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LINGUA E INTELLIGENZA ARTIFICIALE

L'idea di costruire macchine artificiali che siano capaci di svolgere compiti solitamente affrontati da esseri umani è molto antica. Solo negli anni Cinquanta, tuttavia, nasce la disciplina denominata intelligenza artificiale (AI, Artificial Intelligence), come specifico insieme di programmi di ricerca il cui obiettivo è l'elaborazione di modelli formali capaci di svolgere le funzioni caratteristiche dell'intelligenza umana: ragionare, risolvere problemi, interagire con l'esterno, manipolare e usare sistemi simbolici. La determinazione ed esplicitazione dei termini che definiscono un comportamento intelligente è tuttavia compito assai difficile, tanto da aver condotto alla assunzione di una posizione, detta "posizione debole", che non si esprime sulla natura della nozione di intelligenza e sul modo di realizzarla in una macchina, ma che assume invece la possibilità di un computer di

«simulare» un comportamento intelligente, gettando luce anche sui processi cognitivi umani. Espressione esemplare di questa posizione è il noto test di Turing, che prevede, come prova dell'intelligenza artificiale, un comportamento esibito dalla macchina che non sia distinguibile da quello di un essere umano: un essere umano che può comunicare, scrivendo messaggi su una tastiera e visualizzandoli su uno schermo, con un altro umano e con una macchina dovrebbe arrivare al punto di non distinguere le due manifestazioni linguistiche.

I chatterbot - Eliza

Un esempio dei primi sistemi di dialogo testuale fu Eliza, psicologa artificiale, che, abilmente programmata, riusciva a trattenersi in conversazione con ignari utenti che la supponevano umana. Eliza fu il primo chatterbot, automa per la conversazione, della storia dell'intelligenza artificiale, creato da Joseph Weizenbaum nel 1966 al MIT (Massachusetts Institute of Technology). La procedura utilizzata per

le conversazioni scritte di Eliza includono, in sintesi, un'analisi del testo immesso mediante tastiera dall'utente per l'individuazione di parole-chiave. Le parole-chiave vengono usate per produrre risposte appropriate al tema, integrate con la capacità, basata su regole di conversione e trasformazione, di condurre e approfondire un enunciato espresso dall'utente al turno di dialogo precedente (per cui, ad esempio, se l'utente scrive "mi sento abbastanza bene", Eliza può rispondere "perché ti senti abbastanza bene?", convertendo la prima persona in una seconda, ecc.). I sistemi esperti Evoluzione ulteriore dell'intelligenza artificiale sono i cosiddetti sistemi esperti, che sono programmi capaci di risolvere specifici problemi come farebbe un umano esperto. I sistemi esperti sono generalmente dotati di basi di conoscenza, ovvero risorse che contengono rappresentazioni esplicite e formali di dati strutturati, e di un motore inferenziale, chepermette di analizzare i dati e, mediante procedure euristiche, fornire predizioni e inferenze. Tipico dei sistemi esperti è prendere delle decisioni e risolvere problemi anche sulla base di dati incompleti e con tecniche di ragionamento non solamente basate su regole ma anche di tipo probabilistico. Sistemi esperti sono usati per valutare le cartelle cliniche di pazienti e proporre terapie, per la diagnosi e la predizione di situazioni circoscritte, per analisi finanziarie, per la logistica (trasporti su terra o aria). Lo scritto e il parlato Un problema trasversale è invece costituito dai diversi mezzi e dai diversi modelli teorici necessari per trattare della lingua scritta rispetto a quella parlata. Nonostante una evidente prevalenza degli usi parlati (prevalenza cronologica poiché lo scritto appare molto dopo il parlato nella storia dell'umanità, e prevalenza comunicativa poiché in genere parliamo molto più di quanto scriviamo), la linguistica

Il campo della linguistica computazionale ha sempre privilegiato il trattamento dello scritto. Lo scritto si presenta in maniera discretizzata e mediata dai sistemi di scrittura – nel nostro caso l'alfabeto, che si presta con più facilità al trattamento automatico.

LA FONETICA

La fonetica (dal greco phoné, "voce, suono") è la scienza che studia la voce o, in altri termini, i suoni prodotti e percepiti dagli esseri umani per comunicare verbalmente.

La descrizione della consistenza fisica dei foni e della loro propagazione in un mezzo (generalmente l'aria) è l'oggetto della fonetica acustica. Essa costituisce un'applicazione dell'acustica, cioè di una branca della fisica classica, dei cui principi generali presuppone la conoscenza.

L'onda sonora

Dal punto di vista fisico il suono consiste nella oscillazione delle particelle di un mezzo. Questa oscillazione è provocata dai movimenti vibratori di un corpo, detto sorgente del suono.

