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MOTO CIRCOLARE UNIFORME

Che cos’è il moto circolare uniforme?

Il moto circolare uniforme è li moto di un punto che si muove lungo una

circonferenza con una velocità costante in modulo, ma non in direzione e

verso. Da un punto di vista geometrico essendo la traiettoria circolare, dovrò

disegnare una circonferenza (non un cerchio).

O è il centro della circonferenza. Scegliamo li verso di percorrenza del corpo

che assumeremo sia antiorario, perché convenzionalmente, è positivo.

Allora, il moto circolare uniforme è il moto di un corpo che si muove lungo una

circonferenza, quindi la sua traiettoria è interamente una circonferenza, ed è

uniforme.

Se fosse uniforme potrei dire che la velocità sia costante ma se lo facessi

sarebbe sbagliato, in quanto la velocità è sempre tangente, ciò vuol dire che

man mano che questo punto si muove lungo la circonferenza, il vettore velocità

cambia in direzione e verso, restando costante in modulo. Non posso dire che

così la velocità sia costante, ma posso dire che il modulo della velocità lo sia.

Un corpo che si muove di moto circolare uniforme soddisfa certi requisiti

particolari. Abbiamo detto che il modulo della velocità è costante, ma la

velocità intesa complessivamente non lo è. Allora, se la velocità non è

costante, deve esistere un'accelerazione, diversa da zero. Il fatto che si tratti di

un moto uniforme mi potrebbe trarre in inganno perché mi farebbe pensare che

la velocità sia costante e l'accelerazione sia pari zero, invece no.

L'accelerazione esiste perché la velocità cambia in direzione e verso. Questa

accelerazione in ogni punto, punta il centro della circonferenza e quindi si

chiama accelerazione centripeta. C'è una relazione geometrica molto chiara

tra velocità istantanea e accelerazione centripeta ossia sono perpendicolari. La

velocità è in tutti i punti tangente alla traiettoria in quel punto, invece,

l'accelerazione è diretta verso il centro della circonferenza ed è diretta lungo il

raggio. Velocità e accelerazione sono sempre perpendicolari.

Allora, riassumendo, che cos'è il moto circolare uniforme? È il moto di un corpo

che si muove lungo una circonferenza, con una velocità che cambia, istante per

istante in

direzione e verso, ma è costante in modulo, da qui uniforme.

Il fatto che cambia costantemente in direzione e verso fa si che ci sia

un'accelerazione, che è proprio quella grandezza fisica che esprime questa

variazione. Però c'è un particolare, velocità e accelerazione in tutti i punti

sono perpendicolari. L'accelerazione centripeta in modulo è uguale alla

velocità al quadrato diviso il raggio.

Quindi, tre tipi di moto, il moto rettilineo uniforme e uniformemente accelerato,

descrivono quello che succede ad esempio, ad una cellula del nostro corpo nel

torrente circolatorio.

Il moto circolare uniforme sarà molto utile per vedere come funzionano degli

strumenti che si utilizzano nella pratica clinica reale per distinguere ad

esempio, delle proteine le une dalle altre, utilizzando li fatto che sono sistemi

carichi che si muovono in un campo magnetico.

16/10/2024 (prof. Giulio Caracciolo)

APPLICAZIONI DELLA CINEMATICA IN NANOMEDICINA

Poniamo lo sguardo su due applicazioni interessanti della nanomedicina ovvero

approcci terapeutici che utilizzano sistemi che vivono nella scala di grandezza

nanometrica (10^-9) e micrometrica (10^-6).

È importante verificare la veridicità dei dati scientifici che la comunità accetta se e solo

se pubblicate su riviste scientifiche. La ricerca in campo medico non viene fatta dai

medici stessi, ma da un’equipe multidisciplinare che ne enfatizza il ruolo. Ad esempio,

noi siamo localizzati alla Sapienza ma abbiamo un network di interazioni in Europa e

negli Stati Uniti che fanno sì che tanti aspetti come quelli che vedremo oggi possano

essere simultaneamente affrontati, cosa non è scontata per una piccola realtà di

laboratorio. È molto frequente utilizzare la distribuzione Gaussiana in statistica.

TERAPIA ANTITUMORALE E CHEMO MAN

E poi abbiamo anche la terapia antitumorale, che funziona però in maniera differente.

Abbiamo in un certo tessuto del nostro corpo (nel caso dei tumori solidi) o anche nel

sangue (nel caso dei tumori liquidi) delle cellule tumorali: la ricerca, specialmente in

ambito chimico e farmacologico, ci ha fornito negli ultimi 50 anni tante molecole

naturali (ad esempio, una molto famosa è estratta da un’alga dell’Adriatico e che è

ancora oggi un farmaco di prima linea negli ospedali) o di sintesi; l’idea semplificata è

che quando una molecola terapeutica riesce a raggiungere il sito tumorale, “uccide” la

cellula tumorale e idealmente il paziente guarisce. Il problema di molti di questi approcci è

la tossicità, specialmente per la terapia tumorale. I chemioterapici sono sicuramente un

approccio necessario, però contestualmente sono associati ad una forte tossicità perché

abbiamo il problema della cosiddetta “dose efficace”, ovvero il quantitativo di molecole che

devo somministrare per indurre un effetto terapeutico nel paziente è talmente ampio che si

creano effetti collaterali in altri distretti. La molecola terapeutica si distribuisce infatti in

maniera ubiquitale nel corpo. I farmaci non sono sito-specifici, target in inglese, cioè non

vanno al bersaglio, quindi dobbiamo aumentare la dose.

