una
sorta di via preferenziale nell’organizzazione dei lavori parlamentari
perché essendo un atto che è efficace per 60 giorni, in 60 giorni dovrà
essere esaminato e approvato da entrambe le camere (è una procedura
che sovverte l’organizzazione dei lavori parlamentari). Tuttavia, questa
prassi non è completamente scomparsa. Solo il fatto che più volte la
Corte ha ribadito questo aspetto in successive sentenze testimonia che
questo fenomeno (di eterogeneità delle leggi di conversione) è riemerso
2. l’efficacia del contenuto degli emendamenti 60 giorni decreto-legge,
61°giorno legge di conversione
Ci possono essere emendamenti soppressivi o emendamenti aggiuntivi (queste
modifiche possono aggiungere qualcosa o togliere qualcosa dal decreto-legge).
Gli emendamenti soppressivi (vanno a richiedere la soppressione di una
disposizione del decreto-legge). Nei 60 giorni il decreto-legge approvato per
una determinata disciplina ha piena efficacia su quest’ultima. Tuttavia, il
Parlamento non è convinto di ciò e adotta un emendamento soppressivo (cioè
teso a sopprimere quella parte del decreto-legge che modifica la disciplina
precedente); siccome le Camere non mi convertono quella parte del decreto-
legge, quella parte perde efficacia, decade sin dall’inizio (il primo giorno di
efficacia del decreto-legge) reviviscenza (fare un passo indietro a prima del
decreto-legge che aveva “momentaneamente” abrogato quella normativa).
Stessa procedura per quanto riguarda gli emendamenti aggiuntivi: il Governo
ha adottato il decreto-legge, le Camere in sede di conversione aggiungono
delle disposizioni non previste dal decreto-legge. Prendono spunto dal decreto-
legge, si incardinano nel decreto-legge ma aggiungono emendamenti. Da
quando hanno efficacia? Dal 61° giorno, cioè dall’entrata in vigore della legge
di conversione. La disciplina che applico dal 61° giorno in poi è quella della
legge di conversione. Questa facoltà che le camere hanno di introdurre
emendamenti induce a qualche riflessione sull’efficacia di questi emendamenti.
L’ipotesi di emendamenti soppressivi è espressamente prevista dall’art.77
ultimo comma laddove si afferma che “[…] le Camere possono tuttavia regolare
con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.” Le
camere possono quindi convertire totalmente il decreto-legge e possono anche
non convertire una parte di esso.
Altre fonti primarie
Tra gli atti aventi forza di legge vanno annoverati anche i decreti di attuazione
degli Statuti speciali e gli atti normativi che il Governo emana in caso di guerra.
Le norme di attuazione degli Statuti speciali hanno la funzione di precisare e di
attuare le previsioni contenute negli Statuti: Le disposizioni ivi contenute
costituiscono un limite alla legislazione e all'attività amministrativa regionale.
Esse hanno la forma del decreto legislativo, ma il procedimento per la sua
formazione varia a seconda delle Regioni.
A sua volta, l’art.78 Cost. prevede che le Camere, allorché deliberano con legge
lo stato di guerra, conferiscano al Governo i poteri necessari in caso di guerra
per fronteggiare le situazioni conseguenti alle necessità belliche. Tale
extra ordinem,
competenza, che rientra indubbiamente tra le fonti in quanto
connessa a una situazione imprevedibile di necessità, consente all'esecutivo di
emanare delle norme dotate di una particolare forza giuridica: esse possono,
infatti, introdurre delle deroghe temporanee alle disposizioni costituzionali,
qualora ciò sia necessario per far fronte alle necessità della guerra. In ogni
caso, i poteri “necessari” esercitabili, per quanto vasti, possono manifestarsi
soltanto nell'ambito delle attribuzioni indicate dal Parlamento. Inoltre, la
competenza del Governo è temporanea, nel senso che la possibilità di ricorrere
extra ordinem
a tale fonte cessa con il venire meno della situazione prevista
dall'art. 78 Cost., cioè con la fine dello stato di guerra. Infine, va considerato
che i poteri necessari esercitabili dal Governo sono soltanto quelli “necessari”:
deve, in altri termini, sussistere un rapporto di strumentalità e di coerenza tra
la natura delle situazioni che l'esecutivo deve fronteggiare e la qualità delle
facoltà attribuite.
La potestà regolamentare del Governo
Il fondamento costituzionale della potestà regolamentare
I regolamenti dell’esecutivo costituiscono una categoria eterogenea, tanto dal
punto di vista tipologico (regolamenti di esecuzione, di integrazione, di
organizzazione, indipendenti), quanto sotto il profilo dell’organo che li adotta
(governativi, ministeriali, interministeriali). Inoltre, pur rientrando tutti
nell’alveo delle fonti secondarie, possiedono una forza giuridica differenziata:
sia