RAPPORTI TRA TRATTATI
Cosa succede quando due trattati entrano in conflitto tra loro? Qui c'è un bellissimo contributo sul
fatto che come sempre, un pò come facciamo per le istituzioni nazionali, immaginiamo gli Stati e altri
soggetti della comunità internazionale ma soprattutto gli Stati come dei soggetti razionali, cioè dei
soggetti razionali che tendenzialmente quando concludono un trattato tengono conto degli
obblighi che hanno assunto precedentemente. Intanto un contrasto tra le norme di un trattato
può non essere immediatamente evidente, ma manifestarsi solo dopo un pò di tempo. E in
secondo luogo noi abbiamo anche Stati che concludono trattati senza rendersi conto che quel
nuovo trattato è incompatibile con un trattato che avevano già concluso precedentemente.
Questa è la teoria sulla irrazionalità degli Stati si applica benissimo al tema dei trattati perché può
capitare. Intanto può capitare perché ad esempio gli Stati non si rendono conto che in realtà gli
obblighi che stanno assumendo potrebbero nel tempo entrare in contrasto con altri obblighi.
Capita di continuo. Per esempio, gli Stati che hanno aderito all'accordo di Parigi con l'obbligo di
ridurre le emissioni e contrastare il cambiamento climatico continuano a essere parte di una
serie di trattati internazionali che rendono questo percorso molto difficoltoso, per esempio i
trattati sul commercio internazionale o i trattati sugli investimenti stranieri, è molto difficile
conciliare queste due cose e così tantissime altre vicende, può essere più o meno esteso il conflitto anche
in termini soggettivi.
Che regola ci viene fornita dalla Convenzione di Vienna nell'ordinamento internazionale? La
regola del criterio cronologico anche detto della lex posterior, cioè tra due trattati
incompatibili prevale quello successivo nel tempo. Ma questo può accadere solo se il trattato
successivo coinvolge le stesse parti di quello precedente. Quindi il caso più semplice è quello
dei trattati bilaterali, in cui due Stati concludono un trattato bilaterale poi vent'anni dopo ne
concludono un altro, se i due sono in contrasto e prevale quello posteriore nel tempo, quello successivo,
quindi dovranno applicare quello più recente. Tant'è che anche ai trattati esiste l'abrogazione che
può essere anche tacita, nel senso che un trattato che rende impossibile continuare ad
eseguire il trattato precedente fondamentalmente lo abroga. Questo vale tra le stesse parti
perché un trattato vincola soltanto chi lo abbia accettato; quindi, non possiamo applicare il criterio
cronologico, cioè far prevalere il trattato successivo nel tempo, a chi quel trattato non lo
abbia accettato, chi non lo abbia ratificato e questo è tra l'altro quello che più spesso avviene perché al
di fuori dei trattati bilaterali tra le stesse parti questo è molto frequente, o anche dei trattati multilaterali
tra le stesse parti.
Esempio: lo Stato A ha concluso due trattati prima uno con B, il trattato X, e poi uno con C, il trattato Y,
ma i due trattati sono incompatibili, cioè se lo Stato A adempie al trattato X con B viola il trattato Y con C.
È vero che il trattato Y con C è successivo, perché lo ha concluso dopo, ma non è successivo per B, è
successivo solo per A. A ne ha concluso prima uno e poi un altro con due parti diverse e quindi A non può
opporre a B il trattato successivo, perché B quel trattato non lo ha accettato, cioè A non può andare da B
e dire che il trattato X non lo può eseguire perché successivamente ha concluso il trattato Y con C e
quindi questo rende impossibile proseguire l'esecuzione del loro trattato. Ma non può neanche fare il
contrario, non può neanche dire a C che siccome prima aveva concluso un trattato con B adesso quello
successivo non lo può più rispettare. Accade questo perché i trattati sono strutturati come dei
contratti e quindi anche per i trattati vige un principio che è quello di relatività degli effetti,
per cui gli effetti di un trattato sono relativi, riguardano solo le parti di quel trattato e non
sono opponibili ai terzi. Quindi in un caso come questo che è quello più frequente A non può opporre a
B il trattato con C anche se è successivo nel tempo, ma non può nemmeno opporre a C il trattato
precedente con B. Cosa può fare A? Può soltanto scegliere quale far prevalere, cioè a quale dare
esecuzione, quale trattato rispettare e assumersi le conseguenze in termini di responsabilità
della violazione di uno dei due trattati, perché quella regola dell'articolo 30 della Convenzione
non si può applicare, le parti non sono le stesse e quindi ad A non resta sulla base di una scelta che
è integralmente politica che decidere quale trattato eseguire e quale no. Di per sé A non ha nemmeno
l'obbligo di eseguire quello successivo rispetto a quello precedente, può scegliere di violare il
patto che ha concluso dopo con C e rispettare quello che aveva concluso prima con B, ma in
ogni caso farà questa decisione assumendosi poi le conseguenze in termini di responsabilità, se produrrà
un danno da risarcimento, se saranno altri tipi di conseguenze altre forme di riparazione.
