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HANS KELSEN: VITA, TEORIA E INFLUENZA CONTEMPORANEA

Il formalismo giuridico è stato oggetto di numerose critiche per il suo carattere

eccessivamente tecnico e per la sua presunta indifferenza verso le esigenze morali e sociali.

Nonostante ciò, rimane uno dei pilastri del pensiero giuridico moderno, in grado di fornire

strumenti per comprendere e analizzare il diritto in termini di pura normatività.

Hans Kelsen è nato a Praga nel 1881 e si è trasferito presto a Vienna, dove ha studiato

giurisprudenza laureandosi nel 1906. Durante gli anni universitari, ha dimostrato una spiccata

capacità critica nei confronti dell'insegnamento giuridico austriaco. Dopo la laurea, ha

trascorso un breve periodo di studio a Heidelberg, dove ha seguito le lezioni di Georg

Jellinek. In seguito, ha insegnato a Vienna e ha contribuito alla stesura della Costituzione

austriaca del 1920. Con l'ascesa del nazismo, è stato costretto a lasciare l'Università di

Colonia e a emigrare prima in Svizzera e poi negli Stati Uniti, dove ha continuato a insegnare

e a sviluppare la sua teoria del diritto come sistema normativo dinamico.

Una delle opere più importanti di Hans Kelsen è La dottrina pura del diritto (1934), in cui

elabora la teoria della norma fondamentale (Grundnorm) e la concezione dell'ordinamento

giuridico come sistema dinamico, in cui ogni norma deriva la sua validità da una norma

superiore. Secondo Kelsen, il diritto deve essere studiato come un sistema autonomo,

separato dalla morale e dalla politica.

Nella sua opera Dottrina generale dello Stato (1925), Kelsen introduce la concezione dello

Stato come entità definita dalla sua capacità di decidere e di esercitare il potere normativo.

Questo approccio si basa sulla sua tesi per cui lo Stato è essenzialmente la sua capacità di

decidere, e non solo un insieme di istituzioni e leggi.

Durante il suo periodo di insegnamento a Colonia, Kelsen si è scontrato con Carl Schmitt sul

ruolo del "Guardiano della Costituzione". Mentre Kelsen sosteneva che questo ruolo dovesse

essere affidato a una corte costituzionale, Schmitt riteneva che spettasse al Presidente. In

seguito, durante il suo esilio in Europa, Kelsen ha continuato a esprimere riserve sulla

creazione di un tribunale internazionale per i crimini di guerra, a causa della sua

composizione e della limitata giurisdizione che avrebbe potuto esercitare.

Kelsen ha sempre promosso un approccio rigorosamente scientifico allo studio del diritto, sia

durante il suo periodo di insegnamento a Vienna che durante il suo esilio negli Stati Uniti. Ha

continuato a sviluppare la sua teoria del diritto come sistema normativo dinamico e ha

sostenuto che la pace mondiale potesse essere garantita solo attraverso la creazione di un'Alta

Corte internazionale e di un organo sovranazionale in grado di far rispettare le sue decisioni.

Hans Kelsen è stato un importante giurista del XX secolo, la cui vita è stata segnata dall'esilio

e dalle difficoltà politiche. Il suo coraggio e la sua coerenza lo hanno reso un pensatore di

spicco, in grado di difendere la razionalità, l'autonomia del diritto e il metodo scientifico. Le

sue opere continuano ad influenzare il diritto contemporaneo, offrendo una base teorica per

comprendere le relazioni tra norme, Stato e società in un mondo sempre più interconnesso.

La dottrina pura del diritto, pubblicata da Hans Kelsen nel 1934, rappresenta una rivoluzione

teorica nel panorama giuridico del XX secolo. Essa si propone come un'analisi rigorosamente

scientifica dell'ordinamento giuridico, separando il diritto da ogni elemento esterno come

morale, politica, sociologia o psicologia. Kelsen definisce "pura" la sua dottrina in quanto si

costituisce unicamente nel perimetro del giuridico, senza ricorrere ad elementi esterni. Una

delle basi teoriche della dottrina è la critica alla concezione del diritto come espressione della

volontà dello Stato, sostenuta da Georg Jellinek. Kelsen respinge questa visione, ritenendola

metodologicamente carente poiché introduce elementi estranei all'ambito giuridico,

compromettendo la scientificità del diritto. La dottrina pura del diritto si basa sulla

distinzione tra legge naturale e norma giuridica, in cui le leggi naturali descrivono un

rapporto causale di necessità, mentre le norme giuridiche prescrivono ciò che deve essere

fatto, assumendo la possibilità che il comportamento prescritto non venga rispettato. Inoltre,

la validità di una norma giuridica non deriva dal suo contenuto, ma dalla sua appartenenza a

un sistema normativo coerente e riconosciuto, culminando nella Grundnorm o norma

fondamentale. Tuttavia, la teoria comporta il rischio di un regresso all'infinito, poiché ogni

norma dipende da un'altra.

LA TEORIA DELLA NORMA FONDAMENTALE DI KELSEN

La teoria della norma fondamentale di Hans Kelsen nasce dalla necessità di risolvere il

problema di giustificare la validità di un sistema normativo. Secondo Kelsen, il diritto non

può trovare il proprio fondamento in elementi esterni come la morale, la politica o la

religione. La Grundnorm, una norma fondamentale ipotetica, è il presupposto logico che

garantisce la validità di tutto l'ordinamento giuridico.

