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TFR).
Il TFR si determina mediante accantonamento, mese per mese, di una quota
della retribuzione corrisposta al lavoratore.
La somma così accumulata viene liquidata in
un’unica volta al termine del rapporto di lavoro.
Il diritto al TFR si prescrive in 5 anni.
1.2 Il calcolo del TFR 17
Il TFR si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari, e
comunque non superiore, all’importo della retribuzione dovuta per l’anno
stesso divisa per 13,5, così come previsto dall’art. 2120 c.c..
La quota di TFR accantonata, ad eccezione di quella maturata nell’anno in
corso, deve essere incrementata al 31 dicembre di ogni anno, con
l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 % in misura fissa e dal 75 %
dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo accertato dall’Istat, così come
previsto dall’art. art. 2120 c.c..
Il criterio di calcolo illustrato si applica integralmente ai rapporti di lavoro
iniziati dopo il 1°-6-1982.
Per i rapporti iniziati prima del 1°-6-1982 e cessati dopo tale data, si applica
un sistema misto, ovvero:
a) Si calcola la retribuzione di maggio 1982 per gli anni di servizio prestati
sino al 31 maggio 1982.
b) L’importo così ottenuto viene rivalutato, anno per anno, su base
composta, con tasso costituito dall’1,5 % in cifra fissa, più il 75 %
dell’aumento dei prezzi ISTAT);
c) Invece, per gli anni di lavoro prestati dopo il 1° giugno 1982 si applica
il vigente criterio di calcolo di cui all’art. 2120 c.c.
Per i rapporti iniziati e cessati prima del 1°-6-1982, si applica la normativa
previgente:
- L’ammontare dell’indennità era determinata in base all’ultima retribuzione
e in relazione alla categoria di appartenenza del prestatore di lavoro,
seguendo degli specifici moltiplicatori in relazione agli anni di servizio e il
numero di ore prestate.
1.3 Le anticipazioni sul TFR maturato in corso di rapporto
Il lavoratore può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, un’anticipazione
sul TFR maturato.
La richiesta deve essere giustificata dalle seguenti cause:
17 http://www.wikilabour.it/TFR%20(trattamento%20di%20fine%20rapporto).ashx 141
1. Spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti
dalle competenti strutture pubbliche;
2. Acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli;
3. Spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali e
per formazione del lavoratore.
La possibilità di ottenere l’anticipazione è subordinata alle seguenti
limitazioni:
1ª Il lavoratore ne ha diritto solo se ha maturato almeno 8 anni di servizio
presso lo stesso datore di lavoro;
2ª La somma richiesta in anticipo non può superare il 70% del TFR
maturato;
3ª L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto
di lavoro.
1.4 L’anticipazione del TFR maturando in busta paga
I lavoratori dipendenti del settore privato possono chiedere il pagamento
mensile della quota maturanda di TFR come parte integrativa della
retribuzione direttamente in busta paga.
Ciò in forza delle disposizioni previste della L. 190/2014.
Si tratta di una facoltà concessa in via sperimentale, per i periodi di paga
dal 1°-3-2015 al 30-6-2018, che fa eccezione alla regola espressa dall’art.
2120 c.c. secondo cui il diritto al TFR matura alla cessazione del rapporto di
lavoro.
L’anticipo del TFR in busta paga può essere richiesto da tutti i lavoratori
dipendenti da datore di lavoro del settore privato, con rapporto di lavoro
subordinato in essere da almeno 6 mesi, per i quali trova applicazione
l’istituto del TFR.
Il lavoratore che manifesta la volontà di ottenere l’anticipazione non può più
revocarla fino al 30-6-2018.
1.5 L‘indennità sostitutiva del TFR in caso di morte del
lavoratore
L’art. 2122 c.c. stabilisce che, in caso di morte del lavoratore, il TFR maturato
e spettante al lavoratore alla data del decesso, sia corrisposto sotto forma di
mortis causa).
indennità sostitutiva ai suoi superstiti (cd. indennità
Hanno pertanto diritto a tale indennità:
a) il coniuge,
b) i figli e,
c) i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo, se vivevano a
carico del prestatore di lavoro
2. Il Fondo di garanzia del TFR 142
La L. 297/1982, ha istituito presso l'Inps il "Fondo di garanzia per il trattamento
di fine rapporto, avente lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro, in caso di
insolvenza di quest' ultimo, nel:
A) pagamento del T.F.R.
B) e/o delle ultime tre mensilità ai lavoratori subordinati, cessati dal lavoro,
o loro aventi diritto.
In virtù della L. 88/89, il Fondo di Garanzia è confluito nella Gestione
Prestazioni Temporanee ai lavoratori dipendenti.
Il fondo di Garanzia non spetta ai dipendenti di:
A) Aziende esattoriali (il TFR viene corrisposto direttamente a carico
del fondo esattoriali)
B) Aziende del gas
C) Aziende dazio (TFR a carico del CONSAP )
D) Aziende agricole
E) Amministrazioni dello Stato e parastato
F) Regioni, province e comuni
G) Ai giornalisti professionisti
3. La devoluzione del TFR alla previdenza complementare
Ogni lavoratore, entro 6 mesi dall’assunzione, deve scegliere se:
a) destinare il TFR al finanziamento della previdenza complementare
b) o lasciarlo in azienda.
