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DELITTO PRETERINTENZIONALE
Ai sensi dell’Art. 43 co. 2, il delitto è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando all’azione od omissione deriva
un evento danno o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente.
Nell’ordinamento si rintracciano solo 2 fattispecie di delitti preterintenzionali: l’omicidio preterintenzionale,
quando un soggetto con atti diretti a commettere il reato di percosse o lesioni involontariamente cagionato l
morte di una persona, e l’aborto preterintenzionale, quando un soggetto con atti diretti a provocare delle lesioni
ad una donna ne cagionato involontariamente l’interruzione della gravidanza.
Problematica risulta l’individuazione della natura giuridica della preterintenzione. A riguardo sono state elaborate
diverse teorie. Alcuni autori, ad esempio, vedono la preterintenzione come un terzo tipo di elemento psicologico,
accanto al dolo e alla colpa. Altri autori vedono nell’elemento soggettivo del reato preterintenzionale un caso di
dolo misto a colpa dove il dolo è riferito al reato meno grave e la colpa all’evento più grave in concreto realizzatosi.
Secondo invece l’impostazione maggioritaria, il reato in questione è, in realtà, un reato doloso, misto a
responsabilità oggettiva: il delitto preterintenzionale sarebbe costituito dal dolo del reato base, misto alla
responsabilità oggettiva del delitto più grave.
IMPUTABILITÀ: VIZIO TOTALE O PARZIALE
L'imputabilità è requisito senza il quale non può darsi alcuna colpevolezza, è cioè condizione personale per
l’applicazione della pena. Infatti, ai sensi dell’Art. 85 c.p., nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla
legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile; è imputabile chi ha la capacità
d’intendere e di volere. Tradizionalmente la capacità di intendere e di volere viene intesa come capacità di
percepire il significato delle proprie azioni e capacità di autodeterminarsi. Non può essere punito, quindi, il
soggetto che agisce senza comprendere il proprio comportamento e privo della coscienza e volontà dell’atto. Il
codice non fornisce il contenuto di tali capacità ma si limita ad indicare 4 fattori che incidono sulla capacità di
intendere e di volere: il vizio di mente, l’età, l’uso di alcool e stupefacenti, il sordomutismo. L’imputabilità si
considera normalmente presente quando il soggetto agente ha raggiunto la maturità fisico-psichica con il
compimento dei 14 atti di età e allo stesso tempo non sia in condizioni di infermità psichica o non abbia abusato
di alcool e stupefacenti.
Vi è però responsabilità penale per il fatto di reato commesso dal soggetto incapace qualora la condizione di
incapacità sia procurata ad altri o a sé stesso. Infatti, ai sensi dell’Art. 86 c.p., se taluno mette altri nello stato
d’incapacità d’intendere o di volere, al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona resa
incapace risponde chi ha cagionato lo stato d’incapacità. Inoltre ove il soggetto si ponga in condizioni di incapacità
di intendere e di volere al fine di commettere un delitto o di precostituirsi una scusa, non trova applicazione
l’art.85 c.p. e il soggetto sarà perciò imputabile
La capacità di intendere e di volere va accertata nel soggetto con riguardo al momento in cui è stato commesso
il reato e in relazione al singolo fatto concreto.
Il codice penale prevede delle ipotesi, non tassative, di semi-imputabilità che escludono o diminuiscono
l’imputabilità.
Una prima ipotesi riguarda il vizio di mente che può essere totale o parziale. Nel caso di vizio di mente totale
l’autore del fatto sarà prosciolto e al massimo, se ritenuto socialmente pericoloso, sarà soggetto ad una misura di
sicurezza; nel caso di vizio di mente parziale, invece, l’autore del fatto risponde del reato commesso ma la pena
sarà diminuita. La distinzione tra le due forme di vizio dipende dal grado di intensità della malattia da cui dipende
l’infermità, che può essere sia di tipo psichico sia di natura fisica. Tale stato di infermità non deve essere
necessariamente duraturo, può essere anche transitorio. È importante sottolineare che gli stati emotivi e
passionali, invece, non incidono sull’imputabilità, se non quando abbiano carattere patologico.
La seconda ipotesi riguarda l’assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti. Ai sensi dell’Art. 91 c.p.,
l’ubriachezza e l’intossicazione da stupefacenti escludono o diminuiscono la capacità di intendere e di volere solo
se dovute a caso fortuito o forza maggiore. Infatti l’ubriachezza o intossicazione volontaria o colposa non
escludono né diminuiscono la capacità di intendere e di volere. Inoltre se l’ubriachezza è preordinato al fine di
commettere il reato o di prepararsi una scusa, la pena è aumentata. Altra circostanza aggravante è prevista per
l’ubriachezza abituale, cioè nei confronti di chi è dedito all’uso di bevande alcoliche e in stato frequente di
ubriachezza. La cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti è invece equiparabile ad un’infermità
parziale o totale.
