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LE ELEZIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO:
Le elezioni del Parlamento europeo sono svolte, a partire dal 1979, sulla
base di leggi elettorali diverse per ciascuno Stato. In Italia la materia è
regolata dalla legge 18/1978, che fornisce l’unico esempio di sistema
rigorosamente proporzionale ancora operante nel nostro Paese.
I seggi attribuiti all’Italia sono attualmente 78 ed essi sono ripartiti
nell’ambito di cinque grandi circoscrizioni. Ai fini della loro ripartizione
fra le liste concorrenti si opera nel modo seguente:
a) si calcola il quoziente elettorale nazionale, ottenuto dividendo il
numero complessivo dei voti validi per il numero complessivo dei seggi da
assegnare (cioè 78);
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b) si determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista (eguale al
numero complessivo dei voti validi che essa ha ottenuto nelle cinque
circoscrizioni);
c) si divide la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per il quoziente
elettorale;
d) il risultato di questa divisione indica il numero dei seggi che spetta a
ciascuna lista. Ove alcuni seggi non risultino attribuiti si applica il metodo
dei resti più alti.
Si passa quindi alla fase successiva, che consiste nell’assegnazione dei
seggi, già attribuiti alle diverse liste, alle diverse circoscrizioni. A questo
scopo si opera nel modo seguente:
a) si calcola il quoziente elettorale di lista, che è ottenuto dividendo
la cifra elettorale nazionale di lista per il numero dei seggi ad essa
assegnati;
b) si calcola la cifra circoscrizionale di lista, che è eguale al numero dei
voti validi ottenuti da ciascuna lista nelle singole circoscrizioni elettorali;
c) si divide la cifra circoscrizionale di lista per il quoziente elettorale di
lista;
d) il risultato indica il numero dei seggi attribuiti a quella lista nella
singola circoscrizione;
e) ove alcuni seggi non risultino assegnati, si applica il metodo dei più alti
resti.
L’ORGANIZZAZIONE COSTITUZIONALE IN ITALIA:
LA FORMA DI GOVERNO ITALIANA: EVOLUZIONE E
CARATTERI GENERALI:
Il dibattito costituente e la razionalizzazione del parlamento
La forma di governo italiana, delinea nata dalla Costituzione, è una forma
di governo parlamentare a debole razionalizzazione, in cui cioè sono
previsti solo limitati interventi del diritto costituzionale per assicurare la
stabilità del rapporto di fiducia e la capacità di direzione politica del
Governo.
La disciplina del rapporto di fiducia e la maggioranza politica
La razionalizzazione costituzionale del rapporto di fiducia (art.94) è diretta
a garantire la stabilità del Governo.
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La Costituzione contempla la mozione di sfiducia, che è l’atto con cui il
Parlamento interrompe il rapporto di fiducia con il Governo, obbligandolo
alle dimissioni. La mozione di sfiducia, al pari di quella iniziale di fiducia,
deve essere motivata e votata per appello nominale (i parlamentari sono
chiamati uno alla volta ad esprimere il proprio voto), secondo l’art.94.2.
Ciò comporta una chiara assunzione di responsabilità politica impedendo
il fenomeno dei c.d. franchi tiratori (nel gergo parlamentare si chiamano
così i deputati che si nascondono dietro al voto segreto per minare la
maggioranza).
Inoltre, secondo l’art.94.5, la mozione di sfiducia dell’essere firmata da
almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa
in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. In questo modo
si assicura un periodo di riflessione, prima della votazione della sfiducia e
si scoraggiano di colpi di mano (i
c.d. assalti alla diligenza).
La Costituzione precisa che il voto contrario di una o di entrambe le
Camere su una proposta del Governo non comporta obbligo di dimissioni
(art.94.4).
L’altro aspetto della disciplina costituzionale del rapporto di fiducia è la
previsione secondo cui il Governo, entro dieci giorni dalla sua
formazione, deve presentarsi alle camere per attenuare la fiducia, che
viene accordata o respinta sempre con una mozione motivata e votata
per appello nominale (art.94.3). Ciò significa che il Governo deve avere
una maggioranza che lo sostiene, senza la quale non riuscirebbe a
ottenere la fiducia iniziale voluta dalla Costituzione. Questa è una
maggioranza politica, diversa dalla maggioranza aritmetica prevista
dall’art. 64.3 Cost., ai fini dell’approvazione delle deliberazioni
parlamentari.
Dalla disciplina descritta deriva la ratio costituzionale della questione di
fiducia, che può essere posta dal Governo su sua iniziativa: in questo
caso il Governo dichiara che, ove la sua proposta non dovesse essere
approvata dal Parlamento, trattandosi di una proposta necessaria per
l’attuazione dell’indirizzo concordato con la maggioranza, riterrà venuta
meno la fiducia di quest’ultima e come conseguenza rassegnerà le sue
dimissioni.
