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VOLUMI E CIRCOLAZIONE
Il volume telediastolico è la quantità di sangue che entra nel ventricolo dopo la diastole
ventricolare, quello telesistolico è quello che rimane nel ventricolo dopo la sistole. La
quantità di sangue è uguale a destra e a sinistra anche se la pressione è diversa per le
diverse distanze. Il volume sistolico è il sangue pompato da ciascun ventricolo in un battito
(VS = VTD - VTS). Il parametro fondamentale è la gittata
cardiaca in litri al minuto. Durante
l’esercizio fisico aumenta la frequenza
da 5-6 L/min ad anche 20-25 L/min.
La regolazione avviene a livello del
bulbo.
Questi volumi passano nei vasi, le
arterie sono innervate
dall’ortosimpatico mentre i capillari
hanno solo endotelio e mano a mano
diventano venosi.
I polmoni sono irrorati dalle arterie bronchiali che non
prendono sangue dal circolo polmonare ma da arterie
che partono dall’aorta come accade per gli altri tessuti
come anche il cuore. Può accadere che il sangue
ossigenato presente nelle vene polmonari venga un po’
sporcato dal sangue in arrivo dalle vene bronchiali. Il
sangue prima che arriva da stomaco e intestino può
passare prima dal fegato (ci sono due circoli in capillari
in serie), la vena che collega i due circoli è la vena
porta, il fegato si occupa di filtrare il suo contenuto di
sangue, per prendere ciò che gli serve e liberarlo da
elementi dannosi. Il fegato ha però ovviamente bisogno
di sangue ossigenato, e questo gli viene portato
dall'arteria epatica, ci sono quindi due circolazioni.
Nel rene i due circoli capillari sono in serie sullo
stesso organo, uno per la produzione di urina e uno
per lo scambio coi tessuti.
Nel circolo cardiaco la pressione pulsatoria, si alza all’inizio e si abbassa alla fine, senza
mai scendere a 0 nemmeno al rientro tramite le vene. La pressione media è 95 mmHg ma
alla fine delle arterie diminuisce fino al valore medio e diventano meno elastiche (il calibro è
stretto), per poi diventare di 15 e fino a 3-4 nelle vene cave. Nelle vene la pressione è
mediamente di 10 mmHg, per questo non zampilla se ci tagliamo.
L’aorta ha un diametro di circa 2,5 cm, man mano che si va in periferia il calibro si riduce
fino a pochi millimetri per poi ricrescere nelle vene. I capillari per sono molto numerosi quindi
la sezione attraverso cui può passare il sangue è maggiore rispetto a quello del grande vaso
singolo, ciò che conta è la sezione complessiva data dal numero di vasi. I capillari riescono
ad avere una bassa pressione anche se sono di calibro più piccolo appunti perché sono
numerosi, la sezione complessiva è molto grande. La velocità è minore ma la sezione è
maggiore e questo ci permette di far passare la stessa quantità di sangue sia nel grande
vaso (aorta) sia nei migliaia di capillari.
La pressione del circolo sistemico è 80/120, quella nel circolo polmonare è circa 15/20
mmHg. La frequenza è uguale alla pressione fratto la
resistenza del condotto, analogamente all’elettricità
lungo un filo.
Bisogna mantenere l'omeostasi pressoria, se si
ha una pressione alta si possono danneggiare i
vasi, se bassa non arriva abbastanza sangue.
Come si modifica la pressione? Modificando la
resistenza, se ci alziamo in piedi velocemente si
riduce la pressione, quindi dobbiamo aumentare R
per far alzare la pressione, le resistenze sono
determinate dalla viscosità del sangue (n, più è
viscoso più la resistenza è alta), dalla lunghezza
del condotto e dal raggio (fattore molto importante
perché pesa alla quarta). Il nostro organismo non
può modificare la viscosità del sangue, la
lunghezza dei vasi nemmeno, ma può intervenire
attraverso l’attivazione dell’ortosimpatico con
vasocostrizione (la resistenza aumenta) e vasodilatazione, quindi può intervenire
modificando il raggio. Le due tipologie di flusso
esistono anche a livello dei
vasi. Ci possono essere
placche arterosclerotiche,
che possono portare a
ischemia e infarto. Gli organi
che possono essere più
coinvolti sono il cuore e il
cervello.
Come si fa a capire se c’è
una placca nel vaso?
Come col cuore sentendo i diversi suoni sulla carotide tramite stetoscopio.
I capillari possono essere continui, con cellule saldate senza spazi, e fenestrati, con buchi
di varie dimensioni che consentono il passaggio di liquido facilitando gli scambi. In quelli
continui le sostanze arrivano nell’interstizio attraverso la cellula, quindi il materiale deve
essere liposolubile come i gas. Lo stesso non vale per il glucosio che viene trasportato
tramite le pompe presenti nei capillari continui. Questi sono situati a livello cerebrale
(barriera ematoencefalica), il cervello infatti controlla attentamente ciò che gli arriva,
questo crea problemi nella farmacologia, dato che se non si hanno farmaci idrosolubili
dobbiamo essere sicuri che ci siano trasportatori per essi. Nel parkinson per es. non ci
sono neuroni che producono dopamina nel mesencefalo, sono degenerati, ma non gli si può
dare dopamina per aiutarli perché non passa a livello cerebrale. Si fornisce un precursore
della dopamina che entra nelle cellule rimaste vive che lo trasformano in dopamina cercando
di migliorare la sintomatologia.