I quali si trasmettono alle molecole del mezzo (aria, acqua ecc.) in cui esso è immerso. Queste molecole, sollecitate dalle vibrazioni della sorgente, si mettono a loro volta in movimento, oscillando in avanti e all'indietro rispetto al proprio punto di riposo (cioè al punto in cui si trovavano prima che l'oscillazione avesse inizio e nel quale, in assenza di altre sollecitazioni, ritornano quando l'oscillazione è terminata), in modo simile al movimento di un pendolo".

Esempio del diapason: La velocità con cui l'onda sonora si propaga nello spazio dipende unicamente dal mezzo e dalle sue caratteristiche fisiche (densità, temperatura, pressione ecc.). A parità di tutte queste variabili, la velocità del suono è costante. Nell'aria, alla temperatura di 20°C e alla pressione atmosferica di 760 mm di mercurio, qualunque suono si propaga sempre alla velocità di circa 343 metri al secondo (ovvero a circa

1.235 km all'ora). Se si prende in considerazione una serie di particelle durante la propagazione di un'onda sonora, si potrà constatare che in ogni momento si alternano zone in cui le particelle si sono avvicinate l'una all'altra e zone in cui esse si sono allontanate l'una dall'altra. Le prime sono dette zone di condensazione e le seconde zone di rarefazione. Si può allora descrivere un'onda sonora come alternanza di condensazioni e rarefazioni. Se osserviamo una fila di particelle possiamo misurare la distanza tra due successive zone di condensazione, oppure, che è lo stesso, tra due successive zone di rarefazione. Questa distanza è detta lunghezza d'onda. zone di condensazione zone di rarefazione lunghezza d'onda I segnali semplici Gli spostamenti di una particella nel tempo si possono rappresentare su un grafico cartesiano disponendo il tempo sull'asse delle ascisse e gli spostamenti sull'asse delle ordinate. Nelcaso dell'onda sonora prodotta da un diapason, otterremo una curva. Per la sua forma, identica a quella prodotta dalla funzione matematica detta seno, questa curva è chiamata sinusoidale. Si può anche osservare come la curva tenda periodicamente a ripetersi uguale a se stessa: questo tipo di oscillazione viene perciò definito periodico. Un ciclo oscillatorio consiste di quattro fasi: 1. Spostamento in avanti; 2. Ritorno all'indietro fino al punto di riposo; 3. Spostamento all'indietro; 4. Ritorno in avanti fino al punto di riposo. La frequenza I due valori del periodo T e dell'ampiezza a sono sufficienti a descrivere in maniera completa qualunque onda periodica sinusoidale. Tuttavia, per descrivere la dimensione temporale del fenomeno, in luogo del periodo si usa molto più spesso il concetto di frequenza, che indica quante volte il ciclo di oscillazione si ripete in un secondo. Se ad esempio un'onda sonora ha un periodo che dura un decimo di secondo,

essa evidentemente avrà una frequenza (F) di 10 cicli per secondo (c.p.s.);se dura un centesimo di secondo, la sua frequenza sarà 100 c.p.s. ecc. Questa semplice relazione matematica, detta di proporzionalità inversa, si esprime con la seguente formula: F = 1/T oppure T = 1/F

L'intensità

Secondo la nostra definizione, l'ampiezza è la distanza massima della particella dalla posizione di riposo. Si tratta dunque di una misura di spazio. Se però guardiamo il fenomeno sonoro da un altro punto di vista, è evidente che un'onda dotata di ampiezza maggiore sarà caratterizzata anche dal fatto che le spinte che le particelle oscillanti esercitano sulle particelle adiacenti saranno più forti. Si osserva cioè una relazione di proporzionalità diretta tra l'ampiezza degli spostamenti delle particelle e la forza delle spinte esercitate. L'entità di queste spinte si misura in termini di pressione sonora.

che le particelle esercitano su una determinata superficie. Questa pressione sonora può essere espressa in termini di intensità. L'unità di misura dell'intensità più comunemente usata è il decibel (dB). Il decibel è un'unità relativa. Ciò vuol dire che l'intensità di un suono è misurata non in termini di potenza assoluta (che si misura in watt) ma in rapporto ad un suono di riferimento scelto convenzionalmente, che è il suono di intensità più debole che mediamente l'orecchio umano possa udire alla frequenza di 1.000 Hz, e che quindi corrisponde in questa scala a 0 dB. Questa misura relativa dell'intensità è detta livello di intensità sonora (IL). I segnali complessi L'esempio del diapason è stato scelto perché l'onda sonora che esso produce è la più semplice. Infatti, come abbiamo visto, essa consiste di un moto.lteriori categorie di onde sonore.
Dettagli
A.A. 2022-2023
54 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Roberta.Catavero di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia e linguistica informatica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Calabria o del prof De Salazar Danilo.