vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Fatti questi inviti, il giudice lo sottopone all’esame, dice: “Prego PM preda la parola” (perché è il
PM che ha indicato quel testimone).
Quindi l’assunzione della prova testimoniale avviene attraverso il sistema del c.d. esame
incrociato che si distingue in 3 momenti precisi:
1. L’esame diretto;
2. Il controesame;
3. Il riesame, da non confondere con il riesame cautelare che è un mezzo di impugnazione
delle misure cautelari.
Sono i primi 3 commi dell’art. 498 c.p.p.
1. L’esame diretto è condotto dalla parte che ha richiesto la prova; ad esempio se è il
testimone del PM, sarà il PM; se è il testimone che ha chiesto la difesa, sarà la difesa.
La parte in questione pone domande dirette al proprio testimone a supporto della propria tesi.
Questo esame sarà tanto più efficace quanto più credibile si presenterà il testimone e più
attendibile la sua testimonianza.
2. Il controesame viene condotto dalla parte che non ha richiesto la prova ma che ha
interessa a privare di validità la testimonianza. In altre parole con il controesame si tenta di minare
la credibilità del testimone e l’attendibilità di quello che ha detto. Il contenuto del controesame
però è limitato ai fatti indicati dalla parte che ne ha chiesto l’esame; cioè con il controesame non
posso introdurre altri argomenti, mi devo sempre attenere a quello che è stato l’esame condotto
dalla parte.
Il controesame non è obbligatorio ma è una facoltà che viene riconosciuta alle parti che possono
anche rinunciarvi. Tuttavia viene sempre garantito, non c’è neanche bisogno che io avvocato-
difensore chieda il controesame dei testimoni del PM ad esempio, perché comunque è per legge.
3. Il riesame può essere richiesto, dopo il controesame, dalla parte che ha già condotto
l’esame diretto. Quindi ritorna la parola alla parte che ha chiesto l’esame a cui è data la possibilità
di rivolgere nuove domande al testimone cercando di ristabilire la credibilità e l’attendibilità che
magari con il controesame sono state minate.
L’ultima parola pertanto è lasciata a chi ha chiesto la prova.
Quali sono le regole precise per l’assunzione di questo esame testimoniale? Sono previste dall’art.
499 c.p.p. Quando si conduce l’esame è necessario rivolgere le domande al testimone su fatti
specifichi, non su questioni generiche. Inoltre sono vietate quelle domande che possono nuocere
alla sincerità delle risposte.
Poi le regole specifiche per l’esame diretto sono quelle che prevedono il divieto nel corso
dell’esame (quindi l’esame condotto dalla parte che ha chiesto la testimonianza o comunque di
sentire quel dichiarante; a questa parte sono vietate …) delle domande c.d. suggestive, cioè quelle
domande che suggeriscono la risposta. Al contrario, queste domande suggestive sono ammesse in
sede di controesame per la sua stessa natura. La finalità appunto tipica del controesame è di
minare la credibilità e attendibilità del testimone facendolo cadere in contraddizione; quindi
ovviamente le domande suggestive sono quelle più indicate per verificare la reazione della
persona e la sua attendibilità. Facciamo un esempio:
- In esame diretto, io dirò: “Quel giorno dove si trovava? Che cosa stava facendo?”
- In controesame dirò: “Senta, è vero che lei quel giorni si trovava con Tizio a Triste etc.? o
sull’autobus numero xxx?”. Insomma vado già a suggerire la risposta nella mia domanda.
Qualora nell’esame io facessi una domanda suggestiva, il giudice mi fermerà invitandomi a
riformulare la domanda.
Parentesi: Il difensore come il PM non devono mai porre una domanda tanto per porla anche
quando vogliono minare la credibilità, ma la domanda deve sempre avere una finalità, tendere ad
un fine e cercare di dimostrare qualcosa. Se uno comincia fare domande senza avere uno scopo
preciso, non ottiene nulla.
Il giudice può intervenire in qualsiasi momento su invito di parte o d’ufficio proprio a garanzia del
rispetto delle regole perché bisogna assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle
risposte, la lealtà nella conduzione dell’esame.
C’è una regola precisa a salvaguardia del principio del contraddittorio e della possibilità della parte
di controinterrogare, prevista dall’art. 500 c.3 c.p.p.
3. Se il teste rifiuta di sottoporsi all'esame o al controesame di una delle parti … [ricordiamoci che
rischia anche la reticenza o comunque una imputazione per falsa testimonianza] … nei confronti di
questa (della parte destinataria del rifiuto) … [Quindi io che sono difensore non riesco a fare
domande a quel testimone che magari ha risposto al PM]… non possono essere utilizzate (quello
che ha detto al PM) … [contro il mio assistito]…, senza il suo consenso … [l’unica eccezione è che io
presto il consenso dell’utilizzo per il mio assistito]…, le dichiarazioni rese ad altra parte, salve
restando le sanzioni penali eventualmente applicabili al dichiarante
La stessa ratio è sottesa all’art. 526 c.1bis perché la colpevolezza dell’imputato non può mai essere
provata sulla base di dichiarazioni resa da chi per libera scelta si è sempre volontariamente
sottratto all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore. Questo sono norme previste
sempre a livello Costituzionale dall’art. 111, a garanzia proprio del contraddittorio.