Chemo man,

Questo è ovvero un soggetto che idealmente ha ricevuto somministrazione

di tanti farmaci antitumorali, di tutti quelli che sappiamo determinare delle forti risposte

immunitarie avverse. Ognuna di queste lettere sul corpo di Chemo man è l’iniziale della

molecola ed è posizionata sul sito dove si presenta maggiore tossicità.

Ad esempio, una molecola che noi utilizziamo molto spesso in laboratorio è la

doxorubicina (D), che viene estratta da un’alga (il farmaco a cui facevamo riferimento

prima), che però è molto cardiotossico. Analogamente abbiamo farmaci di altre

molecole, come la vipressina (V verde) che determina tossicità periferica, o altri ancora

che determinano neurotossicità e così via. L’idea è quindi: dal momento che voglio

ottenere in un sito d’azione una dose di farmaco sufficientemente grande da indurre una

risposta terapeutica, gli effetti collaterali sono molto alti.

Come si può fare?

Tutte queste esigenze (molecole instabili nel caso degli acidi nucleici e la necessità di

forti dosi nel caso dei chemioterapici) hanno una soluzione comune che è quella dei

nanovettori. La rappresentazione generale ci sta dicendo che dentro una vescicola così

io posso mettere un acido nucleico, un farmaco o un tracciante (cioè una sonda per

vedere dove stiamo andando), e se guardo le lunghezze di scala, la cosa interessante è

che questi oggetti che si realizzano sinteticamente in laboratorio e che incapsulano il

principio attivo sono grandi da una a cento milioni di volte più piccoli di una pallina da

tennis, eppure la loro efficacia è notevole.

Quindi, il vantaggio è duplice: da un lato riesco a proteggere molecole come il DNA e

l’RNA che sarebbero altrimenti fortemente degradabili, ma contestualmente, dal

momento che le proteggo, riesco a diminuire la dose necessaria. La protezione del carico

fa sì che in grossa percentuale queste molecole siano invisibili al sistema immunitario,

che tenderebbe ad eliminarli. Quindi, si dosa l’efficacia del principio attivo trasformato

e se ne dosa la tossicità.

Queste sono le cellule che tendono a racchiudere il vaso. Se noi prendiamo il nostro

farmaco, lo mettiamo dentro un nanovettore e lo somministriamo per via sistemica (per

via sistemica vuol dire un’iniezione, quindi nel sangue), lui si muoverà tendenzialmente,

ma riuscirà a passare dal vaso alla cellula bersaglio, viene internalizzato dalla stessa e

qui rilascia il suo carico terapeutico.

Cinematica intracellulare e Efficienza Terapeutica

Esiste quindi un collegamento tra la cinematica intracellulare di questi sistemi e il fatto

che siano effettivamente efficaci dal punto di vista terapeutico? Per scoprirlo si sta in

laboratorio e si utilizzano le cosiddette colture cellulari (nell’immagine cellule epiteliali)

che vengono ispezionate al microscopio (in questo caso al microscopio ottico). Però

così, la cellula è un po' troppo piccola per vedere queste vescicole cariche di principio

terapeutico e poi non riuscirei assolutamente a distinguerle, cioè la risoluzione non è

sufficiente per guardare dentro.

Allora, cosa si fa? Si utilizza una versione di microscopia (microscopia confocale) e,

utilizzando delle sonde fluorescenti (marcatori) si riesce a rendere visibili le diverse

architetture cellulari e quindi rende possibile lo studio di processi che altrimenti non si

potrebbero investigare.

Nella foto, in verde i microtubuli, in rosso i filamenti di actina e in blu il nucleo.

A questo punto, utilizzando il principio della simmetria, sfruttiamo il concetto di

traiettoria (insieme dei punti descritti da un corpo che si sta muovendo).

C’è un modo per collegare la geometria di una traiettoria a quanto un farmaco

incapsulato in un vettore sia realmente efficiente? Si. Come?

Studiamo la questione con le vescicole esogene, ovvero quelle che abbiamo realizzato

in laboratorio e caricate con il principio attivo e che vogliamo utilizzare, rendendole

marcatore fluorescente.

visibili attraverso un Tutti i segmenti descrivono la traiettoria

che il nostro vettore sta descrivendo dentro la cellula del nostro corpo (grande circa 100

micron, non esiste una risposta univoca ma un intervallo di dimensioni). Attraverso

queste tecniche riusciamo a seguire il comportamento di una singola vescicola

terapeutica studiandone il moto.

Quello che si può osservare è che le possibili traiettorie sono tendenzialmente

schematizzabili in due grandi categorie:

traiettorie cosiddette rettilinee, che sono delle traiettorie per così dire spezzate

e composte da tutti i tratti approssimativamente rettilinei.

traiettorie in cui il moto è più causale (diffusione Browniana), che somiglia ad

un gomitolo, un moto caotico e non regolare.

Le due si distinguono visivamente.

STUDIO TRAIETTORIA DEI MICROTUBULI

A questo punto, per studiare il coinvolgimento di actina e microtubuli nel moto

intracellulare, ovvero nella cinematica dei vettori, realizziamo un esperimento: ci

concentriamo principalmente sui microtubuli perché è noto che in biologia siano

coinvolti nel cosiddetto trafficking intracellulare delle vescicole. Ad esempio,

l’insulina, prodotta dalle cellule beta delle isole di Langerhans del pancreas, viene in

seguito esocitat

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Publisher
A.A. 2024-2025
54 pagine
SSD Scienze mediche MED/34 Medicina fisica e riabilitativa

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alessia211. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fisica medica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Caracciolo Giulio.