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E l'avvocato e l'assistito vengono legati a doppio filo proprio come il difensore e l'imputato e ciò
viene dimostrato dal termine onorario che indica ciò che è dovuto ai primi per il mandato di
assistenza difesa ricevuto dai secondi infatti è quanto spetta ai primi da parte di secondi.
Nel preambolo del codice deontologico forense l'avvocato esercita la propria attività in piena
libertà autonomia e indipendenza per tutelare indirizzi gli interessi della persona assicurando la
conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo all'attuazione dell'ordinamento per i fini
della giustizia; inoltre l'avvocato vigila sulla conformità delle leggi e i principi della costituzione
nel rispetto della convenzione per la salvaguardia dei diritti umani dell'ordinamento
comunitario e assicura la regolarità del giudizio e del contraddittorio. È bene ricordare che i tre
diritti della persona e quello della difesa costituisce un diritto fondamentale poiché c'è bisogno
della difesa anche di fronte alle stesse ammissioni dell'interessato: la sola confezione può
essere una prova insufficiente e c'è il bisogno della Chiesa anche di fronte all'evidenza prove di
colpevolezza perché soltanto con la sentenza definitiva è stabilita o meno la colpevolezza di un
uomo l'articolo sei del codice deontologico stabilisce che l'avvocato deve svolgere la propria
attività professionale con lealtà e correttezza.
25. Qual è il ruolo del giudice in un processo ?
Il giudice non conosce il fatto pertanto egli ascolta le parti, ascolta i testimoni, verifica i luoghi e
le cose in seguito si fa un'idea dell'accadimento degli elementi un caratterizzanti che poi
faranno sì che sia possibile la formazione di un giudizio e il giudice si predispone a giudicare la
questione di diritto prendo ben presente però che il giudice ha solo il presente ma deve con il
suo giudizio marciare nell'una e nell'altra direzione. Ma visto considerato che il diritto non
culmina nel giudizio il giudice ascolta, interroga, ispeziona, verifica, conclude l'ascolto e ogni
altra ispezione e poi statuisce la pena. E la pena deve essere inflitta.
26. Voce dell’ambiente
Il significato di ambiente va considerato in riferimento a tutti gli esseri viventi e non viventi del
nostro pianeta presenti e futuri quindi l'attenzione del rapporto ambiente-uomo si amplificato
da quando è sorta la consapevolezza che la presenza invadente dell'attività umana e ha
condotto all'attuale dissesto dell'ecosistema terrestre, e a determinato la necessità di
orientare razionalmente l'agire umano attraverso la nascita genetica ambientale e una
conseguente coscienza ecologica. Pertanto la questione ecologica si intreccia con numerosi
prospettive eterogenee interagenti: la prima e più radicale distinzione avviene sulla base della
formazione o negazione della antropocentrismo, il modello che concede uno status morale in
senso proprio al solo essere umano, in una prospettiva cosmoantropologica tradizionale,
l'uomo non aveva dov'eri diretti verso il mondo non-umano e le conseguenze delle sue azioni
nel tempo erano ritenute moralmente non imputabili; anche all'interno dell'orientamento
antropocentrico si distinguono teorie che attribuiscono alla soggettività solo ad alcuni esseri
umani dotati di precise caratteristiche e teorie che riconoscono come titolari di diritti di tutti gli
uomini in quanto tali dove il modello tradizionale nega alla natura e il riconoscimento di un
valore intrinseco e di qualsiasi titolarità di diritti.
• La sensiocentrica muove dal presupposto che i soggetti di diritto sono tutti gli esseri
senzienti, a prescindere dalla specie
• La biocentrica attribuisce valore e diritti ad ogni organismo biologicamente vivo, che
tende a conservare la propria esistenza autonomamente e che a fine in sé
• l'eccentrica a mettere lo status morale all'intera biosfera, in virtù della quale la terra
deve essere considerata come un unico superorganismo che va rispettata in sé in
quanto portatrice di interessi finalità
È bene ricordare che la salvaguardia dell'ambiente richiede un impegno internazionale
in ambito politico e giuridico che presuppone una presa di coscienza etica e una
precoce educazione ambientale sin dalla scuola
27. Voce della primogenitura
Il termine primogenitura si riferisce alla condizione di chi , tra più figli , è nato per primo e si
indicano con essi l’insieme dei diritti, dei beni e dei privilegi spettanti al primogenito.
Strettamente connesso alla primogenitura è il diritto maggiorasco : un istituto di origine
spagnola, diffusosi in Italia nel XVI secolo, e, successivamente, abolito nel 1886. La ratio di tale
istituto, che si presenta come una particolare forma di fedecommesso, è costituito dalla
necessità che la terra non venisse frammentata e suddivisa tra i figli, per questo motivo, nel
Medioevo si cominciò a considerare il feudo alla stregua di un bene unico ed indivisibile che
doveva essere trasmesso per intero al primogenito maschio.
Dal punto di vista del diritto successorio, la primogenitura non può che essere ricondotta al più
ampio istituto del fedecommesso e ,tuttavia, essa poteva essere istituita anche al di fuori del
contesto testamentario, integrando , così un “pubblico e giurato istrumento di dichiaratione e
donatione irrevocabile et atto inter vivos rogato per mano de’ notaro” .