I caratteri della società e del sistema politico
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All’inizio della storia repubblicana, l’ideologia marxista e quella cattolica
hanno fornito la base su cui si è costituita l’identità della democrazia
italiana: il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana. In seguito alla
nascita di numerose ideologie politiche ed alla conseguente nascita di
numerosi partiti, si delineò un sistema politico a multipartitismo
esasperato, caratterizzato dall’elevato numero di partiti e, contraddistinto,
da una notevole distanza ideologica tra i partiti stessi. In un sistema con
ampie divaricazioni ideologiche, la forma di governo che ha funzionato è
stata quella delle maggioranze formate dopo le elezioni attraverso
laboriosi accordi tra i partiti. La formazione post-elettorale della
maggioranza ha consentito la progressiva attrazione nell’aria della
coalizione di governo di partiti collocati alle ali estreme del sistema. Il
sistema politico, quindi, condizionata il funzionamento della forma di
governo orientandola verso il parlamentarismo compromissorio.
Gli anni ’90 hanno misto una profonda modificazione del sistema politico:
il fatto più significativo è stato rappresentato dalla nascita di nuovi partiti
è dalla scomparsa di partiti “storici” della democrazia italiana. Il sistema
politico, però, è rimasto notevolmente frammentato, anche di più di
quanto avveniva nel periodo precedente. La frammentazione politica è
espressa in Parlamento dall’elevato numero di gruppi parlamentari.
La formazione della coalizione
La formazione di una maggioranza politica, per effetto della disciplina
posta dall’art.94 Cost., costituisce una necessità istituzionale. In un
sistema pluripartitico, come quello italiano, in cui nessuna forza politica ha
la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari, la maggioranza sarà
necessariamente formata attraverso l’accordo tra più partiti e prende il
nome di coalizione. Pertanto il Governo viene chiamato Governo di
coalizione, per differenziarlo dai Governi monocolore.
Le modalità seguite per la formazione della coalizione possono essere
diverse. In particolare, vanno distinte le coalizioni annunciate davanti al
corpo elettorale dalle coalizioni formate in sede parlamentare dopo le
elezioni.
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Nel primo caso il corpo elettorale può scegliere tra coalizione alternative
e quella che vince le elezioni diventa la maggioranza che esprime il
Governo. Di regola, il leader che guida la coalizione nella competizione
elettorale è il candidato alla carica di Primo ministro e sarà nominato in
caso di vittoria elettorale. I partiti si impegnano con il corpo elettorale a
realizzare il programma contenuto negli accordi di coalizione e la
maggioranza presenta perciò un grado elevato di stabilità. Pertanto, la
forma di governo si assesta secondo i moduli funzionali del
parlamentarismo maggioritario, con una netta differenza di ruoli tra
maggioranza e opposizione.
Viceversa, le coalizioni di secondo tipo nascono da accordi tra i partiti
conclusi dopo le elezioni. In questo caso ciascun partito lotta per la
conquista del maggior numero di seggi parlamentari. Solamente dopo le
elezioni iniziano le negoziazioni: sul tavolo del negoziato ciascun partito
potrà far valere la forza che deriva dal grado di consenso elettorale
ottenuto. Pertanto l’elettore non sceglie né la maggioranza né la persona
che ricoprirà la carica di Primo ministro.
In Italia, prima del 1994, le coalizioni sono sempre state formate dopo le
elezioni attraverso complessi negoziati tra le forze politiche. Solamente a
seguito della grave crisi del sistema politico degli anni ’90 si è passati
ad un sistema basato su coalizioni formalmente annunciate al corpo
elettorale.
Breve storia delle crisi di Governo
La crisi di Governo consiste nella presentazione delle dimissioni del
Governo causate dalla rottura del rapporto di fiducia tra il Governo da una
parte ed il Parlamento (o meglio la maggioranza) dall’altra.
Tradizionalmente si suole distinguere le crisi parlamentari dalle crisi
extraparlamentari. Le prime sono determinate dall’approvazione di una
mozione di sfiducia oppure da un voto contrario sulla questione di fiducia
posta dal Governo. In questo caso il Governo è giuridicamente obbligato a
presentare le sue dimissioni al Capo dello Stato. Le seconde, invece, si
aprono a seguito delle dimissioni volontarie del Governo, causate da una
crisi politica all’interno della sua maggioranza. A queste ultime sono
assimilabili le crisi determinate dalle dimissioni del solo Presidente del
Consiglio, che determinano la cessazione dalla carica dell’intero Governo
(visto che
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è lui che ha proposto al Capo dello Stato i ministri da nominare ai sensi
dell’art.95 Cost.).
Nell’esperienza repubblicana italiana ci sono stati dei casi di mozione di
sfiducia individuale, cioè presentata nei confronti di un singolo ministro:
la Corte costituzionale, in riferimento al c.d. caso Mancuso del 1995, ha
ritenuto che la sfiducia individuale si inquadra nella forma di governo
parlamentare prevista dalla Costituzione.
IL GOVERNO:
Definizione
Il governo è l’organo costituzionale al vertice del potere esecutivo con
finalità di direzione politica e di cura degli interessi concreti dello stato.
Per tali finalità ha attribuzioni sia di carattere politico che amministrativo
senza alcuna subordinazione nei confronti degli altri organi statali.
E’ un organo:
– costituzionale
– complesso: costituito al suo interno da più organi con competenze
autonome. Alcuni necessari altri no. Quelli necessari sono previsti
esplicitamente dall’art. 92 Cost. Quelli non necessari sono i