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LA TRASFORMAZIONE
Si tratta del mutamento della forma giuridica data ad un determinato fenomeno societario. La norma
cardine è l’art. 2498 c.c., il quale sancisce che la trasformazione si caratterizza per la continuità dei rapporti
giuridici dell’ente che viene trasformato: vi è la conservazione di tutti i diritti e gli obblighi e la prosecuzione
di tutti i rapporti anche processuali dell'ente che ha effettuato la trasformazione.
Secondo il legislatore originario (del 1942) si trattava di una semplice modifica dell’atto costitutivo e quindi
una modifica dei patti sociali con l’introduzione delle regole di un altro tipo di società; questo è un fenomeno
permesso soltanto rimanendo all’interno dello stesso modello societario. Egli prevedeva la possibilità di
trasformare società in altre società, sempre restando del contesto delle società lucrative (non erano incluse
le attività senza scopo di lucro); questa viene definita oggi trasformazione omogenea. Per cambiare ad un
modello societario senza scopo di lucro si doveva invece utilizzare lo strumento classico dello scioglimento
della società, la conseguente liquidazione e la costituzione del nuovo ente; ciò causava una cesura della
continuità aziendale.
La Riforma del 2003, per favorire la continuità dell’impresa, ha ampliato la categoria delle trasformazioni
possibili. Il legislatore consente quindi di esercitare l’attività d’impresa secondo modelli diversi da quello
societario lucrativo, senza passare dallo scioglimento della società e dalla costituzione del nuovo ente.
Il dato normativo può quindi consistere anche nel passaggio da un tipo sociale ad un tipo negoziale, diverso
dai tipi societari: associazioni, fondazioni, comunioni d’azienda e consorzi. Inoltre, consente a consorzi,
fondazioni, ecc. di trasformarsi in società. Si tratta del fenomeno delle trasformazioni eterogenee.
Rimane solamente il divieto di trasformazione di una società cooperativa a mutualità prevalente in una
società lucrativa. Le cooperative non a mutualità prevalente possono invece trasformarsi, così come le
Società di capitali, i consorzi, ecc. possono trasformarsi in cooperative. È ammessa espressamente la
trasformazione dei consorzi, fondazioni, ecc. in Società di capitali (art. 2500 octies c.c.).
Le norme sulla trasformazione sono norme speciali e, in quanto tali, non sono suscettibili di interpretazione
analogica (art. 14 delle Preleggi): di conseguenza, non è possibile prevedere trasformazioni che non sono
state espressamente specificate. In realtà, il legislatore desidera fortemente che le trasformazioni impattino
il meno possibile sulla continuità delle imprese.
Non rientra nel fenomeno della trasformazione il passaggio da un’impresa individuale ad una società
unipersonale; questo perché tale operazione è considerata come la nuova costituzione di una società
attraverso il conferimento dell’azienda. Inoltre, l’art. 2499 c.c. stabilisce che la trasformazione può avere
luogo anche se la società è assoggettata ad una procedura concorsuale, purché non vi sia incompatibilità tra
la finalità di tale procedura e quella della trasformazione. La trasformazione di una Spa ad una Srl potrebbe
essere conveniente in quanto nelle Srl non è obbligatorio il Collegio sindacale, di conseguenza si tratterebbe
di un risparmio di costi. 94 Giada Pedroni
Trasformazione omogenea
Consiste nel passaggio da un tipo societario ad un altro, all’interno delle società lucrative. Tale passaggio
sottende una modifica dell’atto costitutivo talmente forte da portare al cambiamento del tipo di società.
Questa modifica deve essere accompagnata da una disciplina di particolare rilievo a causa dell’impatto sui
diritti dei creditori e dei terzi.
Con la trasformazione della società in altra società si ha un semplice mutamento della forma giuridica, senza
l’estinzione della società originaria e la creazione di una nuova. Ciò consente di conservare tutti i rapporti
giuridici ed economici preesistenti dell’attività d’impresa. Ciò consente all’autonomia privata di modellare
l’assetto organizzativo della società senza dover procedere allo scioglimento e alla liquidazione della vecchia
società. Consente quindi tutte quelle modifiche del contratto sociale che non sarebbero state possibili
rimanendo all’interno di quel tipo di società.
