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I MICRORGANISMI MARINI

La vita microbica nel mare è ubiquitaria ed è costituita da virus, batteri, cianobatteri, attinomiceti, lieviti, funghi ed alghe microscopiche, oltre a protozoi. Tra i microrganismi marini, i batteri sono la componente predominante e nella maggior parte non coltivabile in laboratorio. Essi sono presenti o in forme libere (free bacteria) o attaccate (attached bacteria) a substrati di natura diversa, viventi e non viventi. La morfologia della loro cellula è riconducibile essenzialmente ai classici tipi fondamentali: bastoncelli, cocchi, vibrioni e spirilli (figura 5). Forme filamentose, ramificate e peduncolate si riscontrano in quantità minori. Per la maggior parte si tratta di forme batteriche Gram-negative, flagellate (figure 5 e 6) e asporigene. Le forme Gram-positive e le sporigene, anche se non predominanti in numero assoluto, sono più abbondanti nei sedimenti che nella colonna d'acqua. Nei mari

Disposizione dei flagelli
Figura 6: Disposizione dei flagelli.

Come è stato messo in evidenza da diversi studiosi e sostenuto in Italia anche da Genovese (1970), i batteri marini mostrano un accentuato pleomorfismo, in quanto possono modificare più o meno profondamente la loro morfologia in relazione alle diverse condizioni ambientali. Non è stata esclusa la possibilità di formazione di spore che potrebbero esercitare una maggiore resistenza al variare delle condizioni ambientali rispetto alle forme normali. A tale riguardo va sottolineato che è stata dimostrata la presenza dei cosiddetti ultramicrobatteri, di forma per lo più sferica.

che possono attraversare membranefiltranti di 0,2 µm di porosità (
Figura 7
).
Figura 7 - Batteri marini osservati al microscopio elettronico ascansione.
Morita (1975) ha messo in evidenza che in condizioni di spinta oligotrofia, le dimensioni dellecellule batteriche si riducono notevolmente ed assumono una forma sferica. Il fenomeno èstato chiamato "miniaturizzazione".E' stato, anche, notato che, osservando al microscopio le cellule batteriche provenienti dacolonie sviluppatesi su terreni di coltura agarizzati, ricchi in sostanze organiche, esseappaiono grandi e a forma di bastoncello e di cocchi. Invece, l'osservazione a fresco dicampioni di acqua di mare mostra la presenza soprattutto di cellule molto più piccole. Taleconstatazione ha sollevato tutta una serie di domande, quali: le piccole dimensioni sono quellenormali dei batteri marini? sono parte diun ciclo vitale o si tratta di cellule incondizioni di digiuno? Le cellule sonoattive odormienti? Alcuni microbiologi marini (Kugure et al., 1980 e Simidu et al., 1983) tentarono di chiarire le cause delle differenze numeriche tra i risultati ottenuti con il conteggio microscopico diretto delle cellule e quelli ottenuti con il conteggio totale in piastra della frazione vitale, – avendo riscontrato quanto, in effetti, era già noto da tempo, e cioè che solo meno dello 0,1% delle cellule batteriche totali era capace di crescere e formare colonie sul terreno di coltura agarizzato, ricco di sostanze nutritive (figura 8). In particolare, Simidu et al. (1983) utilizzarono a tale fine una tecnica microscopica modificata che prevede l'impiego dell'acido nalidixico (composto che impedisce la divisione cellulare, ma non la duplicazione del DNA), ottenendo un conteggio vitale delle cellule microbiche, i cui valori erano sempre inferiori rispetto a quelli dei conteggi diretti, ma

più elevati di quelli ottenuti su terreno agarizzato. Talidifferenze portarono gli Autori a ritenere che una frazione delle cellule batteriche presenti nonfosse coltivabile, almeno con le tecniche comunemente adoperate, ma non che fosseper questo non vitale.

Precedentemente, Novitsky e Morita (1976-78), studiando la crescita di un vibrionepsicrofilo, isolato nel 1972 dalle acque della convergenza antartica, denominato Vibrio-Ant300, avevano notato che le cellule di tale ceppo, poste in condizioni di digiuno, inizialmenteaumentavano di numero fino a 200 volte, diventando, contemporaneamente, via via semprepiù piccole, formando, cioè, ultra-microcellule, diminuendo numericamente solosuccessivamente. Con l'aggiunta di nutrienti e, quindi, interrompendo il digiuno, si potevanotare un immediato e ben evidente incremento delle dimensioni cellulari. Talecomportamento dimostra, secondo gli studiosi, che la cellula batterica deve raggiungere unadimensione minima per

Potere riprendere il processo di divisione binaria. Durante il digiuno di Ant-300 si osservava una brusca riduzione della quantità DNA, di RNA e delle proteine specifiche, fino a basse quantità che si mantenevano costanti. Sorprendentemente, la quantità di RNA, diminuita inizialmente, in seguito aumentava. Ancora dopo sei settimane di digiuno, il 45-60% delle cellule era capace di respirare. Dopo l'aggiunta di nutrienti si osservava un'apparente fase lag (di ritardo), prima che potesse essere messa in evidenza una risposta vitale. Durante questo periodo, poco prima della ripresa della moltiplicazione, si riscontrava aumento del DNA, dell'RNA e delle proteine specifiche. Morita mantenne le cellule di Ant-300 a digiuno per più di due anni e mezzo, ponendo dei seri dubbi sulla possibilità di considerare tali cellule attive. In ambiente naturale, in definitiva, molte cellule microbiche piccole potrebbero trovarsi in uno stato di starvation-survival.

