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38. IL RITO ORDINARIO DI COGNIZIONE. I MODELLI PROCESSUALI. IL PROBLEMA DELLE RISORSE.
L'ATTO DI CITAZIONE
Da sempre si ci domanda se sia preferibile un solo tipo di rito, quello ordinario, magari corredato da valvole di
flessibilità per adattare il rito unico alla concretezza dei singoli casi, piuttosto che predisporre riti diversi in
relazione alle diverse di controversie sostanziali, secondo la nozione giurisprudenziale della tutela
differenziata: in tale seconda direzione ad esempio andava la scelta del legislatore del 1973 che introduceva
un apposito rito per la materia del lavoro, o il legislatore del 2003 che costruiva un rito specifico per le
controversie societarie. Tuttavia, questa scelta di moltiplicare le tipologie di riti non sempre ha avuto
risultati appaganti. Ragion per cui è appunto preferibile seguire il primo orientamento, ovvero un (unico)
rito ordinario ma flessibile per rispondere alle esigenze del caso concreto.
La legge 69/2009 si muove in tale direzione e si sforza di compiere un lavoro di semplificazione (è stato
abolito il processo societario). Una vasta serie di procedimenti speciali deve essere ricondotta a seconda
dei casi a tre tipologie di rito:
• rito del lavoro: i procedimenti in cui sono prevalenti caratteri di concentrazione processuale,
ovvero di officiosità dell'istruzione;
• rito sommario: i procedimenti in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della
trattazione o dell'istruzione della causa;
• rito ordinario: tutti gli altri.
Tuttavia, in base all'art 54 restano fermi i criteri di attribuzione di competenza per materia, valore e
territorio nonché i criteri di composizione dell'organo giudicante previsti dalla legislazione vigente. Se
quindi per un dato procedimento speciale era competente il giudice di pace, questo elemento rimane e
non può essere modificato dal legislatore delegato. Inoltre, restano fuori dalla previsione della legge di
delega molte materie importanti, che rimangono disciplinate dai riti speciali in vigore: il fallimento, la
famiglia e i minori, la proprietà industriale, il codice del consumo.
La delega è stata attuata con il decreto n.150 del 2011. Molti dei riti, riunificati attorno ai tre modelli,
mantengono peculiarità, con la conseguenza di diminuire l'effetto di semplificazione e che sia il rito del lavoro
che il rito sommario presentano variazioni che li distinguono dalla forma ordinaria.
Oggi, per quanto riguarda il processo ordinario esistono varie tipologie di riti, noi ci concentreremo nel
processo dinanzi al tribunale in composizione monocratica poiché è questa la normale composizione
decisoria del tribunale, ex art. 50 ter: quella collegiale rimane confinata ai casi dell'art. 50bis, ovvero
qualora disposizioni speciali di legge lo prevedano. Il codice, costruito pensando ad un giudice collegiale,
deve inserire norme di coordinamento come l'art 281bis secondo il quale nel procedimento davanti al 72
tribunale in composizione monocratica si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del secondo libro,
ove non derogate dalle disposizioni del capo III bis e come l'art 281quater che precisa che le cause nelle
quali il tribunale giudica in composizione monocratica sono decise, con tutti i poteri del collegio, dal giudice
designato come istruttore (che sarebbe propriamente istruttore solo se lavora all'interno di un collegio).
Le differenze tra rito del tribunale monocratico e rito del tribunale collegiale sono poche: si riducono ad
aspetti relativi alla fase decisoria e al più ampio potere del giudice monocratico di ammettere testimoni
d'ufficio. La vera differenze sta nel fatto che, nella composizione collegiale, il giudice istruttore segue la
fase della trattazione mentre le decisioni sono assunte dal collegio.
Il processo ordinario di cognizione è articolato in tre fasi:
1) una fase di introduzione, che inizia con la proposizione della domanda e con le difese di
tutte le parti, giungendo fino al momento in cui si determina in modo definitivo la materia
del contendere;
2) la fase di trattazione: data la materia del contendere, in essa ha luogo la trattazione sostanziale
degli argomenti oggetto di contesa. Essa comprende la fase istruttoria cioè quella volta alla raccolta
del materiale probatorio necessario all'accertamento dei fatti;
3) la fase decisoria: le parti completano le loro difese e il giudice preso atto del contenuto
definitivo delle domande, decide.
Va detto che la distinzione tra le diverse fasi non è netta e vi sono vari momenti di sovrapposizione: ad es. gli
scritti difensivi, seppure in maniera diversa, si distribuiscono in tutte le fasi.
I due principali modelli alternativi sono:
processo del lavoro: ci sono tendenzialmente due soli atti introduttivi cioè il ricorso e la memoria
- difensiva, che contengono tutte le allegazione in fatto e tutte le richieste istruttorie. La trattazione si
svolge in una sola udienza, al termine della quale dopo la discussione orale, il giudice pronuncia il
dispositivo della sentenza.
processo sommario (più correttamente rito a cognizione semplificata): il rito del lavoro viene
- adattato a controversie relative a fattispecie semplici.
