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TSO.

Le cose diventano complicate nel momento in cui una persona non può essere in grado di

esprimere alcun giudizio sul trattamento sanitario.

Esempio

Una persona ha un incidente e si trova sulla strada in condizioni critiche. L’ambulanza arriva

prima che muoia e nonostante il tentativo di risveglio la persona non può esprimere il suo

giudizio su un trattamento necessario per salvarle la vita. Nonostante la mancanza di un

consenso in questo caso il sanitario è obbligato ad intervenire secondo il codice

deontologico dei medici.

Accade che questa persona viene salvata, però rimarrà in uno stato vegetativo permanente

e non per un errore medico. Questa persona potrà interrompere il trattamento salva vita? In

queste condizioni la persona non è in grado di esprimere le proprie preferenze.

Eluana Englaro

Eluana Englaro in seguito ad un incidente era destinata a vivere in uno stato vegetativo

permanente.

Il padre di Eluana ha fatto richiesta per essere nominato tutore, perché durante l’accaduto la

ragazza era maggiorenne.

Il tutore, come sappiamo, deve fare gli interessi del tutelato aiutando e comprendendo la

persona beneficiaria. I giudici in questa vicenda ritenevano che si dovesse ipotizzare quale

sarebbe stata la scelta della persona qualora la stessa fosse stata in grado di comprendere

la situazione: volontà biografica. Il padre espose in tribunale che la ragazza, nell’occasione

di un incidente che aveva riguardato un suo amico, disse agli amici che se mai si trovasse a

seguito di un incidente in uno stato vegetativo permanente non avrebbe mai voluto vivere in

quella condizione perché quella sarebbe una non vita. Questa ricostruzione è stata accolta,

quindi per i giudici il tutore potrebbe anche decidere di chiedere la disattivazione del

trattamento medico salvavita qualora fosse da escludere, secondo le attuali conoscenze

mediche, che l’infermo abbia possibilità di recupero, ma non esprimendo una opinione ma la

volontà biografica della persona.

Quando il padre ha interrotto le cure una procura ha interrogato il padre per omicidio.

Il medico deve reiterare un intervento terapeutico e tenere in considerazione le direttive di

vita del paziente, la sua volontà biografica e in particolar modo il tutore che è il traduttore

delle volontà biografiche. Le direttive di vita attraverso il tutore potranno essere disattese

quando una volta manifestate esistano fondate ragioni che non corrispondano più alla

volontà attuale del malato.

Il medico può discostarsi dall’indicazione finale del tutore quando in base alle conoscenze

mediche attuali si può ritenere che la persona potrebbe vedere un miglioramento nel proprio

stato di salute, la persona non si trova in uno stato di mancanza di ogni miglioramento

medico.

Nel caso in cui un minorenne avesse un incidente, ed è necessario un intervento salvavita,

sono i genitori ad intervenire per il figlio che non ha la capacità di agire.

Esempi

1)​ I genitori dicono che è interesse del figlio che non venga sottoposto alla trasfusione

di sangue, che sarebbe l’unico modo per salvargli la vita, perchè per loro è un atto

sacrilego.

2)​ Una persona maggiorenne deve essere sottoposto ad una trasfusione di sangue, ma

nel momento il medico trova una catenina con scritto ‘no sangue’.

Il legislatore è intervenuto con la legge 219/2017: negli articoli 3 e 4 si tende a risolvere

questi casi.

Articolo 3, secondo comma: il consenso informato al trattamento sanitario del minorenne

è espresso o rifiutato dai genitori o dal tutore, tenendo conto della volontà della persona

minore e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel

pieno rispetto della dignità.

La decisione dei genitori quindi non è totalmente libera, ma deve essere orientata a

tutelare la salute psicofisica e della vita del minore. Inoltre, devono tener conto della volontà

stessa del minore nel pieno rispetto della sua dignità: il che vuol dire che i genitori o i tutori

non possono essere insensibili all’idea stessa della vita e della dignità che i minori possono

aver già manifestato relazionandosi con la famiglia o con la comunità di riferimento

(considerando l’età e il grado di maturità).

Il terzo comma prevede che il consenso informato della persona interdetta è espresso o

rifiutato dal tutore, sentito l’interdetto ove possibile, avendo come scopo la tutela psicofisica

e della vita della persona nel pieno rispetto della sua dignità.

Il quarto comma dice che il consenso informato della persona inabilitata, ovvero l’infermo

di mente, sia espresso dalla persona stessa. Quando una persona è inabilitata dal punto di

vista medico provvede personalmente alle proprie scelte. Nel caso in cui sia stato nominato

un amministratore di sostegno, la cui nomina prevede l'assistenza necessaria o la

rappresentanza esclusiva in ambito medico, il consenso informato è espresso o rifiutato

anche dall’amministratore di sostegno.

