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La nomenclatura degli enzimi è data da un codice di identificazione che comincia sempre per EC
ed ha 4 numeri che definiscono univocamente l’enzima. Questo codice permette di identificare
quindi la classe, il sottotipo di molecola che viene trasferita, la natura del substrato e infine le
diverse tipologie per distinguere un enzima dall’altro.
In un codice identificativo del tipo EC A.B.C.D. troverò in ordine:
− A: Classe, ovvero il tipo di reazione catalizzata (Ossidoreduttasi, Trasferasi, Idrolasi, Liasi,
Isomerasi e Ligasi);
− B: Tipo di molecola che viene trasferita o classe del substrato;
− C: Natura del substrato;
− D: Distinzione di un enzima dall’altro quando sono presenti tipologie diverse.
Idrolasi
Le idrolasi sono una delle classi di enzimi più importanti e sono fra i più utilizzati come catalizzatori
nelle reazioni di chimica organica. Uno dei grossi vantaggi è il fatto che non hanno bisogno di
cofattori sensibili e questo li rende meno costosi e più facili da maneggiare, in quanto non c’è da
riciclare il cofattore né stare troppo attenti nella reazione. Inoltre, un altro vantaggio è che spesso
questi enzimi accettano anche substrati non naturali.
Sono enzimi idrolitici, quindi usati per l’idrolisi di esteri (di acidi grassi) o legami ammidici. Possono
catalizzare la sintesi del processo inverso quindi la sintesi di esteri o ammidi in opportune
condizioni. Inoltre, possono essere usati per la formazione o l’idrolisi di epossidi, nitrili o altri gruppi
che possono essere idrolizzati.
Meccanismo
Le idrolasi agiscono per attacco nucleofilo da un residuo del sito attivo. Il meccanismo che
conosciamo meglio, per via di uno studio più approfondito, è quello delle serine idrolasi (es. serina
proteasi). Quello che succede è che queste abbassano l’energia di attivazione della reazione per
formare poi un intermedio transiente che porta infine al prodotto. In genere questi enzimi hanno un
residuo amminoacidico nel sito catalitico che è in grado di portare direttamente un attacco
nucleofilo al gruppo che deve essere idrolizzato. In questo modo viene favorita la reazione, che
sarebbe estremamente lenta se fosse l’acqua a idrolizzare.
Nell’intorno dell’enzima, il pKa della serina è molto più basso rispetto al pKa della serina in altri
ambienti. Questo significa che, se viene messa la serina in acqua, il gruppo ossidrile ha un pKa
simile a quello di un alcol. Il pKa del metanolo è intorno a 15/16, quello della serina è simile e
sarebbe troppo poco nucleofilo per poter fare questa reazione.
Il fatto che la serina si trovi in un ambiente non acquoso (lipofilo) e la presenza di altri residui fa sì
che la serina possa essere facilmente deprotonata. Perciò non si ha più l’alcol ma l’alcolato che,
avendo una carica negativa, è più nucleofilo. Tutto questo abbassa il pka della Serina e lo rende
un nucleofilo molto più forte. Le idrolasi trovano una grande applicazione nell’industria alimentare.
Sono enzimi sia quelli che catalizzano la formazione del formaggio che quelli che vengono aggiunti
alla carne per renderla più tenera e saporita (enzima derivante dall’ananas).
Selettività
Osservando l’attività di questo tipo di enzima ciò che maggiormente ci interessa è la selettività.
Questo perché noi vogliamo ottenere prodotti che siano enantiomericamente arricchiti, con un
elevato grado di purezza enantiomerica. Quello che possiamo ottenere con questi enzimi è il
differenziamento di facce che apparentemente sono uguali su una molecola, oppure il
differenziamento di substrati contenenti due sostituenti identici, che possono dare origine a un
prodotto chirale.
Le idrolasi svolgono due processi di differenziazione. Il primo è quello dell’Enantioface
differentiation (idrolisi di enol-esteri) che porta alla formazione di chetoni chirali. L’altro è il
processo di Enantiotopos differentiation in cui si differenziano due gruppi identici su uno stesso
composto che danno origine a prodotti chirali tramite l’idrolisi di uno dei due gruppi. Questo perché
il processo dà origine a un centro stereogenico.
Per le reazioni a singolo step abbiamo un
substrato S che può dare origine a un prodotto
P o Q. Il substrato S avrà due substrati
differenziali uguali (due esteri metilici).
La reazione del prodotto P porta all’idrolisi del
primo estere, mentre l’altra porta all’idrolisi del
secondo gruppo.
I due prodotti sono diversi perché si tratta di due molecole chirali, ma una ha una configurazione
1R, 2S e l’altra 1S, 2R.
Queste due reazioni avranno due costanti di velocità, k1 (da S a P) e k2 (da S a Q), il loro rapporto
è alfa. Questo coefficiente è importante perché ci permette di determinare l’eccesso enantiomerico
che si ottiene dalla reazione.
Se le due k di velocità sono molto diverse, si avrà un eccesso enantiomerico elevato. Questo
perché, se k1>k2 vuol dire che P si forma più velocemente di Q, la formazione del primo prodotto
sarà favorita. In questo caso la selettività della reazione dipende dalle due costanti di velocità e
non dalla conversione. Per cui possiamo lasciare andare la reazione per quanto tempo vogliamo.