Sia bene chiaro che il legislatore non si propone di trovare un modello migliore ma si indirizza alla scelta di
questo o di quel modello processuale spesso solamente in rapporto alla sua idoneità ad alleviare il carico
giudiziario, in una situazione resa difficile dalla carenza di risorse e dalla tendenza della società civile a
preferire l'allocazione del denaro pubblico in settori diversi dalla giustizia. Al riguardo ricordiamo: le
tecniche di limitazione dei mezzi di impugnazione; il tentativo di risolvere la controversia prima dell'inizio;
quello di deciderla in limine mediante riti abbreviati; quello di affidare alle parti o comunque a soggetti
privati la gestione di segmenti più o meno complessi del processo; quello di disciplinare moduli condivisi
per la trattazione del caso; e infine quello di adottare procedimenti semplificati.
Occorre poi ricordare gli interventi che il legislatore italiano periodicamente organizza nel tentativo di
diminuire il carico giudiziario e ridurre la durata dei processi. Ad es. le modifiche strutturali apportate al
codice spesso non consistono in scelte razionali ma in soluzioni dall'intento deflattivo così: le ordinanze
post-istruttorie e la stessa provvisoria esecutorietà della sentenza, attribuita prima dell'esaurimento delle
fasi di merito. La riforma dell'appello si colloca in questa linea. Si pensi, poi, all'istituzione delle sezioni
stralcio dei tribunali, all'impiego dei giudici onorari, all'obbligatorietà della mediazione.
Si prederà come modello di riferimento il giudizio in primo grado secondo il rito ordinario dinanzi al 73
tribunale in composizione monocratica. Il processo dinanzi al tribunale (in composizione monocratica)
inizia con l'atto di citazione mediante il quale viene proposta la domanda giudiziale (art. 163). I modi per
l'inizio di un processo sono:
la citazione: l'attore espone la domanda e invita il contenuto a presentarsi davanti al giudice ad
- udienza fissa. Il contratto si ha tra le parti, e solo dopo viene coinvolto l'organo giudiziario;
il ricorso: l'attore propone la domanda e chiede al giudice di fissare un'udienza, alla quale sarà chiamato
- a partecipare il convenuto. Viene prima chiesto l'intervento del giudice e poi si porta l'iniziativa a
conoscenza della controparte.
Il ricorso, più rispettoso delle modalità organizzative dell'ufficio giudiziario, è il modello europeo prevalente;
la citazione rimane però la forma storicamente prescelta in Italia.
Art. 163 c.p.c.: La domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa.
Il presidente del tribunale stabilisce al principio dell'anno giudiziario, con decreto approvato dal primo
presidente della Corte di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente
alla prima comparizione delle parti.
L’atto di citazione deve contenere:
1. l’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta;
2. il nome, il cognome, la residenza e il codice fiscale dell'attore, il nome, il cognome, il codice fiscale, la
residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano
o li assistono. Se attore o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un
comitato la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l’indicazione dell’organo o ufficio
che ne ha la rappresentanza in giudizio;
3. la determinazione della cosa oggetto della domanda;
4. l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni;
5. l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre
in
comunicazione;
6. il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura, qualora questa sia stata già rilasciata;
7. l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti
giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166, ovvero di dieci giorni prima in
caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi
dell’art. 168-bis, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli
artt. 38 e 167.
L'atto di citazione, sottoscritto a norma dell'art. 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore all'ufficiale
giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt. 137 ss.
In sintesi, come possiamo vedere, l'atto di citazione presenta il seguente contenuto:
a) una parte di intestazione (giudice, parti, domicilio, avvocati);
b) una parte che contiene la domanda giudiziale vera e propria (oggetto, fatto e diritto,
conclusioni): editio actionis;
c) una parte che comporta il collegamento fra parti e giudice: l'invito a comparire ad udienza fissa:
vocatio in ius.
A ciò si aggiunge l'indicazione dei mezzi di prova che l'attore già ritiene di voler proporre. Al riguardo tuttavia
in base all'art. 183,6 l'attore che non indichi alcun mezzo di prova non incorre in decadenze o preclusioni di
sorta. L'atto di citazione dev'essere poi sottoscritto ex art. 125 dal difensore munito di procura: inizia il
processo. 74
Come possiamo notare i requisiti di contenuto-forma della citazione sono logicamente conseguenti allo
scopo oggettivo dell'atto e corrispondono anche al contenuto della sentenza. In particolare, le conclusioni
richiamano il dispositivo della sentenza, che le accoglierà in tutto o in parte, o le respingerà, mentre
l'espos