Se la scelta non viene effettuata in modo esplicito, il TFR confluisce
automaticamente nel fondo pensione (negoziale, aperto o preesistente)
previsto dal contratto di lavoro.
Se il contratto individua più fondi, confluisce automaticamente in quello al
quale è iscritto il maggior numero di dipendenti dell’azienda (cosiddetto
”conferimento tacito”).
Se il lavoratore, decide di lasciare il TFR in azienda, questo mantiene tutte le
sue attuali caratteristiche e, pertanto, restano uguali le modalità di
rivalutazione, le possibilità di ottenere anticipazioni e le modalità di
pagamento alla cessazione del rapporto di lavoro.
Infine si ricorda che la scelta di destinare il TFR ad un fondo pensionistico è
irreversibile.
mentre nel caso in cui lavoratore decida di lasciarlo in azienda, potrà
sempre rivedere la propria decisione destinando il TFR futuro ad un fondo
di previdenza complementare.
Capitolo 15 | I rapporti di lavoro speciali 143
1. Il contratto di lavoro a tempo determinato .
18
1.1 Definizione e durata massima.
Il contratto di lavoro a tempo determinato, è il contratto di lavoro che prevede
un termine finale e una durata prestabilita. E’ stato recentemente
modificato e innovato dal Decreto Dignità del 2018.
Può essere concluso tra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento
di qualunque tipo di mansione, per una durata massima di 24 mesi (prima
dell’entrata in vigore del Decreto Dignità, a durata massima consentita era di
36 mesi).
Tale regola può essere bypassata dall’azienda se il contratto collettivo applicato
prevede una durata massima diversa.
Il decreto Dignità (2018), infatti, e non ha modificato il Jobs Act nella parte in
fatte
cui stabilisce espressamente che una durata massima è di 24 mesi “
salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi ”.
Qualora il limite dei 24 mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di
una successione di contratti, il contratto si trasforma a tempo
indeterminato dalla data di tale superamento.
Dai 24 mesi, però, sono escluse le attività stagionali.
Il primo contratto a termine non può avere una durata superiore di 12 mesi.
Il datore di lavoro dovrà corrispondere una maggiorazione contributiva pari
all’1,40% sul primo contratto a termine ed una maggiorazione dell’1,90% per
ogni rinnovo del contratto in somministrazione a termine.
Dunque, la maggiorazione dell’1,90% si dovrà corrispondere
esclusivamente dal secondo contratto in somministrazione a
termine, mentre la maggiorazione dell’1,40% vige per tutto il
primo contratto a termine, proroghe comprese.
Sono esclusi dalla disciplina dei contratti a termine, modificata dal
Decreto Dignità:
1. i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli
operai a tempo determinato;
2. i richiami in servizio del personale volontario del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco.
3. i dirigenti, che non possono avere una durata superiore a 5
anni;
4. il personale docente ed ATA per il conferimento delle
supplenze e con il personale sanitario, anche dirigente, del
Servizio sanitario nazionale;
5. il personale accademico delle Università.
18 Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-
personale/quotidiano/2018/07/25/contratti-tempo-determinato-orientarsi-labirinto-nuove-regole
144
Inoltre, le nuove disposizioni novellate dal Decreto Dignità in materia di
contratto a tempo determinato e somministrazione di lavoro a termine, non si
applicano ai contratti stipulati dalle Pubbliche amministrazioni, ai quali
continuano ad applicarsi le norme previgenti.
1.2 Proroghe del termine.
Il primo contratto di lavoro a tempo determinato con un lavoratore, se non è
superiore a 12 mesi, può essere stipulato senza la specifica di una delle
causali previste dalla legge.
La proroga del termine o il rinnovo del contratto oltre i 12 mesi, deve sempre
prevedere una delle seguenti causali:
1) esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività;
2) esigenze sostitutive di altri lavoratori;
3) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non
programmabili, dell'attività ordinaria.
Tuttavia, le proroghe effettuate durante i primi 12 mesi non devono
prevedere le suindicate causali.
(esempio pratico: Il datore di lavoro assume un lavoratore per 3 mesi. Potrà
rinnovare il contratto per altri 9 mesi senza dover inserire una causale
all’interno di esso).
Il termine finale del contratto può essere prorogato, nei 24 mesi per un
massimo di 4 volte.
Qualora il numero delle proroghe sia superiore il contratto si trasforma in
contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta
proroga.
È possibile, al raggiungimento del limite di durata massima, stipulare un
ulteriore contratto a tempo determinato, della durata massima di 12 mesi,
presso l’Ispettorato del lavoro territorialmente competente (detto anche
“contratto assistito”).
-> Tale contratto deve contenere le causali previste per legge.
1.3 Principio di non discriminazione.
Al di là del termine finale, i