Se invece l'imprenditore:
Ha già adempiuto le obbligazioni a suo carico, residuerà un credito a
(Es., ha venduto merci con pagamento
suo favore nei confronti del terzo
differito).
Viceversa, residuerà un debito dell'imprenditore qualora il terzo
(Es.
contraente abbia integralmente eseguito le proprie prestazioni
l'imprenditore ha acquistato materie prime ma non le ha ancora pagate).
In tali casi, in sede di vendita dell'azienda troverà applicazione la disciplina
dettata dagli artt. 2559 e 2560 cod. civ. per i crediti e i debiti aziendali e non
quella prevista dall'art. 2558 (successione nei contratti). Entrambe le
disposizioni introducono deroghe ai princìpi di diritto comune in tema
di cessione dei crediti e di successione nei debiti:
Deroga introdotta per i crediti aziendali dall'art. 2559 è limitata: La
disciplina è circoscritta alle imprese soggette a registrazione con
effetti di pubblicità legale. Negli altri casi trova applicazione la disciplina
generale della cessione dei crediti. Nell’art. 2559:
La notifica al debitore ceduto o l'accettazione è sostituita da una sorta di
notifica collettiva: l'iscrizione del trasferimento dell'azienda nel
registro delle imprese. Da tale momento la cessione dei crediti
dell’azienda ceduta ha effetto nei confronti dei terzi, anche in
mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione.
Tuttavia, il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all'alienante.
Deroga per debiti aziendali è più “vistosa”:
È però mantenuto fermo il principio generale: non è ammesso il
mutamento del debitore senza il consenso del creditore. Ed infatti
l'alienante non è liberato da tali debiti se non risulta che i creditori vi hanno
consentito (art. 2560, 1° comma).
Per le sole aziende commerciali, ai debiti relativi all’azienda ceduta
risponde anche l’acquirente, a patto che i debiti risultino dai libri
contabili obbligatori; (tutela dei creditori aziendali e quella di certezza,
evitandosi contestazioni e controversie in merito alla conoscenza da parte
dell'acquirente di singoli debiti aziendali)
Regole parzialmente diverse valgono però per la vendita di azienda nella
liquidazione giudiziale (vedi molto avanti).
Per i debiti di lavoro, di questi l'acquirente dell'azienda risponde, in
solido con l'alienante, anche se non risultano dalle scritture
contabili; ed oggi anche se l'acquirente non ne ha avuto conoscenza
all'atto del trasferimento (art. 2112, 2° comma, nuovo testo). Inoltre, la
responsabilità grava anche sull'acquirente di un'azienda o di un ramo di
azienda non commerciale.
Si tenga infine presente che sia l'art. 2559, sia l'art. 2560 si limitano a
regolare le conseguenze del trasferimento dell'azienda per i creditori
ed i debitori aziendali. Nulla dispongono invece circa la sorte di tali crediti e
di tali debiti nel rapporto fra alienante ed acquirente. Prevale comunque negli
orientamenti più recenti la tesi che crediti e debiti non passino
automaticamente in testa all'acquirente, ma sia a tal fine necessaria una
espressa pattuizione.
2.4 USUFRUTTO E AFFITTO DELL'AZIENDA
L'azienda può essere oggetto di un diritto reale o personale di godimento. Può
essere costituita in usufrutto o può essere concessa in affitto.
Usufrutto (art. 2561): La costituzione in usufrutto di un complesso di
beni destinati allo svolgimento di attività d’impresa comporta il
riconoscimento all'usufruttuario di particolari poteri-doveri,
l'usufruttuario:
Deve esercitare l'azienda sotto la ditta che la contraddistingue
Deve condurre l'azienda senza modificarne la destinazione ed in modo da
conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le
normali dotazioni di scorte.
La violazione di tali obblighi o la cessazione arbitraria della gestione
dell'azienda determinano la cessazione dell'usufrutto per abuso
dell'usufruttuario. Ancora:
L’usufruttuario non solo può godere dei beni aziendali, ma ha anche il
potere di disporne nei limiti delle esigenze della gestione.
L'usufruttuario potrà acquistare ed immettere nell'azienda nuovi beni; beni
che diventano di proprietà del nudo proprietario e sui quali
l'usufruttuario avrà diritto di godimento e potere di disposizione.
È previsto che venga redatto un inventario all'inizio ed alla fine
dell'usufrutto e che la differenza fra le due consistenze venga
regolata in danaro.
L'affitto di azienda (art. 2562): La disciplina prevista per l'usufrutto si
applica anche all'affitto di azienda, questo è un contratto diverso dalla
locazione di un immobile destinato all'esercizio di attività di impresa:
nel primo caso, oggetto del contratto è un complesso di beni
organizzati, eventualmente comprensivo dell'immobile; nel secondo
caso, il contratto ha per oggetto il locale in quanto tale.
Usufrutto ed affitto di azienda sono poi parzialmente regolati dalle
norme in tema di vendita:
Si applicano ad entrambi il divieto di concorrenza previsto e la disciplina
della successione nei contratti aziendali. Il nudo proprietario ed il locatore
sono perciò tenuti a non iniziare una nuova impresa idonea a sviare la
clientela per la durata dell'usufrutto e dell'affitto.
