Il licenziamento "libero" e il licenziamento vietato ad nutum
TUPI, fa sì che vengano trattati allo stesso modo, sul piano sanzionatorio, licenziamenti con diversi gradi di invalidità, puniti tutti (da quello viziato per la violazione di tipo procedurale a quello nullo perché con la medesima sanzione: discriminatorio) reintegra nel posto di lavoro e pagamento di un indennizzo che NON supera il tetto delle 24 mensilità.
Cap 2: il licenziamento "libero" e il licenziamento vietato ad nutum
Il licenziamento e il progressivo restringimento del suo campo di applicazione. (il recesso ad nutum)
Esistono ancora rapporti in cui il datore di lavoro può liberamente recedere, riproponendo quindi la situazione di eguaglianza formale, sottesa alla disposizione codicistica (art.2118 c.c.).
Si tratta di un'area molto ristretta e nella maggior parte di questi casi prevale l'interesse del datore di lavoro in virtù del particolare vincolo fiduciario che caratterizza il rapporto di lavoro. (i dirigenti: la)
Nozione di "giustificatezza"
Ribadito che questa libertà si arresta innanzi a provvedimenti basati su ragioni discriminatorie, sono anzitutto liberamente licenziabili i dirigenti. In questo caso si applica a tutti (per qualsiasi dirigente) per i quali l'assenza di stabilità è compensata da una consistente categoria di lavoratori e tutela economica prevista dai contratti collettivi, nel momento in cui l'azienda la massima sanzione del licenziamento è privo di qualsiasi giustificazione. In questo caso il dirigente beneficia di una ricca protezione di tipo economico sancita dalla contrattazione collettiva che impone, anzitutto, anche ai fini del riconoscimento dell'indennizzo, di comunicare il licenziamento per iscritto, con indicazione dei motivi. L'assenza di validi motivi di licenziamento legittima il dirigente ad adire un collegio arbitrale o di rivolgersi al giudice del lavoro, al fine di ottenere la c.d. indennità supplementare.
il cui ammontare è rapportato all'anzianità maturata in azienda.
In proposito tra le questioni più dibattute con riferimento al licenziamento del dirigente è la determinazione del concetto di giustificatezza la cui ricorrenza deve essere dimostrata dal datore di lavoro al fine di NON riconoscere l'indennità supplementare al soggetto licenziato.
La tutela di tipo economico NON scatta nel momento in cui, da una valutazione globale, è possibile ESCLUDERE che si tratti di un licenziamento arbitrario, in altri termini il recesso è libero e NON comporta alcuna conseguenza economica SE ricorrono circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario tra le parti. (lavoratori in prova)
Sono liberamente licenziabili ANCHE i [lavoratori in prova] con la precisazione che il patto di prova deve essere stipulato per iscritto e che può durare massimo 6 mesi, trascorsi i quali al lavoratore si applicano le tutele ordinarie.
Il periodo diprova è diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro sia il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto e pertanto deve consentire, anche in termini di durata, la verifica del comportamento del lavoratore e delle sue qualità professionali alle quali il patto di prova è preordinato. Il patto deve contenere, per iscritto, la specifica indicazione delle mansioni da svolgere, atteso che la facoltà del datore di lavoro di esprimere la propria insindacabile valutazione sull'esito della prova presuppone che questa debba effettuarsi in ordine a mansioni esattamente identificate ed indicate.
Il recesso si applica ai lavoratori ultrasessantenni che hanno maturato i requisiti pensionistici, sempre che NON abbiano optato per la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Sul tema nel 2011 è intervenuta una disciplina che incentiva i lavoratori, che hanno raggiunto i requisiti.per conseguire la pensione di vecchiaia (67 anni), di proseguire il rapporto fino a 70 anni. Se la prosecuzione del rapporto viene accettata dal datore di lavoro, i lavoratori hanno diritto alla tutela ex art. 18 l.300/1970 fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità. (lavoratori domestici) Infine, NON godono di alcuna stabilità i [lavoratori domestici], con i quali il rapporto di lavoro può cessare ANCHE in assenza di una comunicazione scritta. In tale eccezionale ipotesi in considerazione della piena sintonia, anche personale, che deve essere con il datore di lavoro, è ammesso il licenziamento orale. Come si vede si tratta di casi residuali, che rappresentano l'eccezione alla regola della necessità di giustificare il licenziamento: eccezioni che, si è detto, NON valgono se si tratti di licenziamento sempre discriminatorio, il quale viene sanzionato con la reintegra nel posto di lavoro. L'assenza di ogni tutela, ANCHE incaso di licenziamento ingiustificato, per le categorie esaminate, fa sì che di fatto questi lavoratori, molto più di altri, potranno essere vittime di discriminazioni, potendo ottenere una tutela SOLO nel caso in cui assolvano all'onere, oltremodo difficile, di fornire la prova della discriminazione.(segue). Il licenziamento dell'apprendista.(natura del contratto)Uno specifico apparato di regole si applica nel licenziamento del lavoratore apprendista.Il d.lgs.81/2015, assegnando esplicitamente all'apprendistato natura di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ha definitivamente dissolto un primo dubbio: la fine del periodo formativo NON determina l'automatica risoluzione del rapporto.Per estinguere il contratto di apprendistato occorre un provvedimento di licenziamento da parte del datore di lavoro, che tuttavia può essere validamente comunicato SOLO al termine del periodo di formazione.Pertanto, nel contratto di apprendistato il recessoè libero (art.2118 c.c.)temporalmente e funzionalmente condizionato ed esercitabile SOLO al termine della formazione:→ prima della sua conclusione, l'estinzione può avvenire SOLO per giusta causa e per giustificato motivo.(recesso alla fine della formazione)
Il momento del recesso al termine del periodo di formazione è un passaggio estremamente delicato e diciamo anche rischioso per l'azienda: per ricadere nell'ambito applicativo dell'art. 2118 c.c.,→il licenziamento deve avvenire al termine del periodo di formazione, MA prima della scadenza del patto formativo. 14A complicare i passaggi vi è→ l'obbligo del datore di lavoro di rispettare il preavviso, decorrente al termine del periodo di formazione.