(questotermine fu proprio coniato da Morita), cioè non essere attive, ma comunque pur sempre vitali.– Risposta all’aggiunta di nutrienti durante la “starvation”. (La frecciaFigura 9 ANT-300.indica il momento in cui viene addizionato l’1% di glucosio nel terreno di coltura; da Novitsky eMorita, 1977)

Per quanto riguarda la loro posizione tassonomica, i batteri marini non appartengono ad unsingolo specifico gruppo tassonomico, ma alle famiglie ed ai generi a cui appartengono ibatteri di altri habitat, quali quello terrestre e di acque dolci. Pertanto, come riferisceGenovese (1970), è stata drasticamente rigettata la proposta, avanzata a metà del secoloscorso, da Miyamoto e collaboratori di raggruppare tutti i batteri marini in un unico generechiamato Oceanomonas.

Il maggior numero di batteri marini coltivabili finora studiati rientrano, in effetti, nei generiben noti di Micrococcus, Pseudomonas, Xanthomonas, Aeromonas, Vibrio, Achromobacter,Alcaligenes,

Flavobacterium-Citophaga. Tuttavia, l'attuale incremento delle indagini batteriologiche nei mari di tutto il mondo e l'utilizzazione delle moderne tecniche biomolecolari negli studi tassonomici hanno messo in evidenza un'elevata biodiversità nell'ambito della comunità batterica marina e la concomitante scoperta di specie batteriche nuove.

I batteri marini si differenziano da quelli degli altri ecosistemi soprattutto per la loro alofilia, in quanto necessitano di cloruro di sodio per la loro crescita ottimale. Secondo ZoBell ed Upham (da Genovese, 1970) i batteri marini si sviluppano meglio a concentrazioni saline tra il 2% ed il 4,5% come è dimostrato dalla mancanza o scarsa crescita delle colture di batteri marini allestite con acqua dolce. La salinità del mare, che è mediamente del 35 ‰, costituisce la concentrazione salina ottimale per lo sviluppo di un vero batterio marino. L'esigenza per gli ioni inorganici scaturisce in parte per.

Sopperire alle necessità metaboliche di sviluppo, in parte per mantenere l'integrità cellulare. La richiesta in ioni sodio è specifica, in relazione al loro intervento per il trasporto di substrati all'interno della cellula batterica, mentre quella in alogenuri è aspecifica, potendo essere soddisfatta, oltre da cloruri, da bromuri, ioduri e fluoruri. La loro esigenza di ioni Magnesio o di una combinazione di Magnesio e di Calcio supera quella della maggior parte delle specie terrestri.

In definitiva, sebbene i batteri marini abbiano molte caratteristiche in comune con i batteri di altri habitat e non costituiscano un gruppo tassonomico separato, si differenziano dagli altri, come puntualizzato da McLeod (1965) per l'insieme dei meccanismi che conferiscono loro la capacità specifica di sopravvivere e di svilupparsi nel mare. Bruni et al. (1982), studiando, sia su cellule intere sia su estratti, l'azione del sodio e del magnesio sulle lipasi.

sull'esterasi di batteri marini, hanno messo in evidenza che ambedue questi ioni+stimolano l'attività enzimatica, ma che il Na agisce anche nell'attivare i meccanismi ditrasporto della membrana cellulare.I batteri marini, comunque, crescono meglio nei terreni allestiti con acqua di mare, anzichéin soluzioni di NaCl equimolari alla sua concentrazione salina; infatti, latotalità degli elementi presenti, alcuni anche in minima concentrazione, ha un effettobenefico per la crescita e sulle attività biochimiche di questi microrganismi.Per quanto riguarda la temperatura, molti batteri marini possonocrescere a temperature tra 4 e 0° C, ma la loro temperatura ottimale è tra 18 e 22° Ce la massima soltanto pochi gradi in più. Gli psicrofili stretti, quindi, sono molto scarsi esi ha la predominanza di psicrofili facoltativi, per i quali è stato coniato da Moritanel 1975 il termine di psicrotrofi.Nelle profondità delmare è stato dimostrato che esistono dei batteri barofili stretti, le cui attività metaboliche sono condizionate dall'esigenza di una elevata pressione idrostatica. Già nel 1950-52, nel corso della spedizione della "Galathea", ZoBell e Morita avevano riscontrato un numero di batteri compreso tra 10 e 10 per grammo di fango in campioni prelevati a profondità di 7.000-10.000 metri. ZoBell aveva trovato, inoltre, che alcuni dei batteri luminosi isolati a tale profondità per riprodursi e produrre luminescenza necessitavano di essere coltivati ad elevate pressioni idrostatiche. Distribuzione orizzontale e verticale I batteri marini sono stati riscontrati in varia misura a tutte le latitudini ed a tutte le profondità nei mari di tutto il mondo. È necessario, comunque, puntualizzare che tutte le informazioni che sono state ottenute e che si
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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze biologiche BIO/07 Ecologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Stefaniaac94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ecologia microbica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof De Francesco Maria.