Inoltre, l'usufruttuario o l'affittuario subentrano automaticamente
nei contratti aziendali per la durata dell'usufrutto o dell'affitto.
Si applica invece solo all'usufrutto la disciplina dei crediti aziendali.
Non si applica, infine, né all'usufrutto né all'affitto di azienda la disciplina
dettata per i debiti aziendali dall'art. 2560, quindi ricadono esclusivamente il
nudo proprietario o il locatore, salvo che per i debiti di lavoro
espressamente accollati dalla legge anche al titolare del diritto di
godimento.
1. I SEGNI DISTINTIVI
1.1 SISTEMA DEI SEGNI DISTINTIVI
L'attività di impresa è attività di relazioni sul mercato ed in un mercato
che, di regola, vede coesistere più imprenditori che producono e/o
distribuiscono beni o servizi identici o similari.
Ciascun imprenditore perciò utilizza di regola uno o più segni distintivi
che consentono di individuarlo sul mercato e distinguerlo dagli altri
imprenditori concorrenti.
La ditta, l'insegna ed il marchio sono i tre principali segni distintivi
dell'imprenditore. Crescente rilievo va acquistando, anche, il nome a
dominio (domain name) che individua un sito internet usato nell'attività
economica.
Ditta, insegna e marchio assolvono una funzione comune nell'economia di
mercato: favoriscono la formazione ed il mantenimento della clientela
in quanto consentono al pubblico ed in particolare ai consumatori di distinguere
fra i vari operatori economici e di operare scelte consapevoli. Sono dei
“collettori di clientela”.
Intorno ai segni distintivi finiscono perciò col ruotare diversi e
confliggenti interessi:
L'interesse di tutela: Interesse degli imprenditori di precludere ai
concorrenti l'uso di segni similari idonei a sviare la propria clientela.
L'interesse di massima libertà: Interesse degli imprenditori a poter
liberamente cedere ad altri i propri segni distintivi, in modo da
monetizzare il valore economico acquistato per il legame
abitudinario che creano fra impresa e clientela.
L'interesse di coloro che entrano in contatto con i segni distintivi (fornitori,
finanziatori e soprattutto consumatori): Non essere tratti in inganno
sull'identità dell'imprenditore o sulla provenienza dei prodotti immessi sul
mercato.
la regolamentazione giuridica dei segni distintivi dell'imprenditore si
basa sul più ampio e generale interesse a che la competizione concorrenziale
si svolga in modo ordinato e leale, anche attraverso il soddisfacimento dei
diversi interessi individuali sopracitati.
Dalle discipline di ditta (art.2563-2567 cc), marchio (art. 2569-2574 e
codice della proprietà industriale), insegna (art. 2568) e dominio aziendale
(art. 22, 118, 113 c.p.i.) è possibile desumere principi comuni applicabili
per analogia agli altri simboli di identificazione sul mercato (Segni
Es. slogan pubblicitario:
distintivi atipici)
L'imprenditore gode di ampia libertà nella formazione dei propri
segni distintivi.
È tenuto però a rispettare determinate regole, volte ad evitare inganno e
confusione sul mercato: verità, novità e capacità distintiva.
L'imprenditore ha diritto all'uso esclusivo dei propri segni distintivi. Si
tratta però di un diritto relativo e strumentale alla realizzazione della
funzione distintiva rispetto agli imprenditori concorrenti.
Il titolare di un segno distintivo non può perciò impedire che altri adotti il
medesimo segno distintivo quando, per la diversità delle attività di impresa
o per la diversità dei mercati serviti, non vi è pericolo di confusione e di
sviamento della clientela.
L'imprenditore può trasferire ad altri i propri segni distintivi. Ma anche in
questo caso è tenuto però a rispettare determinate regole, queste
fanno sì che la circolazione dei segni distintivi non possa trarre in
inganno il pubblico.
1.2 LA DITTA
La ditta è il nome commerciale dell'imprenditore; lo individua come
soggetto di diritto nell'esercizio dell'attività di impresa.
Ed è segno distintivo necessario, nel senso che in mancanza di diversa
scelta essa coincide col nome civile dell'imprenditore. Non è però necessario
che la ditta corrisponda al nome civile: essa può essere liberamente
prescelta dall'imprenditore.
Nella scelta della propria ditta l'imprenditore incontra però due limiti
rappresentati dal rispetto dei princìpi della verità e della novità:
1. Il principio di verità della ditta (art. 2563) ha un contenuto assai limitato
e soprattutto contenuto diverso a seconda che si tratti di ditta originaria o di
ditta derivata:
La ditta originaria è quella formata dall'imprenditore che la utilizza. È
Necessario e sufficiente che “deve contenere almeno il cognome o la
sigla dell'imprenditore”. Non è
molto, se si tiene presente la scarsa capacità individuante che può avere
(Es.
una ditta in cui figurano solo le iniziali o nome e cognome per esteso
Salumeria G. E. o Giovanna