La selettività non può essere migliorata bloccando la reazione prima della conversione totale dei
prodotti, si può solo cambiare l’intorno della reazione per poter favorire l’uno o l’altro processo.
Si ha una situazione diversa quando abbiamo un composto che dà origine a un prodotto che può
essere, a sua volta, substrato dell’enzima. In questo caso abbiamo un processo a due step e
bisognerà considerare le varie costanti di velocità. La conversione avrà quindi un ruolo nel
determinare l’eccesso enantiomerico. Questo perché il primo step arriverà alla formazione dei due
prodotti secondo le regole accennate sopra. Se k1>k2 si formerà più quel prodotto o viceversa.
Se però questi due prodotti, cioè P e Q, sono al tempo stesso substrati dell’enzima ci saranno altre
due costanti di velocità ed entrambi i prodotti saranno convertiti nello stesso prodotto finale, ovvero
R. Si darà origine ad un diolo.
In genere se k1>k2 allora k4>k3, perché il favorito per l’idrolisi risulta essere sempre il gruppo OAc
in posizione 1, sia nel primo step che nel secondo.
A questo punto, la purezza ottica del prodotto dipenderà dalla conversione perché noi vogliamo il
prodotto chirale, che è il prodotto del primo step. Dovremmo quindi fermarci ad un punto in cui la
maggior parte del substrato si è convertito nel primo prodotto e dove però questa reazione non è
andata molto avanti.
All’inizio della reazione la selettività è determinata per lo più da k1 e k2, perché abbiamo solo il
substrato ed è questo che andrà avanti e reagirà, secondo k1 e k2, a dare il primo prodotto. Una
volta che si formano alcuni prodotti P e Q, anche k3 e k4 saranno importanti perché comincerà a
convertirsi l’altro substrato.
L’eccesso enantiomerico totale comincerà a crescere e vedremo che se prima comincia a crescere
velocemente poi crescerà più lentamente perché si forma l’ultimo prodotto. Quindi, se questo
reagisce di più, l’eccesso enantiomerico andrà a diminuire.
Alla fine, il rapporto delle costanti avrà un impatto maggiore sulla resa del prodotto finale, mentre
invece la simmetria della selettività (quindi k1>k2 allora k4>k3) avrà una grossa importanza sulla
purezza ottica.
Ci sono dei grafici che ci aiutano a capire quando un enzima fa un buon lavoro non solo nella
conversione ma anche nella purezza ottica. Non tutti gli enzimi sono altamente selettivi, quindi
dobbiamo scegliere opportunamente il nostro enzima e il substrato.
Se consideriamo una reazione irreversibile, allora abbiamo che il rapporto enantiomerico sarà in
relazione con il rapporto delle costanti dei substrati individuali, e la purezza ottica del prodotto può
essere ottenuta solo quando la selettività dell’enzima è molto alta.
La selettività è indicata con E, che è il rapporto enantiomerico. Un’alta purezza ottica è ottenibile
se il valore della selettività è ottimo (15 < E < 30) o eccellente (E > 30). Questa è una caratteristica
degli enzimi che si può misurare con la cinetica di reazione.
Se consideriamo un enzima con E=5 avremo il seguente grafico (i).
Si hanno due curve, una che è la somma dei prodotti P e Q, mentre l’altra è la
somma dei substrati A e B. Sulle ascisse si ha la conversione e sulle ordinate
l’eccesso enantiomerico.
All’inizio della reazione avremo che l'eccesso enantiomerico dei substrati sarà
zero mentre quello dei prodotti sarà mediamente alto e poi tenderà a
diminuire con la conversione.
Mentre se abbiamo un rapporto enantiomerico di 20 (E=20), avremo che
l’eccesso enantiomerico dei prodotti sarà inizialmente molto alto e tenderà a
diminuire, mentre l’eccesso enantiomerico dei substrati aumenterà solo alla
fine.
Dobbiamo però ottenere un eccesso enantiomerico solo dei prodotti.
Consideriamo quindi una miscela racemica, in cui abbiamo i due substrati, A e
B, che sono l’enantiomero S e R. Mettiamo questa miscela racemica in
presenza di un enzima che è in grado di catalizzare una reazione di idrolisi.
L’enzima tenderà a reagire con entrambi, però data la selettività tenderà a
reagire più con l’uno che con l’altro.
Se la selettività, quindi E, ha un valore molto alto, reagirà molto più
velocemente, per esempio, con A rispetto a B. Man mano che la reazione
procede, se l’enzima è molto selettivo continuerà a reagire più velocemente con A, quindi si ha un
accumulo maggiore di P rispetto a Q. In questo modo il prodotto avrà un eccesso enantiomerico
alto a favore di P, per cui si forma soprattutto S.
A un certo punto il substrato S comincia a diminuire perché reagisce più velocemente e nel
substrato resterà più R che S, perché S tende a consumarsi. Ricordiamoci che il substrato A è S e
B è R. Il substrato quindi si arricchisce e il suo eccesso enantiomerico aumenta.
Tuttavia, se il substrato favorito diminuisce in concentrazione, l’enzima reagisce con quello che
trova; quindi, anche se più lentamente, continuerà a reagire con B. Di conseguenza, l&rsqu