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I C.D. REATI DI OPINIONE NELLA LEGISLAZIONE FASCISTA E IL LORO ADATTAMENTO ALLA COSTITUZIONE
REPUBBLICANA
Tra i beni o valori di rilievo costituzionale che possono giustificare compressioni della libertà di espressione rientra
anche l’esigenza di preservare le condizioni di una civile convivenza, attraverso la prevenzione di reati e
comportamenti violenti , che potrebbero essere incentivati da manifestazioni di disprezzo verso le leggi e le
istituzioni democratiche o di odio o ostilità nei confronti di determinati gruppi.
Tale categoria di limiti corrisponde ai c.d. reati di opinione il cui elemento materiale è costituito dall’espressione di
un’opinione, un giudizio o un sentimento (differiscono dai reati contro il buon costume in cui ad essere sanzionato
non è un pensiero, ma l’utilizzo di determinate modalità espressive) e che non sono finalizzati alla tutela di un singolo
individuo( diversi quindi dall’ingiuria e dalla diffamazione), ma a proteggere valori e beni della collettività,
riconducibili essenzialmente al mantenimento delle condizioni di pacifica convivenza civile.
PRIMA DELLA COSTITUZIONE i reati di opinione conoscono la loro massima diffusione (c.p. Rocco) si rinvengono
nei delitti contro la personalità dello stato (disfattismo politico; istigazione dei militari a disobbedire alle leggi; il
vilipendio alla nazione italiana; il vilipendio della bandiera o ad altro emblema dello stato; e contro l’ordine pubblico
(istigazione a delinquere, che comprende l’apologia; l’istigazione a disobbedire alle leggi;).
E’ facile cogliere l’ampiezza e la varietà delle condotte astrattamente punibili pericolo di repressione del dissenso
politico: una critica all’operato delle istituzioni democratiche corre il rischio di essere inquadrata e punita come offesa
al prestigio delle istituzioni;
La Corte costituzionale ha cercato, dove possibile, di mantenere in vita le disposizioni promuovendo letture
compatibili, attraverso lo strumento processuale delle sentenze interpretative, di accoglimento parziale e additive.
Sent. 65/1970 rigetta l’incostituzionalità della norma 414 c.p. che punisce chiunque pubblicamente fa apologia di
uno o più delitti, precisando che l’apologia è punita non è la semplice manifestazione critica nei confronti di una
norma penale, o di propaganda per la sua abrogazione, e neppure una semplice manifestazione di simpatia,
solidarietà o apprezzamento per i moventi che hanno determinato la commissione di un reato, ma solo quella
pubblica esaltazione che per le modalità con cui si compie appare idonea a provocare la commissione di ulteriori
simili delitti, che costituisce cioè una sorta di istigazione indiretta a delinquere.
Sent. 108/1974 dichiara l’incostituzionalità della norma 415 c.p. nella parte in cui non prevede che l’istigazione a
disobbedire alle leggi, debba attuarsi in modo pericolo per la pubblica tranquillità per essere punita.
Sent. 87/1966 la questione di legittimità dell’art. 272 c.p. (oggi abrogato) che puniva la propaganda volta alla
instaurazione violenta della dittatura di una classe sociale sulle altre, alla soppressione violenta di una classe sociale,
al sovvertimento violento degli ordinamenti economici e sociali costituiti nello Stato o alla distruzione di ogni
ordinamento politico e giuridico della società, è stata ritenuta infondata, sottolineando che ciò che viene colpito non
è la semplice manifestazione del pensiero, la critica nei riguardi dei vigenti ordinamenti, ma solo l’attività di
propaganda attiva volta a determinare trasformazioni sociali e politiche attraverso l’uso della violenza
Si desume che:
DOTTRINA DEI LIMITI LOGICI: la manifestazione del pensiero che tende all’azione, che è idonea a sfociare in
azione e a influenzare il comportamento di coloro cui si dirige, trascende la semplice manifestazione di
pensiero per divenire propaganda o istigazione indiretta tali manifestazioni potrebbero essere limitate, in
quanto per le modalità che le contraddistinguono in concreto, appaiono suscettibili di creare una situazione
di pericolo per la pacifica convivenza e per la stessa stabilità delle istituzioni democratiche. 35
I reati di opinione vengono letti come reati di pericolo concreto, ergo le relative condotte non saranno
punibili quando la loro idoneità a dar luogo a comportamenti illeciti sia da escludere occorre una
valutazione caso per caso da parte del giudice, che dovrà valutare:
le modalità, più o meno aggressive, con le quali viene
espresso il pensiero;
l’uditorio, più o meno esteso;
il contesto complessivo in cui ha luogo l’espressione;
le caratteristiche della persona;
Tale giurisprudenza non è esente da critiche: la distinzione tra manifestazione di pensiero
pura/manifestazione di pensiero tendente all’azione non
è agevole;
troppa discrezionalità dei giudici incertezza oggettiva.