Nel comma 5, nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata

(avevamo appena detto che l’inabilitato decide da solo e quindi questa cosa indicata è un

errore) oppure l’amministratore di sostegno o il rappresentante legale del minore rifiutano le

cure proposte e il medico ritiene che siano appropriate e necessarie, la decisione spetta al

giudice tutelare che confermerà la scelta del medico nel caso in cui sia volta a salvare la vita

del paziente.

Quindi, nel caso del minorenne fatto prima la decisione finale spetterà al giudice, il quale è

reperibile e darà un giudizio in poco tempo. In alcuni casi, però, vi è bisogno di una

decisione immediata e il medico farà valere lo stato di necessità.

L’articolo 4 dice che ogni persona maggiorenne capace di intendere e di volere in previsione

di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può attraverso le disposizioni

anticipate di trattamento esprimere le proprie volontà in termine di trattamenti sanitari.

Le DAT devono essere fatte in atto pubblico o scrittura privata, oppure possono essere fatte

dalla persona interessata e poi consegnate al comune.

Il medico è tenuto al rispetto delle disposizioni anticipate, ma esse possono essere disattese

dal medico quando:

-​ appaiono incongrue

-​ non corrispondenti alla condizione clinica attuale

-​ sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire

concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita

Con le DAT è possibile indicare un fiduciario che faccia le veci del disponente e lo

rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie. Nel momento in cui la

DAT non preveda tale indicazione o lo stesso abbia rinunciato, le DAT mantengono efficacia

in merito alle volontà del disponente.

In caso di necessità il giudice provvede alla nomina di un amministratore di sostegno

fiduciario, con l’incarico di fare le veci del disponente e di rappresentarlo.

Nel caso di conflitto tra fiduciario e medico sarà il giudice tutelare a decidere.

Nel caso della catenina con la scritta ‘no sangue’ il medico non può prendere questa

indicazione come una DAT, quindi procederà nel modo migliore per la vita del paziente.

Diritto alla salute

Il diritto alla salute è inteso come il diritto alla tutela dell’integrità fisica o psichica.

L'articolo 32 della Costituzione riconosce il diritto alla salute come diritto fondamentale della

persona e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Se una persona ha la necessità di essere curata ha il diritto alle cure, anche nel caso in cui

non avesse le capacità economiche per affrontare l'intervento. Questo segna una grande

forma di civiltà che in altri ordinamenti manca, come in quello americano.

La salute, infatti, non costituisce soltanto un diritto primario dell’individuo, ma anche un

interesse della collettività che è chiamata a predisporre adeguate strutture per la sua

protezione.

La tutela della salute è garantita sotto una duplice direttiva:

-​ Si tutela la persona contro le aggressioni che può arrecare a se stessa.

L’articolo 5 del c.c. dice che gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando

cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica di una persona o quando siano

contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.

Quindi, ad esempio, la donazione dei capelli non implica una lesione della propria integrità

fisica, ma non posso vendere la mia cornea per consentire a qualcuno di avere la capacità

visiva. Questo mio atto di disposizione è nullo, in quanto non tutelato dal nostro ordinamento

ed è considerato un reato.

Dobbiamo considerare che in alcuni casi il legislatore ammetta atti di disposizione del

proprio corpo gratuitamente. Prevede e regolamenta la cessione del rene, del fegato e il

prelievo del sangue, in quanto non compromettono la salute di una persona.

Non c’è il rischio di ledere il diritto alla salute quando si effettua un trapianto di organi di una

persona defunta.

Il problema che può presentarsi è quello di rispettare la decisione di una persona in vita, la

quale potrebbe esprimere anche il suo dissenso.

Il prelievo di organi dal defunto può essere effettuato solo se:

-​ ci deve essere il rigoroso accertamento della morte

-​ il trapianto può essere effettuato solo a titolo gratuito

-​ il prelievo di organi può effettuarsi solo se non sia in contrasto con le volontà del

defunto

-​ Si tutelano le forme di aggressioni da parte di terzi.

Siccome il diritto alla salute è un diritto fondamentale, l'ordinamento interviene a tutelare le

persone e chi lede tale diritto è punito sia dal punto di vista penale che da quello civile.

Articolo 2043 c.c.: qualunque fatto doloso o colposo che cagiona un danno ingiusto obbliga

l’autore del fatto al risarcimento del danno.

Ci sono dei settori in cui la salute della persona è naturalmente esposta agli interventi altrui,

in particolare durante i trattamenti medico-chirurgici che possono incidere sull’integrità

fisica del paziente. Basti pensare ad interventi particolarmente invasivi o che richiedono di

effettuare amputazioni.

Nessuno può essere obbligato ad un intervento sanitario, anche se salvavita, tolti

ovviamente tutti i casi eccezionali visti in precedenza.

Il diritto al nome

Il diritto al nome è un altro diritto inviolabile e assoluto che rientra nel novero di quei diritti

inviolabili di cui parla in modo generico l’articolo 2.

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
66 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Clari.04 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Maurizi Giovanni.