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RESIDENZA FISCALE DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI
Art. 73, co. 3., t.u.i.r. Si considerano residenti la società che abbiano in Italia per la maggior
parte del periodo d'imposta (183 giorni o 184 se l’anno è bisestile), alternativamente uno dei
seguenti elementi.
• sede legale (criterio di carattere formale): sede risultante dall'atto costitutivo o;
altri due criteri più fattuali
• sede dell’amministrazione: luogo nel quale gli amministratori esercitano l’attività di gestione
della società, quindi, dove il soggetto gestore prende le decisioni strategiche fondamentali, o;
• l’oggetto principale dell'attività: attività concretamente svolta nel mondo economico
Il primo criterio (sede) è formale.
L’ultimo criterio (oggetto) impone una verifica di fatto.
Particolarmente rilevante è il criterio della sede dell’amministrazione, che va inteso (OCSE)
come direzione effettiva, cioè come il luogo in cui viene svolta la gestione della società e vengono
assunte le decisioni strategiche per la gestione societaria.
Nella Circolare n. 28/E del 4 agosto 2006, l’Agenzia delle Entrate aveva specificato che “il
contribuente, per vincere la presunzione, dovrà dimostrare, con argomenti adeguati e convincenti,
che la sede di direzione effettiva della società non è in Italia, bensì all'estero. Tali argomenti e prove
dovranno dimostrare che, nonostante i citati presupposti di applicabilità della norma, esistono
elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione
effettiva nello Stato estero.” 38
Esterovestizione [2]
Si ha esterovestizione quando una società simula di essere residente all'estero per non essere assoggettata al regime
tributario italiano. Tale comportamento viene colpito dal TUIR, il quale prevede un meccanismo (una presunzione) per
cui la società si considera residente in Italia, salvo che fornisca prova contraria.
La seguente norma comporta l’inversione dell’onere della prova da parte del contribuente.
Art. 73, co. 5-bis, t.u.i.r.
Si considera in Italia la sede amministrativa di una società estera:
a1) controllata, anche indirettamente, ex art. 2359, co 1., cod. civ., da soggetti residenti in Italia o;
a2) amministrata da un CdA o altro organo composto in prevalenza da membri italiani
e (congiuntamente)
b) che detiene partecipazioni di controllo ex art. 2359, co. 1, cod. civ., in una società residente
Si considera esistente nel territorio dello Stato la sede
dell'amministrazione di LUX holding (a Lussemburgo) e,
quindi, la si considera residente
Al ricorrere di una delle suddette condizioni spetta alla società stessa l’onere di dimostrare che non
trova applicazione la presunzione stabilita dalla norma. Per vincere tale presunzione, il soggetto
dovrà dimostrare che la sede effettiva della società non è in Italia, bensì all'estero e che, nonostante i
citati presupposti, esistono elementi di fatto, situazioni od atti idonei a dimostrare un concreto
radicamento della direzione effettiva nello Stato estero.
Ai fini della verifica della sussistenza del suddetto controllo dei soggetti residenti sul soggetto
estero e viceversa, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di
gestione del soggetto estero controllato.
Per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari entro il terzo grado ed agli
affini entro il secondo (art. 73, co. 5-ter, t.u.i.r.).
Nell’ipotesi in cui un soggetto residente controlli una società o un ente residente localizzato in Stati
o territori a fiscalità privilegiata che a sua volta detenga partecipazioni di controllo in società di
capitali o enti commerciali residenti in Italia, la presunzione di residenza nel territorio dello stato
dell'entità estera rende inoperante la disciplina CFCs. 39
La normativa CFCs dovrà essere applicata qualora, invece, sia fornita la prova contraria, atta a
vincere la presunzione di residenza in Italia.
Art. 73, co. 5-quater, t.u.i.r. (come introdotto dal d.l. n. 112 del 2008 convertito)
Si considerano residenti nel territorio dello Stato le società o enti
a. controllate direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta
persona, da soggetti residenti in Italia e
b. il cui patrimonio è investito in misura prevalente in quote di fondi di investimento immobiliare
chiusi di cui all’art. 37 t.u.f.
LUX si considera residente diviene soggetta agli obblighi
fiscali, formali e sostanziali, italiani
La disposizione, avente evidente funzione antielusiva, appare preminentemente volta a contrastare
fenomeni di esterovestizione finalizzati a beneficiare della esenzione da imposizione dei proventi
derivanti dall’investimento in Fondi immobiliari prevista per i soggetti esteri residenti in Stati
White list.
“Il controllo è individuato ai sensi dell'articolo 2359, commi 1 e 2, cod. civ., anche per
partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società”.
In merito alla individuazione del controllo, rilevano tutte le fattispecie di controllo, diretto o
indiretto, di cui all’art. 2359 cod. civ. e, pertanto, oltre a quello di diritto (maggioranza dei voti
esercitabili nell’assemblea ordinaria), quello di fatto, nelle forme della influenza dominante
nell’assemblea ordinaria ovvero in virtù di particolari vincoli contrattuali.
