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SPAZIO INTERSTIZIALE

Lo spazio interstiziale si complica perché c’è la presenza di un’interfaccia che viene

tessuto endoteliale

determinata dal . Infatti, nell’equazione di bilancio il primo

termine che balza agli occhi è proprio la presenza di una sezione di riferimento che è

una sezione endoteliale. Le variabili in gioco sono sempre le stesse, ma con la novità

permeabilità

della ovvero quella proprietà dipendente da solubilità e coefficiente di

diffusione che misura la capacità effettiva della sostanza di passare più facilmente o

meno attraverso la parete endoteliale. – e + sono riferiti allo spazio che stiamo

considerando (spazio capillare e spazio interstiziale)

Ovviamente quest’equazione da sola non può risolvere il sistema perché bisogna

contestualizzare a ciascuno degli spazi la variazione della propria concentrazione in

modo tale da avere un sistema di tre equazioni in tre incognite. In particolare,

scriveremo un’equazione che descrive la variazione di concentrazione nel plasma

(concentrazione capillare della sostanza) e un’equazione che descrive la variazione di

concentrazione nell’interstizio

Un parametro che può essere estratto da quel bilancio che abbiamo visto è chiamato

fattore di eliminazione che descrive l’efficienza del sistema. È una funzione che

chiamiamo e(t) che si può definire come la differenza fra Cr e Cd (dove r sta per spazio

vascolare e d sta per spazio interstiziale). Questa funzione andrà a bilanciare la

prestazione dell’organo ovvero ci dirà l’organo grazie alla portata di sangue che gli

arriva se è in grado o meno di farlo. Questo è un parametro adimensionale variabile

un’efficienza;

tra 0 e 1 pertanto descrive proprio sta misurando qual è effettivamente

lo scambio tra plasma e interstizio (lo scambio è proprio nella differenza Cr – Cd).

con

Riassunto : sappiamo che per convezione dalla parte del capillare c’è una

concentrazione che al termine di tutta la lunghezza capillare nel tempo varia come un

impulso (che sia u o delta); lo fa decadere nel tempo il fatto che ci sia attaccato al

capillare uno spazio interstiziale che consuma. Questa concentrazione nello spazio

interstiziale è sicuramente determinata dalla delta che viene dal plasma, poi ci sarà un

fattore caratterizzante il materiale che sarà dato dalla permeabilità e la sezione

endoteliale rapportate al flusso che effettivamente è arrivato in corrispondenza

dell’endotelio. C’è un fattore meno nell’esponenziale perché sicuramente abbiamo un

decadimento di concentrazione, ovvero un consumo dovuto all’altro spazio, che è lo

spazio cellulare. Alla fine, sostituendo Cr e Cd troviamo la funzione di eliminazione

scritta secondo l’equazione di Crone-Renkin.

Il modello del cilindro di Krogh

Arrivati allo spazio cellulare, la sostanza ovviamente dovrà muoversi da e verso le

cellule e abbiamo detto che per spazi piccoli ci muoviamo per diffusione. In prossimità

cellulare ho capito che bisogna muoversi in diffusione, però Krogh cerca di capire nel

cilindro di

capillare per diffusione la sostanza in che tempi impiega ad arrivare. Il

Krogh va a descrivere l’effetto della pressione parziale esercitata dal singolo elemento

rispetto al fenomeno diffusivo che lo deve portare all’interno dello spazio cellulare. In

ciò che deve essere garantito fisiologicamente è che la pressione

breve,

parziale di ossigeno agente rispetto all’ambiente mitocondriale cellulare

deve essere di almeno 0,1 kPa . Questo significa che per garantire un buon

funzionamento mitocondriale bisogna avere al più una pressione parziale di ossigeno

pari a 0,1 kPa altrimenti si rischierebbe il famoso fenomeno di ipossia. Ricordiamo che

la pressione cambia con la lunghezza a differenza della velocità; pertanto, il bilancio di

quantità di moto a cavallo delle pressioni corrisponde al bilancio di materia sulla

concentrazione. La pressione parziale è una pressione moltiplicata per una frazione di

concentrazione di quella sostanza.

La prima cosa da considerare è la geometria che Krogh descrive; Krogh considera due

il raggio del capillare, il raggio

capillari concentrici indicando con Rc mentre R0

equivalente (raggio del tessuto, calcolabile come il reciproco della radice quadrata del

numero di capillari per unità di area). Krogh misurava il coefficiente diffusivo K, che

C i

K=D ∙

era dato da (concentrazione della sostanza / la sua stessa pressione

p x

parziale). Krogh cosa ci dice? Ci sta dicendo già un’ipotesi, ovvero che la capacità di

diffondere della sostanza sarà influenzata dalla sua stessa pressione parziale. Krogh

quindi ci sta dicendo che possiamo immaginare, sapendo come è caratterizzata la

sostanza, se sarà in grado di diffondere più o meno velocemente. Krogh fa una

differenza fra l’ossigeno e l’anidride carbonica; ovviamente diffonderà più rapidamente

l’anidride carbonica,

tra i due poiché la pressione parziale di anidride carbonica è più

C i

bassa, allora il fattore sarà più grande e quindi K più elevato; allora l’ossigeno

p x

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dds11 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Principi di bioingegneria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Tesauro Paolo.
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