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FLOEMA
Il floema è il tessuto in grado di traslocare i prodotti fotosintetici dalle foglie adulte ad aree non
fotosintetizzanti di accrescimento e di accumulo, comprese le radici. È chiaro che il floema
trasporta prodotti della fotosintesi a quelle foglie che non sono ancora abbastanza mature da
poter soddisfare il proprio fabbisogno soltanto con la propria attività fotosintetica. Inoltre il
floema trasmette anche dei segnali fra le sorgenti e i pozzi sotto forma di molecole regolatrici e,
anche se in maniera più blanda rispetto allo xilema, distribuisce l'acqua attraverso l'intera pianta,
nonché altri composti: tali composti possono essere trasferiti dalle foglie così come sono, oppure
possono essere metabolizzati prima di venire ridistribuiti.
POSIZIONE E STRUTTURA DEL FLOEMA
Il floema si trova nella parte esterna dei fasci vascolari, cioè verso l'interno troviamo lo xilema
mentre il floema si posiziona più perifericamente verso la corteccia.
La posizione del floema nella pianta fu intuita da Malpighi già nel 1686 è confermata dagli studi di
Mason e Maskel nel 1928.
Malpighi effettuato sul tronco di un albero un trattamento di decorticazione anulare, ossia
intagliò un anello di corteccia intorno al tronco; dopo un certo tempo si vedeva che l'estremità di
corteccia superiore al taglio si rigonfiava per l'accumulo di liquido, mentre la corteccia inferiore al
taglio non si rigonfiava e moriva: da ciò si poteva intuire che a ridosso della corteccia avvenisse il
trasporto di un liquido direzionato dalle foglie alle radici, e che tale liquido trasportasse sostanze
vitali per la pianta. 14
Mason e Muskel marcarono della con e la somministrarono alle foglie, in modo da
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seguire il percorso degli zuccheri in cui essa era stata fissata dopo il processo fotosintetico. Per
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questo tipo di esperimento si preferisce sempre usare l'isotopo radioattivo piuttosto che il
11 , quest’ultimo, infatti, ha una semivita di 20 minuti, tempo che potrebbe essere insufficiente
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per lo sviluppo dell' esperimento, mentre il ha una semivita di 5600 anni. Semivita tempo
necessario affinché la radioattività dimezzi. Per identificare la via di traslocazione degli zuccheri, i
due studiosi dovevano capire in quale tessuto della pianta andasse a finire l’isotopo radioattivo,
per cui utilizzarono la tecnica della radiografia del tessuto: in questa tecnica, il tessuto viene
rapidamente congelato, crio-disidratato, incluso in paraffina o resina e tagliato in sezioni fini. Tali
sezioni sono poi ricoperte con una pellicola di emulsione fotografica. Durante il periodo di
esposizione, la radiazione presente nella marcatura impressiona la pellicola in modo che
compaiano dei granuli d'argento in corrispondenza dei punti in cui si trova la marcatura. Il
confronto tra la sezione del tessuto e la pellicola impressionata rivela la posizione della marcatura
nel tessuto: si vide che gli zuccheri marcati erano localizzati negli elementi del cribro del floema, i
quali risultano essere situati a ridosso della corteccia.
Tuttavia, in molte famiglie di eucotiledoni esiste non solo un floema esterno rispetto allo xilema,
ma anche un floema interno.
LE CELLULE DEL FLOEMA sono definite “elementi del cribro”, termine utilizzato per designare sia
elementi dei tubi cribrosi altamente specializzati e tipici delle angiosperme, sia le cellule cribrose
poco specializzate e tipiche delle gimnosperme . Entrambe sono le cellule conduttrici del floema.
Inoltre il tessuto floematico possiede:
cellule compagne
cellule parenchimatiche
cellule della guaina del fascio, nelle piante C4 ossia cellule parenchimatiche di con pareti
ispessite che isolano il tessuto vascolare da quello parenchimatico.
DISPOSIZIONE ELEMENTI DEL CRIBRO
Gli elementi del cribro, quindi sia gli elementi dei tubi cribrosi delle angiosperme, sia le cellule
cribrose delle gimnosperme, si dispongono gli uni sugli altri a formare una sorta di “tubi” per il
passaggio del succo flemmatico.
Gli elementi del cribro sono messi in connessione grazie alle AREE CRIBROSE, cioè delle porzioni di
parete cellulare comprendenti dei pori che mettono in comunicazione le cellule conduttrici. Questi
pori sono molto piccoli e sono più o meno uguali in tutte le gimnosperme, nelle quasi si riuniscono
in grandi cavità al centro della parete; i pori e la cavità sono occupati dal reticolo endoplasmatico
liscio.
A differenza di quanto non accada nelle gimnosperme, nelle angiosperme alcune aree cribrose
degli elementi dei tubi cribrosi si specializzano in PLACCHE CRIBROSE: esse sono delle estese aree
comprendenti pori molto più grandi rispetto a quelli delle aree cribrose, e si trovano sulle pareti
terminali degli elementi dei tubi cribrosi, ossia nel punto in cui elementi del tubo cribroso si
uniscono a formare il tubo cribrosoQuesto vuol dire che, fondamentalmente, i pori delle placche
cribrose degli elementi dei tubi cribrosi sono dei canali aperti che permettono il trasporto tra le
cellule
ORGANULI ELEMENTI DEL CRIBRO
Gli elementi del cribro possiedono:
PARETI non lignificate, anche se in certi casi presentano degli ispessimenti secondari;
la membrana plasmatica è uno dei pochi organuli presenti negli elementi del cribro: infatti
queste cellule, durante lo sviluppo, perdono: nucleo, tonoplasto, microtubuli,
microfilamenti, apparato del Golgi e ribosomi; conservando: mitocondri modificati, plastidi
e reticolo endoplasmatico liscio.