Dal pumtyo di vista filosofico, da un lato Hobbes prospetta la primogenitura , come la
tredicesima legge di natura, da un altro lato, Burke e Hegel ,corrono ad argomentazioni diverse
rispetto a quelle del filosofo inglese; il primo infatti, ritiene che su di esse si fondino quelle
grandi famiglie della classe dominante , mentre il secondo ritiene che il diritto di primogenitura
integri una di quelle situazioni in cui la restrizione all’uguaglianza delle oppurtunità si rivela
essenziale per assicurare una classe di proprietari terrieri particolarmente adatti al dominio
politico ; Locke, invece, esprime la sua contrarietà nei confronti di quell’idea secondo la quale
si darebbe una sorta di “soggezione naturale” dei figli nei confronti dei padri. Più in particolare,
egli critica anche la stessa autorità esercitata dal padre nei confronti degli altri membri della
famiglia.
28. Parla di kelsen
Hans Kelsen (1881-1973) è stato uno dei più influenti giuristi e filosofi del diritto del XX secolo.
La sua opera principale, "Reine Rechtslehre" (Teoria pura del diritto), mira a separare il diritto
dalla morale, dalla politica e da altre scienze sociali, con la sua impostazione positivista che
cerca di analizzare il diritto come un sistema normativo autonomo, basato su norme che
regolano il comportamento umano.
La Norma Fondamentale (Grundnorm)al centro della teoria di Kelsen e quella norma da cui
derivano tutte le altre norme del sistema giuridico. La Grundnorm è una presupposizione
necessaria per dare coerenza e validità all'intero ordinamento giuridico.
Kelsen sviluppa anche una Piramide delle Norme in cui descrive il diritto come una gerarchia di
norme, dove ogni norma deriva la sua validità da una norma superiore, fino alla norma
fondamentale. Questo modello piramidale aiuta a spiegare la struttura e la coerenza interna del
sistema giuridico.
29. Parla di Schmitt
Schmitt sostiene che il diritto non può essere ridotto a semplice darmi giuridiche astratte ma
piuttosto dipende dalla decisione sovrana, dove il sovrano è colui che può decidere sullo “la
statua di eccezione” e cioè la sospensione temporanea delle leggi in in una situazione di crisi
proprio questo concetto enfatizza l'importanza della volontà e del potere decisionale nella
definizione e applicazione del diritto; schmitt critica anche il liberalismo per la sua enfasi sulla
neutralità e sulla procedura che ritiene porti alla depoliticizzazione della società e indebolisce
lo stato in quanto egli ritenga che il liberalismo con la sua preferenza per la discussione e il
compromesso sia incapace di affrontare le situazioni di emergenza che richiedono decisioni
rapide e autoritarie proprio per questo Schmitt distingue la sfera del “politico” da altre sfere
come l'economico o il morale
30. Quali sono le differenze tra Kelsen e Schmitt
Principali differenze tra kelsen e schmitt sono tre
1) Nella sovranità e stato di eccezione Schmidt il sovrano è colui che decide nello stato di
eccezione quindi quando sospende l'ordine giuridico per affrontare una crisi e pertanto
sostiene che la politica è essenzialmente basata sulla distinzione tra amico e nemico e
la sovranità si manifesta nel potere di decidere in situazioni straordinarie mentre al
contrario kelsen propone una concezione del diritto come un sistema normativo puro in
cui la sovranità è subordinata al diritto stesso e pertanto non c'è un'autorità al di sopra
del sistema giuridico e tutte le norme devono derivare non a norma fondamentale che
costituisce la base del sistema legale
2) nel decisionismo in quanto Smith è un decisionista e quindi crede che la legge dipenda
dalla decisione politica e che la legittimità risieda nelle capacità del sovrano di agire in
momenti di crisi mentre kelsen è un normatività quindi egli sostiene che il diritto
insieme di dorme che esistono indipendentemente dalle decisioni politiche contingenti
e pertanto il diritto deve essere studiato e applicato come un sistema logico e coerente
3) Nella concezione della democrazia in quanto che non dipende dalla democrazia
liberale e il parlamentarismo quindi vedendo nel processo legislativo e nella
separazione dei poteri gli strumenti per mantenere la legittimità e la legalità del sistema
giuridico mentre Smschm critica la democrazia liberale e il parlamentarismo
sostenendo che la democrazia è incompatibile con il liberalismo in quanto egli creda
che la democrazia richiede un'identità omogenea del popolo ciò è una forte sovranità
capaci di imporre decisioni
31. Voce della stregoneria
Remy, Ciao giudice di Lorena, broso circa 800 “streghe” e soleva dire che la sua giustizia era così
perfetta e tanto buona le imputate si uccidevano prima. Neppure il pentimento o la rinuncia a
manifestare le proprie convinzioni, poteva garantire alle donne streghe la salvezza e la confessione
integrava una sorta di diritto al rogo. Il Consilium “mulier striga” È il primo documento che tratta del
giudizio istruito contro una donna accusata di stregoneria e nel quale l'autore del parere, per un
verso, si appella alla chiesa perché