Se A va da B e dice che ha concluso un trattato incompatibile con C, e chiede di estinguere B,
se B è d'accordo la mutua estinzione funziona sempre. Il problema è che B potrebbe non
essere minimamente d'accordo e potrebbe dire che non è vincolato al trattato di A con C,
anche se successivo non lo può opporre e quindi pretende l'adempimento del trattato che
avevamo concluso con A. La questione soggettiva, cioè che coincidano le parti, è fondamentale perché
da un lato se coincidono le parti e questo può avvenire in moltissimi casi come l'accordo di Parigi che è un
grande accordo multilaterale, mettiamo che due Stati che sono parti dell'accordo di Parigi abbiano tra loro
un trattato bilaterale che non consente di adottare misure di contrasto al cambiamento climatico e quindi
non rispettare gli obblighi dell'accordo di Parigi. Se quel trattato è precedente, tutte e due le parti possono
dire di aver concluso questo trattato bilaterale, poi hanno ratificato l'accordo di Parigi, quindi ora
rispetteranno l'accordo di Parigi che deve prevalere e nessuno dei due potrà dire che bisogna rispettare
quello precedente, perché qui le parti sono le stesse e prevale quello successivo nel tempo. L'alternativa è
che entrambe le parti si mettono d'accordo per estinguere quel trattato precedente visto che hanno
ratificato l'accordo di Parigi quindi di questo trattato non possono più utilizzarlo e quindi lo estinguono. Se
poi l'accordo di Parigi come qualunque altro trattato successivo tra le parti è radicalmente incompatibile
con il primo trattato, lo abroga, lo estingue. Ma quello che non può accadere, ed è problematico, è che
uno Stato diventi parte dell'accordo di Parigi e deve adottare certe misure per rispettare l'accordo e lo
faccia rispetto all'accordo precedente che aveva con un altro Stato che però non ha ratificato l'accordo di
Parigi. Quello Stato può non accettare che il primo rispetti l'accordo di Parigi e non rispetti l'altro trattato.
E qui il criterio cronologico purtroppo non vale niente. Lo Stato deciderà cosa rispettare e cosa no, è
chiaro che ci sono poi tante valutazioni che vengono fatte, per quello si dice che questa è una scelta
politica dello Stato perché lo Stato si assume le conseguenze della sua violazione. Però le conseguenze
possono essere di natura molto diversa, cioè uno Stato che ha ratificato l'accordo di Parigi si
vincola ad un impegno molto importante sul piano internazionale, difficile che poi decida di
non rispettarlo perché ha un trattato bilaterale con un altro Stato e quindi decide di far
prevalere quello invece che l'accordo di Parigi. È una questione di legittimazione
internazionale, di immagine politica internazionale, ma di per sé potrebbe farlo, perché i due
trattati vincolano soggetti diversi. Questo è dettato dal principio di relatività degli effetti, cioè
il fatto che i trattati producono effetti solo per le parti e non possono imporre nessun obbligo ai terzi. Con
un trattato due Stati non possono imporre obblighi a un terzo Stato che non faccia parte del
trattato o a un terzo soggetto. Se lo fanno, quelle norme sono inefficaci, cioè non possono
produrre i loro effetti perché sono violazioni in contrasto con il principio di relatività. Il principio di
relatività o di inefficacia dei trattati per i terzi si realizza in questo modo, cioè se due parti si mettono
d'accordo e decidono nella disciplina convenzionale che si danno di imporre degli obblighi o di attribuire
degli effetti con il loro trattato a un soggetto terzo che non è parte del trattato, per questo oggetto il
trattato è inefficace, nessuno potrà in alcun modo pretendere l'adempimento o pretendere che il trattato
spieghi i suoi effetti rispetto a quel soggetto. Questa è una costruzione che fa vedere tutto il sostrato più
privatistico contrattuale dei trattati rispetto a quello pubblicistico e cioè fa capire che in fondo il
trattato per quanto noi possiamo estenderne le funzioni, farli diventare grandi trattati
multilaterali che assomigliano a una sorta di legge internazionale, legge non lo potranno mai
essere, cioè dovremmo inventarci uno strumento nuovo e il trattato di per sé questo non lo
può fare. Questo è anche il motivo per cui si punta ad avere tante ratifiche potenzialmente il
massimo delle ratifiche per un trattato multilaterale importante, perché più ratifiche ci sono,
più evito il problema del contrasto con altri trattati e con Stati che non siano vincolati al
trattato multilaterale, cioè evito di ritrovarmi in questo schema qua. Quindi se la comunità
internazionale ha l'idea di raggiungere un obiettivo particolarmente ambizioso in un settore delicato,
quello a cui deve puntare è di avere un trattato multilaterale largamente se non unanimemente ratificato,
perché quello è il modo migliore per mettersi al riparo da questo tipo di difficoltà. E questo poi a cascata
produce tantissime altre conseguenze. Abbiamo fatto l'esempio di un accordo commerciale che l'Unione
europea aveva concluso con il Marocco e che il Marocco applicava anche al territorio del Sahara
Occidentale, che è considerato un territorio protetto dal principio di autodeterminazione, quindi ha una
sua soggettività quell'ente. Quando la Corte d
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