Vediamo la disciplina riguardanti i testimoni minorenni che sono ovviamente tipologie protette. Si
prevedono 3 tipologie di esame protetto del minore:
1. Innanzitutto l’esame può essere direttamente condotto dal presidente del collegio (nel caso,
ovviamente, del tribunale collegiale) che può avvalersi dell’ausilio di un familiare del minore o di
un esperto in psicologia infantile ex. Art. 498 c.p.p. c.4.
2. Poi se la parte lo richiede o il giudice lo ritenga necessario si possono stabilire anche delle
modalità più opportune per la conduzione dell’esame: In un luogo diverso dal tribunale come
anche l’abitazione del minore; ferma anche la possibilità di avvalersi di strutture specializzate ex
sono sicurissimo di questo articolo).
art. 498 c.4 bis c.p.p. (non
3. Mentre per i reati sessuali, l’esame del minore oppure del maggiorenne infermo di mente
vittima dell’abuso sessuale viene effettuato con uso di vetro-specchio e impianto citofonico
(sempre art. 498 c.p.p.); in altre parole, il minore si trova in una stanza distinta da quella in cui si
trova il giudice e il difensore dell’imputato, normalmente con un esperto in psicologia infantile
(quindi o con il perito nominato dal giudice) che gioca con il bimbo/a e, tramite un microfono che
lo mette in contatto con il giudice, cerca di fare emergere quelle che sono le domande senza
porgerle in maniera diretta.
La testimonianza in generale può avere un valore probatorio tanto più alto quanto più credibile è il
testimone. Adesso affrontiamo un argomento che è il cuore dell’esame incrociato oltre che
domanda frequente in sede di esame: L’art. 500 c.p.p., le contestazioni all’esame testimoniale.
Cosa sono le contestazioni all’esame testimoniale? Sono uno strumento che consente di saggiare
la credibilità del testimone. Questa disciplina trova applicazione quando c’è una difformità tra
quello che il teste dichiara nel corso dell’esame e quello che già ha dichiarato nel corso delle
indagini preliminari come persona informata sui fatti.
Quindi nell’esempio che facevamo all’inizio, il PM nel corso delle indagini preliminari ascolta le
persone che ritiene informate sui fatti per valutare se andare avanti, ergo le scelte processuali che
deve compiere, e verbalizza le dichiarazioni che gli vengono rese. Quindi il PM convoca la persona
presso il proprio ufficio, pone delle domande e redige un verbale. Ponendo il caso che il PM
ritenga che le dichiarazioni siano fondate e che quindi queste porteranno sicuramente alla
condanna dell’imputato, presenterà di certo nella sua lista testimoniale, depositata 7 giorni prima
dell’udienza (almeno 7 giorni; tra l’altro, normalmente, il PM con la richiesta di rinvio a giudizio
spesso sotto, oltre alle fonti di prova, ci mette anche i testimoni che intende citare. Questo per
dire che il suo compimento lo fa subito, in concomitanza con la richiesta di rinvio a giudizio),
l’indicazione del testimone che poi dovrà presentarsi in dibattimento. Ora il caso è il seguente:
Questo testimone nel corso dell’esame rende delle dichiarazioni difformi da quello che aveva
precedentemente detto.
Cosa succede? Come avviene questa contestazione?
La contestazione avviene tramite lettura della precedente dichiarazione. Quindi qui c’è una
particolarità; noi abbiamo detto che il nostro è un processo orale, la prova si forma nel
contraddittorio, qui viene data lettura di una dichiarazione che era stata resa unilateralmente,
senza il contraddittorio.
N.B. Non si confondano i termini: Contestazione significa portare a conoscenza. Quindi spesso
l’imputazione viene detta contestazione quando viene notificata, viene portata a conoscenza
dell’imputato; perciò gli viene contestato il fatto. Le contestazioni intese come imputazione-
portata a conoscenza sono una cosa diversa.
(Parentesi: Poi ci sono le nuove contestazioni dibattimentali, le modifiche dell’imputazione a
dibattimento.)
I presupposi per procedere a questa lettura e quindi a questa contestazione:
1) Il testimone deve aver già rilasciato in precedenza delle dichiarazioni opportunamente
verbalizzate;
2) Queste dichiarazioni devono essere contenute nel fascicolo del PM;
3) Il teste deve aver già deposto in dibattimento sui fatti o circostanze oggetto di
contestazione.
Come viene contestato?
Il PM fa le domande e dice: “Scusi, allora io le faccio una contestazione: Lei il giorno tot, di fronte a
me, ha dichiarato una cosa diversa e Le do lettura”. Il giudice ovviamente acconsente a questa
contestazione. Una volta letta la precedente dichiarazione difforme e quindi contestata
letteralmente al testimone, si possono verificare due eventualità:
• Il contrasto tra queste dichiarazione viene superato, per cui il testimone rettifica quello che
aveva detto in precedenza e adegua quello che sta dicendo adesso rispetto a quello detto
prima, dando ovviamente una giustificazione plausibile. Dunque il contrasto si può ritenere
superato e il giudice potrà ritenere attendibile quella testimo