La precisazione “anche per partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società” è stata
inserita al fine di prevenire possibili dubbi nei casi non espressamente contemplati dall’art. 2359
c.c. che individua le situazioni di controllo solo con riferimento a rapporti partecipativi di tipo
intrasocietario. 40
IVA
Riferimenti normativi:
• d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in attuazione della I e II Direttiva IVA del 1967;
• Direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE (VI Direttiva in materia di IVA);
• Direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE (Direttiva che sostituisce la VI Direttiva; c.d. Direttiva «Rifusione»);
• Direttiva 12 febbraio 2008, n. 2008/8/CE (in materia di territorialità);
• d.lgs. 11 febbraio 2010, n. 18.
• In preparazione direttive su regime definitivo commercio intracomunitario
L’IVA può definirsi come imposta comunitaria, in quanto:
A. è stata istituita ed è regolamentata per tutti i suoi profili sostanziali da direttive comunitarie
B. una quota del gettito è destinata al finanziamento degli organi comunitari (0,5% dell’incasso
netto di ogni Paese). Non è possibile prevedere un condono sull’IVA.
La risorsa più importante prevista nella nostra legislazione ma amai arrivata all’attuazione definitiva
dovrebbe essere una partecipazione all’iva dei consumi regionali. Molto simile alla
compartecipazione che in questo momento ha l’unione europea. Si è valutato che questa
compartecipazione è la cosa più vicina che c’è dal punto di vista del federalismo fiscale vicino alla
situazione comunitaria (in altri paesi già c’è, come ad esempio in Spagna e Germania che però sono
già paesi federali).
L’IVA si qualifica quale imposta plurifase non cumulativa:
- plurifase: perché si applica ad ogni fase del ciclo produttivo – distributivo (un’imposta monofase
si applica sul prezzo di vendita di una sola fase, di regola, solo nella fase della vendita al
dettaglio);
- non cumulativa: perché l’imposta da versare è pari alla differenza tra quanto addebitato e
quanto detratto nella stessa fase (un’imposta cumulativa non consente all’operatore di detrarre
l’imposta da lui pagata). A differenza della vecchia IGE.
Il soggetto passivo IVA ‘di diritto’ non è inciso dal tributo in quanto opera l’istituto della rivalsa
che, per il tramite dello strumento dell’addebito al cliente dell’imposta, consente al soggetto passivo
IVA di non subirne l’onere.
Se acquirente è un soggetto passivo, questi
acquisisce il diritto di portare in detrazione
l’IVA a lui addebitata a titolo di rivalsa.
Per i soggetti passivi del tributo l’IVA è
neutrale e Il soggetto inciso dal tributo è 41
solo il consumatore finale.
Rimane inciso dal tributo colui che non ha la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione.
Si tratta, di norma, di colui che non è soggetto passivo IVA, c.d. consumatore finale.
Contribuente di fatto vs. Contribuente di diritto
Giustificazione in termini di capacità contributiva:
Sono state proposte in dottrina due opzioni ricostruttive:
1. l’IVA è un’imposta generale sui consumi che grava sul consumatore finale il cui presupposto è
l’atto di immissione del bene o del servizio al consumo finale. I versamenti intermedi sono
acconti dell’imposta che sarà dovuta all’atto finale in cui il bene esce fuori dal circuito di
impresa (prelievi frazionati). Si distinguono le obbligazioni anticipatorie a carico dei soggetti
IVA dall’IVA come imposta definitiva a carico del consumatore finale;
2. l’IVA colpisce l’esercizio dell’attività di impresa o professione applicandosi sulla somma
algebrica della massa delle operazioni attive e passive effettuate dal soggetto passivo nel
periodo di imposta o sulla singola operazione imponibile (questo può valere per un’imposta tipo
IRAP).
CGUE, sent. 4 febbraio 1998, Causa C-391/85, Commissione c. Belgio
“Il principio del sistema comune in materia di IVA consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi, fino
allo stadio del commercio al dettaglio compreso, un’imposta generale sul consumo esattamente
proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, indipendentemente dal numero dei passaggi avvenuti
nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione. Tuttavia, ad
ogni passaggio, l’IVA è dovuta solo previa detrazione dell’ammontare dell’imposta che ha gravato
direttamente sul costo dei vari elementi costitutivi del prezzo. Una volta giunto al consumatore
finale, che non sia un soggetto passivo, il bene resta gravato dall’IVA per un importo proporzionale
al prezzo che detto consumatore ha pagato al proprio fornitore. Il consumatore finale non è quindi
soggetto passivo dell’IVA, ma è nondimeno su di lui solo che - al termine della fase di distribuzione
- ricade l’onere di pagare l’importo dell‘IVA proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi,
indipendentemente dal numero dei passaggi avvenuti nel processo di produzione e di distribuzione
antecedente alla fas