Il problema di "fondare" l'ordinamento è centrale nella teoria giuridica. Kelsen sostiene che

l'unità di una pluralità di norme giuridiche è data dall'ordinamento giuridico, il quale non può

essere fondato su elementi esterni come la morale o la politica. La dottrina pura del diritto

risolve questo problema postulando l'esistenza della Grundnorm, una norma fondamentale

che non è posta da alcun atto giuridico.

La Grundnorm, termine tedesco che significa fondamento o norma fondamentale, è il

presupposto logico che garantisce la validità di tutto l'ordinamento giuridico. Non è una

norma giuridica positiva, ma un'idea ipotetica che rende possibile l'esistenza di un sistema

normativo coerente. Secondo Kelsen, ogni ordinamento giuridico deve essere ancorato a una

Grundnorm, che non è universale ma specifica per ogni ordinamento.

Kelsen distingue tra fatticità (Faktizität) e normatività (Normativität) nel suo pensiero. Egli

respinge l'idea che il diritto possa essere ridotto a un fatto empirico, poiché ciò

comprometterebbe la sua natura normativa. La Grundnorm, come costruzione trascendentale,

opera come ponte tra la dimensione della normatività e quella della fatticità, permettendo di

considerare l'ordinamento giuridico come un sistema valido e coerente.

Kelsen rifiuta il giusnaturalismo, sostenendo che la giustizia è un ideale soggettivo e non può

costituire il fondamento del diritto positivo. La Grundnorm, al contrario, è un presupposto

teorico che consente di comprendere il diritto come un sistema autonomo, fondato su principi

logici. Tuttavia, la dottrina pura del diritto non è immune da critiche, poiché alcuni studiosi la

accusano di essere una scelta assiologica e di essere troppo astratta per rispondere alle

esigenze pratiche della giurisprudenza.

La teoria della norma fondamentale rappresenta il cuore della dottrina pura del diritto di

Kelsen e uno dei contributi più innovativi alla filosofia giuridica moderna. Pur essendo un

concetto ipotetico, la Grundnorm consente di spiegare la coerenza e la validità degli

ordinamenti giuridici senza ricorrere a elementi extra-giuridici. Sebbene abbia sollevato

critiche per la sua astrazione, rimane un punto di riferimento imprescindibile per

comprendere il diritto come fenomeno normativo. La sua distinzione tra normatività e

fatticità ha influenzato profondamente il dibattito accademico, confermando l’importanza del

pensiero di Kelsen nella filosofia del diritto contemporanea.

GIORGIO DEL VECCHIO: GIUSTIZIA E IDEALISMO LEGALE

ITALIANO

Giorgio Del Vecchio è stato un filosofo del diritto italiano che si è distinto per la sua adesione

giuridico. Nato nel 1878 a Genova, si formò inizialmente nell’ambito del

al neo-kantismo

positivismo giuridico, ma successivamente si avvicinò al pensiero kantiano, cercando di

adattarlo alle nuove esigenze del diritto moderno. Fu rettore dell’Università La Sapienza di

Roma dal 1925 al 1927 e la sua opera più celebre è "Il concetto del diritto", che rappresenta

una pietra miliare nel pensiero giuridico italiano.

Nel primo Novecento, il panorama della filosofia del diritto in Italia era segnato da un

confronto tra diverse correnti intellettuali, tra cui spiccavano il positivismo giuridico, il

giusnaturalismo cristiano di orientamento conservatore e il nascente idealismo giuridico. In

questo contesto, la figura di Giorgio Del Vecchio si inserisce come un punto di riferimento

per il neo-kantismo giuridico, una corrente che cercava di rivalutare il pensiero kantiano

adattandolo alle nuove esigenze del diritto moderno.

Nel 1906, Del Vecchio pubblicò la sua opera più celebre, "Il concetto del diritto", in cui

propone una definizione del diritto come una "coordinazione obiettiva delle azioni possibili

l’impedimento".

tra più soggetti, secondo un principio etico che le determina, escludendone

Questo concetto sottolinea la distinzione tra diritto e giustizia, una separazione fondamentale

per il pensiero del filosofo. Inoltre, Del Vecchio sostiene che il diritto positivo è soggetto a

una dimensione apriorica nell’esperienza giuridica

mutamenti storici e culturali, ma che esiste

che permette di individuare i principi immutabili alla base del diritto.

Per Del Vecchio, il diritto si caratterizza per la sua esteriorità, mentre la morale riguarda

l’interiorità del soggetto. Questa distinzione è fondamentale per comprendere il suo concetto

del diritto, in cui il primo è regolato da norme esterne, mentre il secondo è guidato da principi

etici interiori. Inoltre, Del Vecchio sottolinea che il diritto e la morale si distinguono anche

per la loro dipendenza rispetto all’universale e al particolare.

Del Vecchio propone un metodo di studio del diritto basato su tre criteri fondamentali: il

criterio logico, che si occupa della coerenza interna del diritto; il criterio fenomenologico, che

analizza il diritto come fatto storico e culturale; e il criterio deontologico, che indaga i

principi etici alla base del diritto. Questo approccio multidisciplinare permette di

comprendere il diritto in tutte le sue sfaccettature e di analizzarlo in modo completo e

approfondito.

L'ideale della giustizia è il fulcro del pensiero giuridico di Del Vecchio e rappresenta il

momento culminante della sua riflessione filosofica. Secondo l'autore, l'ideale della giustizia<

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Publisher
A.A. 2024-2025
43 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alexandra0_0 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Universita telematica "Pegaso" di Napoli o del prof Mori Valerio.