Ultima causa di esclusione o diminuzione dell’imputabilità per incapacità naturale è la minore età. In particolare:
con il raggiungimento della maggiore età il soggetto diviene imputabile mentre al di sotto dei 14 anni vi è una
presunzione assoluta di incapacità per cui il soggetto si considera sempre non imputabile. Per i soggetti invece
che si trovano nella fascia d’età tra i 14 e 18 anni, la imputabilità o meno deve essere valutata dal giudice caso
per caso, ma in ogni caso la pena è diminuita.
CIRCOSTANZE: CRITERIO DI IMPUTAZIONE DELLE CIRCOSTANZE E POTERE DI BILANCIAMENTO
Il nostro ordinamento prevede degli elementi circostanziali, cioè elementi oggettivi e soggettivi che concorrono
a determinare la gravità del reato in senso peggiorativo o migliorativo. Le circostanze sono elementi accidentali
o accessori del reato che consentono al giudice di scendere o salire sopra la pena minima o massima. La loro
funzione è quindi quella di accostarsi ad una fattispecie di reato modificandone gli effetti sanzionatori per
adeguare maggiormente la pena alle particolari caratteristiche della condotta e della persona dell’agente.
Il codice suddivise le circostanze in aggravanti, nel senso che producono un aumento della pena edittale prevista
per il reato-base, o, al contrario, in attenuanti, alle quali segue una diminuzione della pena.
Inoltre le circostanze a loro volta si possono classificare in comuni, perché si applicano a tutti i reati o a particolari
categorie di reati, o speciali, perché si applicano solo a specifici reati.
Altra classificazione suddivide le circostanze aggravanti o attenuanti in: circostanze ad effetto ordinario, le quali
comportano una diminuzione o aumento della pena di 1/3, e circostanze ad effetto speciale, che comportano un
aumento di pena superiore ad 1/3 o portano a determinare la pena in modo autonomo. Esempio di circostanza
ad effetto ordinario è la recidiva secondo cui chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne
commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto
non colposo.
Le circostanze, inoltre, possono essere oggettive, quando si estendono a tutti i concorrenti nel reato, oppure
soggettive, quando sono relative solo al soggetto cui riferiscono. In particolare le circostanze oggettive sono quelle
che concernono la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità
del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’offeso; le circostanze soggettive, invece,
sono quelle che concernono la intensità del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del
colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l’offeso, ovvero sono quelle inerenti alla persona del colpevole.
Si distingue, poi, tra circostanze obbligatorie e circostanze facoltative, a seconda che il loro accertamento imponga
o meno al giudice di modificare la sanzione.
Ultima distinzione, effettuata dalla dottrina, suddivide le circostanze in: circostanze definite, i cui elementi
costitutivi sono descritti espressamente dalla legge, e circostanze indefinite, la cui individuazione degli elementi
costitutivi è rimessa alla discrezionalità del giudice. Il caso più evidente di attenuante indefinita sono le
circostanze attenuanti generiche disciplinate all’Art. 62-bis c.p. il quale sancisce che il giudice, indipendentemente
dalle circostanze previste nell’articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le
ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena; esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell’applicazione
di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate
nell’articolo 62.
Per quanto riguarda i criteri di imputazione delle circostanze, nel disegno originario del codice del 1930, le
circostanze operavano oggettivamente, sia che fossero aggravanti sia attenuanti. Oggi, invece, le circostanze
aggravanti sono imputate soggettivamente, quindi devono essere conosciute o conoscibili, mentre quelle
attenuanti operano oggettivamente.
In presenza di circostanze aggravanti e attenuanti, il giudice ha un generale potere di bilanciamento delle
attenuanti, per cui può riconoscere solo le attenuanti o solo le aggravanti o ritenere che vi sia equivalenza. Nello
specifico: se le circostanze aggravanti sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tiene conto delle diminuzioni di
pena stabilite per le circostanze attenuanti e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze
aggravanti; se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti, non si tiene conto degli aumenti di pena stabiliti
dalla circostanze aggravanti e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti;
se il giudice ritiene che vi sia equivalenza tra la circostanze aggravanti e quelle attenuanti, si applica la pena che
sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze. Nel giudizio di bilanciamento non pesa il numero
delle circostanze, ma la loro qualità, potendo quindi anche prevalere una sola attenuante su varie aggravanti e
viceversa.
TENTATIVO E REATO IMPOSSIBILE
La figura del delitto tentato è delineata dall’Art. 56 c.p. secondo cui risponde di delitto tentato chi compie atti