I pori più grandi sono a livello epatico. Oltre alla diffusione c’è anche lo scambio per
filtrazione favorito dalla pressione. Oltre alla pressione idrostatica quali forze entrano in
gioco?
C’è anche la pressione osmotica in base ai soluti nel sangue che trascina l’acqua
dall’esterno all’interno del capillare. Ci sarà un punto in cui le due pressioni si equivalgono e
poi si invertono, sarà maggiore la forza aspirante di quella in uscita, si riassorbono i liquidi.
La forza con cui esce è minore di quella con cui entra però, quindi c’è una tendenza ad
accumulare liquidi e soluti nell’interstizio, che si accumulano se non vengono smaltiti
causando edema. Il liquidi sarà assorbito dai vasi linfatici che riporteranno il tutto all’interno
delle vene in condizioni non patologiche. Se questo si sbilancia però per es. se si è
cardiopatici, il cuore pompa meno sangue e si hanno pressioni sballate, il sangue è smaltito
con più fatica. La pressione diventa troppo elevata senza consentire riassorbimento e
portando accumulo quindi edemi. L’accumulo interstiziale può avvenire anche tra gli alveoli
nell’edema polmonare, dove i gas devono passare anche attraverso i liquidi e questo è un
problema che porta a dispena.
APPARATO RESPIRATORIO
Viene espulsa poca aria rispetto a
quella che circola nei polmoni. Gli
alveoli sono rivestiti da capillari
alveolari del piccolo circolo
(polmonare), provengono
dall’arteria polmonare e finiscono
nella vena polmonare per arrivare al
cuore di sinistra. Ci sono delle fibre
elastiche che rivestono gli alveoli,
le quali si mettono in tensione più gli
alveoli si riempiono d’aria (come
palloncini).
Tra un alveolo è l’altro c’è lo spazio
interstiziale, dove possono passare alcuni capillari sottili, dove passa un globulo rosso alla
volta. Ci sono punti in cui il capillare tocca la parete dell’alveolo.
C’è anche il surfactante, che riveste l’alveolo all’interno, le molecole d’acqua infatti riducono
al massimo il contatto con l’aria per la tensione superficiale, il solido che riduce al massimo
ciò è la sfera, mano a mano che l’alveolo si riempie le goccie superficiali tendono a ridurre la
superficie a contatto con l’aria (l’acqua tende ad andare in profondità). Se le gocce sono
molto piccole c’è una tensione superficiale ancora più alta, il surfactante riduce la tensione
superficiale. Il surfactante deve essere presente in quantità sufficiente.
ATTO RESPIRATORIO Il volume dei polmoni aumenta
grazie ai muscoli inspiratori, il
più importante è il diaframma,
che contraendosi si appiattisce.
Ci sono poi i muscoli
intercostali esterni, che fanno
sollevare le coste.
La membrana che riveste il
polmone, la pleura, all’interno
contiene un liquido, il quale fa
aderire il foglietto pleurico
interno ed esterno e gli permette
di scorrere uni sull’altro. Quello
attaccato al polmone è detto
viscerale, quello alla gabbia
toracica parietale.
Quando inspiriamo il diaframma
si abbassa, i polmoni si
espandono seguendo le pleure,
la pressione si riduce ed è
maggiore all’esterno. L’aria
dall’esterno inizia ad entrare
secondo gradiente pressorio, fino a quando le pressioni ritornano uguali. Se espiriamo la
pressione interna aumenta e l’aria esce. Questo succede perché mollando la tensione dei
muscoli inspiratori il polmone torna elasticamente indietro facendo uscire l’aria. La
respirazione eupnoica è quella corretta, a riposo in condizioni normali con inspirazione che
avviene attivamente ed espirazione che avviene passivamente.
Ci sono anche muscoli inspiratori accessori, cioè attivati solo in condizioni di
inspirazione forzata (normalmente il volume corrente è mezzo litro), per es. c’è lo
sternocleidomastoideo. Ma ci sono anche muscoli espiratori accessori, che intervengono
nell’espirazione
forzata, per es.
intercostali interni,
addominali per
comprimere i
polmoni.
Conoscere questi
valori perché
potremmo fare una
spirometria ad un
paziente. La
quantità d’aria
massima che può
essere contenuta
nei polmoni sono 6
litri per un maschio,
per una femmina
4-4,5. Viene detto al soggetto fornito di boccaglio di fare normali atti respiratori. Il sistema
non parte da 0 c’è un volume, la capacità funzionale residua, aria contenuta già prima che
entrino i 500 ml. Siamo a 2,2 L e se ci impegnamo ad espellere aria, riusciamo ad espellere
circa 1 L, questo è il volume di riserva espiratorio, il torace non può diventare più piccolo,
c’è sempre aria nei polmoni (volume residuo). Se invece inspiriamo tutto ciò che riusciamo
aggiungiamo ai 500 un volume di riserva inspiratorio. Poi si chiede ad un paziente di
svuotare più aria possibile e riesce ad espellere 3,3 L, fino al volume di riserva espiratorio.
La capacità vitale è la massima quantità di aria che il soggetto può scambiare con l’esterno
in espirazione o inspirazione.
Come accade col cuore possiamo a