Negli elementi dei tubi cribrosi delle angiosperme, tra cui tutte le dicotiledoni e molte
monocotiledoni, mai nelle gimnosperme, si trova una particolare proteina detta proteina P, che è
coinvolta nei meccanismi di riparazione a breve termine degli elementi del cribro danneggiati.
A livello molecolare, è stato visto che la proteina P è costituita da due principali proteine:
PP1, ossia proteina filamentosa del floema,
PP2, ossia la lectina del floema associata ai filamenti. In generale, una lectina è una
proteina che lega i carboidrati associata alla difesa della pianta.
Entrambe le proteine sono sintetizzate nelle cellule compagne, da cui poi passano gli elementi dei
tubi cribrosi attraverso i plasmodesmi: negli elementi dei tubi cribrosi a seconda della specie e del
grado di maturità della cellula, le proteine P possono trovarsi in diverse forme: tubulare, fibrillare,
granulare e cristallina.
Per esempio, nella cellula immatura la proteina P è essenzialmente presente sotto forma
granulare, in quanto si organizzano i cosiddetti corpuscoli di proteina P nel citosol; tali corpuscoli
durante la maturazione della cellula si disperdono in forme tubulari e fibrillari.
L'azione delle proteine P consiste nell’accumularsi insieme ad altri inclusi cellulari nei pori della
placca cribrosa, evitando così la perdita di succo floematico in caso di taglio o ferita.
Infatti nei tubi cribrosi è presente un’elevata pressione di turgore; se un tubo cribroso viene
danneggiato la liberazione di questa pressione provocherebbe il movimento del contenuto delle
cellule verso il taglio con conseguente ingente perdita di succo flemmatico.
Oltre a questo meccanismo di riparazione a breve termine, ne esiste anche uno a lungo termine,
ossia la produzione di callosio all'interno dei pori cribrosi. Il callosio è un β-1,3 Glucano (quindi un
polimero del glucosio), che viene sintetizzato dall'enzima di membrana plasmatica callosio sintasi
e depositato tra membrana e parete.
Esistono:
callosio da ferita in caso di lesione,
callosio definitivo in caso di cellule morenti,
callosio da dormienza, prodotto dagli elementi cribrosi delle piante perenni durante
l'inverno, affinchè le basse temperature non le danneggino.
Una volta che l'elemento del cribro guarisce dalla ferita, il callosio sparisce dai pori, in quanto
viene enzimaticamente idrolizzato.
La Oryza Sativa (riso), può essere attaccato da un insetto, il Nilaparvata Lumen, che succhia il
floema. Per garantire il proprio approvvigionamento di succo floematico, l'insetto riesce in
qualche modo ad attivare i geni per l’idrolisi del saccarosio, mettendo in grave pericolo la pianta.
Per tale motivo, quando questo insetto attacca, nella pianta di riso si verifica una sovra
regolazione dei geni della callosio sintasi.
CELLULE COMPAGNE
Nelle angiosperme, ogni elemento del tubo cribroso è associato a una o più cellule compagne
mediante i plasmodesmi, che penetrano le pareti cellulari mettendo in comunicazione i loro
citoplasmi, garantendo lo scambio rapido di soluti.
Caratteristiche e funzioni:
1. l'elemento del tubo cribroso e le cellule compagne ad esso associate derivano dalla
divisione della stessa cellula madre
2. le cellule compagne trasportano i prodotti fotosintetici delle cellule produttrici delle foglie
mature agli elementi dei tubi cribrosi nelle venature minori (più piccole) della foglia.
3. Si fanno carico della sintesi proteica, fattore estremamente necessario visto che gli
elementi dei tubi cribrosi perdono ribosomi, nucleo e Golgi durante la maturazione
4. Essendo ricche di mitocondri, le cellule compagne costituiscono le sorgenti di ATP per le
cellule dei tubi.
Nelle venature minori delle foglie mature si distinguono 3 tipi di cellule compagne:
1) Cellule compagne ordinarie (o comuni): sono le più comuni e sono caratterizzate da
cloroplasti con tilacoidi ben sviluppati e da pareti cellulari con superficie interna liscia. Uno
scarso numero di plasmodesmi collega le cellule compagne ordinarie con le cellule che li
circondano, ad eccezione che con i propri elementi del cribro.
2) Cellule transfer: sono molto simili alle cellule compagne ordinarie, ma con la differenza che
le loro pareti hanno sviluppato delle invaginazioni digitiformi, molto abbondanti nella
porzione di parete opposta alla parete in contatto con la parete cellulare del proprio
elemento del tubo cribroso; tali invaginazioni della parete aumenta la significamente la
superficie del plasmalemma, ottimizzando il trasferimento di soluti attraverso la
membrana. Le cellule transfer possiedono pochissimi plasmodesmi che sono per lo più
concentrati nella zona di contatto con gli elementi del cribro; per via della scarsità di
plasmodesmi e per la presenza di invaginazioni della parete, le cellule transfer insieme alle
cellule compagne ordinarie sembrano essere specializzati nell'assunzione di soluti
dell'apparato parete.
3) Cellule intermediarie: a differenza delle precedenti queste cellule possiedono un gran
numero di plasmodesmi che connettono con le cellule circostanti, soprattutto con le cellule
della guaina del fascio: cioè vuol dire che sono cellule tipiche delle piante C4. Sono
caratterizzate dalla presenza di numerosi piccoli vacuoli e da cloroplasti privi di granu