Rispetto a tali paletti, anticipare il provvedimento o posticiparlo determina l'applicazione di una disciplina del tutto diversa, sebbene debba escludersi che il lavoratore possa richiedere la sanzione della reintegra nel posto.lavoro previste dall'art. 3 del d.lgs. 81/2015, è stato confermato dalla giurisprudenza. Inparticolare, la Corte di Cassazione ha stabilito che il licenziamento di un apprendista deveessere motivato in base alle ragioni oggettive previste dalla legge, come ad esempio unamancata idoneità professionale o un comportamento inadeguato. Inoltre, la Corte ha precisatoche il licenziamento deve essere comunicato prima della conclusione della fase formativa, inmodo da consentire all'apprendista di migliorare le proprie competenze o di cercare altrelavoro. In caso di licenziamento illegittimo, l'apprendista ha diritto al pagamento di unaindennità tra 6 e 12 mensilità, come previsto dall'art. 18 comma 6 della legge 300/1970,con le modifiche introdotte dalla legge 92/2012.giusta causa e giustificato motivo, implica ovviamente l'applicazione della disciplina sul licenziamento individuale e nel caso di licenziamento per motivi disciplinari, l'obbligo per il datore di lavoro di osservare le garanzie procedimentali ex art. 7 St.lav.
Il licenziamento impossibile: i casi in cui è vietato licenziare ed è "sospetto" dimettersi
Il potere del datore di lavoro di licenziare in alcuni casi viene "disinnescato" in funzione della tutela di valori fondamentali, prevalenti sugli interessi dell'azienda, che subiscono una temporanea compressione.
ANCHE SE ricorressero i presupposti, vi è il divieto di licenziare:
- (divieto di licenziamento e tutela della famiglia) la lavoratrice dall'inizio della gravidanza fino al termine dei periodi di interruzione del lavoro nonché fino al compimento di un anno di età del bambino;
- la lavoratrice o il lavoratore che abbiano fatto domanda o che fruiscano del
congedoparentale e per malattia del bambino;
il lavoratore che goda del congedo di paternità, per la durata del congedo stesso e fino al compimento di un anno di età del bambino;
il lavoratore o la lavoratrice in caso di adozione o affidamento fino ad un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare;
in ipotesi di adozione internazionale, dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottato, o dalla comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento, fino ad un anno;
a causa di matrimonio: in tal caso il divieto vige dalla data di richiesta delle pubblicazioni di matrimonio fino ad un anno dopo le nozze.
(eccezioni)
Tuttavia, il divieto, nelle ipotesi a), c) e d), NON si applica:
quando ricorre una "colpa grave" costituente giusta causa di licenziamento;
in caso di cessazione dell'attività di azienda;
laddove sia stata ultimata la prestazione per la quale
la lavoratrice è stata assunta o in caso di risoluzione del rapporto per scadenza del termine; per esito negativo del periodo di prova.
Nei casi in cui vi è il divieto di licenziamento è sufficiente che il lavoratore deduca l'esistenza del rapporto e l'intimazione del licenziamento durante il periodo di tutela previsto dalla legge, per poi - laddove serva, anche il certificato medico - porre interamente a carico del datore di lavoro l'onere di fornire la prova della ricorrenza di una delle ipotesi tassativamente previste dalla normativa.
Con riferimento alla colpa grave la giurisprudenza ritiene che non basta che il datore provi la sussistenza generica di una giusta causa o di un giustificato motivo di licenziamento, M