I REATI DI OPINIONE INTRODOTTI DOPO LA COSTITUZIONE: APOLOGIA AL FASCISMO, CONTRASTO A RAZZISMO E
XENOFOBIA
Dall’avvento della Cost., da un lato sono state mantenute molte delle figure di reato ereditate dal fascismo, dall’altro
sono stati introdotti nuovi reati di opinione, caratterizzati dal netto rifiuto di ogni forma di discriminazione razziale:
apologia al fascismo;
propaganda di idee razziste e l’istigazione alla discriminazione razziale;
uso di simboli o emblemi fascisti, nazisti o razzisti;
apologia al genocidio;
negazionismo;
fondamento costituzionale:
carattere antifascista della Cost;
ripudio di ogni discriminazione basata sulla razza (art. 3);
tutela della dignità di tutte le minoranze etniche, linguistiche, religiose e di altro genere (artt. 2,3)
Convenzioni internazionali ed europee contro il razzismo, la xenofobia, repressione del genocidio;
I giudici e la Corte costituzionale di fronte all’applicazione di tali disposizioni hanno utilizzato la categoria del pericolo
concreto, circoscrivendo la repressione penale alle sole espressioni connotate da una certa pericolosità
nel delitto di apologia al fascismo il riferimento alla categoria del pericolo concreto appare centrale e la
Corte ha limitato la punibilità alle manifestazioni suscetbili di condurre, concretamente, alla
riorganizzazione del partito.
“l'apologia del fascismo per assumere carattere di reato deve consistere non in una difesa elogiativa, ma in
un'esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista; Non deve trattarsi di una istigazione
diretta, ma comunque di una manifestazione che, per quanto nella forma delle istigazione indiretta, si presenti
appunto come idonea a provocare attività riconducibili alla nozione di riorganizzazione del partito fascista”
nell’uso di simboli o emblemi fascisti, nazisti o razzisti , la giurisprudenza tende a distinguere le semplici
manifestazioni nostalgiche, per quanto di cattivo gusto o discutibili, e le manifestazioni pubbliche che si
prefiggono di stimolare adesioni o consenso, configurando una forma di vera propaganda per le associazioni
o organizzazioni vietate. 36
reato di propaganda di idee razziste e l’istigazione alla discriminazione raziale è punita non la
manifestazione del pensiero in sé, ma la propaganda volta ad ottenere un risultato pratico;
La giurisprudenza ha mantenuto ferme le distinzioni tra esposizione di risultati di ricerche storiche o di speculazioni
teoriche e la propaganda volta a istillare opinioni suscetbili di condurre all’odio, alla discriminazione o alla
violenza Caso: Sito internet che ha diffuso idee fondate su odio razziale ed etnico, invocando soluzioni eugenetiche e
il divieto di matrimoni interraziali: la Corte di Cass. ha condannato il gestore del sito, il quale si era, tra l’altro, difeso
eccependo la similitudine dei contenuti del sito con quelli pubblicati da un autore in un libro, ritenuto innocente la
Cass. osserva che la libertà di ricerca e di insegnamento storico culturale cessa quando travalica nella diffusione di
idee, basate sulla superiorità ovvero nell’incitamento alla discriminazione razziale;
IL PROBLEMA DEL NEGAZIONISMO E LE RECENTI TENDENZE I MATERIA DI REATI DI OPINIONE
Il termine negazionismo designa condotte alquanto diverse: ci si può riferire, ad esempio alla negazione
dell’olocausto come singolo fatto storico oppure ad ogni evento qualificabile come genocidio, come crimine di
guerra o crimine contro l’umanità.
il termine negazionismo si può riferire alla negazione assoluta del fatto storico o a una sua più o meno grossolana
minimizzazione.
Queste diverse accezioni del termine si traducono in diverse scelte normative all’interno di diversi Paesi:
Germania e Austria puniscono il negazionismo specificamente riferito ai crimini commessi dalla Germania
nazista e dai suoi alleati;
Svizzera punisce il negazionismo di qualsiasi genocidio, crimine di guerra o crimine contro l’umanità da
chiunque e contro chiunque commesso;
Spagna, Italia (fino al 2016) puniscono l’apologia, ma non la pura e semplice negazione del genocidio;
Paesi che non hanno ritenuto di darsi leggi in proposito;
La CEDU tende ad escludere che la repressione penale del negazionismo integri una violazione dell’art. 10, poiché la
negazione dell’olocausto, fenomeno storicamente conclamato, non rientra nella libertà di espressione e configura
piuttosto un abuso del diritto della libertà di espressione.
L’unione Europea nella decisione quadro 2008/913/GAI sulla “lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e
xenofobia mediante il diritto penale” ha favorito la repressione penale del negazionismo e ha imposto a ciascuno
Stato membro di adottare le misure necessarie affinché siano punibili:
l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro
l’umanità e dei crimini di guerra, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale
gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, alla ascendenza o all’originale nazionale o
etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei
confronti di tale gruppo o di un suo membro.”
Rispetto a tale prescrizione colpisce l’ampiezza delle condotte astrattamente punibili e suscita le critiche della
comunità scientifica e storica, le quali temono che l’introduzione di un principio per cui la semplice messa in
discussione di un fatto storico costituisce reato, possa rappresentare un pericoloso antecedente, e si sottolinea come
la verità