La trasformazione si risolve in un mutamento delle regole organizzative stabilite nel contratto.
- È necessario applicare tutte le regole sulla modifica del contratto: delibera da parte dei soci o
dall’Assemblea nelle Società di capitali;
- Si tratta di una decisione straordinaria, assoggettata al regime di unanimità nelle Società di persone (salvo
diversa pattuizione) o dell’Assemblea straordinaria nelle Società di capitali.
Deroghe che favoriscono il passaggio:
- In tema di trasformazione progressiva (da un tipo più semplice ad uno più complesso) è prevista una
deroga: l’art. 2500 ter c.c. al primo comma stabilisce che la trasformazione di Società di persone, anche
unipersonale, in Società di capitali è decisa con il voto favorevole della maggioranza dei soci, determinata
però sulla base delle rispettive quote di partecipazione agli utili;
- In tema di trasformazione regressiva (da un tipo più complesso ad uno più semplice), l’art. 2500 sexies
c.c. stabilisce che, salvo diversa disposizione dello Statuto, la deliberazione di trasformazione di Società di
capitali in Società di persone è adottata con le maggioranze previste per le modifiche dello Statuto. È
comunque richiesto il consenso dei soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata.
Anche per le trasformazioni di Società di capitali in Società di persone è previsto il diritto di recesso per i
soci che non hanno concorso a tale deliberazione.
La forma deve rispettare gli stessi requisiti stabiliti per la forma dell’atto costitutivo del tipo di destinazione
(es. atto pubblico per le Spa).
Alla delibera di trasformazione deve necessariamente essere allegata anche una relazione giurata di stima
del Patrimonio sociale, contenente l’elenco di tutti i beni sociali e la loro valorizzazione; tale valorizzazione
deve essere redatta secondo le norme stabilite per i conferimenti in natura. La relazione ha lo scopo di evitare
sopravvalutazioni del Capitale sociale, a tutela dei creditori sociali.
Il Capitale sociale della società trasformata dovrà corrispondere ad una cifra non inferiore al Patrimonio netto
risultante dalla stima ed al minimo legale. Nel caso in cui sia inferiore al minimo previsto dalla legge, i soci
dovranno conferire almeno per la differenza quanto consenta di raggiungere il minimo del capitale legale.
Nel caso di trasformazione di Società di capitali, gli amministratori devono disporre una relazione contenente
le motivazioni e gli effetti, depositandola in società 30 giorni prima dell’Assemblea avente oggetto la delibera
di trasformazione stessa. In tal modo i soci possono prenderne visione e ponderare la scelta, essendo
preventivamente informati.
Il socio dissenziente può anche in questo caso esercitare il diritto di recesso. Se il socio è d’accordo ha diritto
a mantenere immutata la quota di partecipazione nella società che risulta dalla trasformazione, perciò ha
diritto all’assegnazione di una quota proporzionale a quella detenuta precedentemente.
Per quanto riguarda il socio d’opera, in mancanza di un accordo nel contratto, la sua quota viene stabilita
equitativamente dal giudice. 95 Giada Pedroni
La delibera di trasformazione omogenea è assoggettata ad un controllo di legittimità formale da parte del
notaio, il quale redige il verbale, che deve essere iscritto nel Registro delle imprese. Dall’iscrizione iniziano a
decorrere gli effetti della trasformazione, quindi la società è già trasformata; non è possibile una pronuncia
di invalidità dell’atto di trasformazione, perciò la delibera non è impugnabile.
A fronte delle impossibilità di impugnare la delibera di trasformazione, i soci hanno oltre al diritto di recesso
anche il diritto al risarcimento del danno subito a seguito della trasformazione (art. 2500 bis c.c. comma
secondo)
Per le società cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, la decisione deve essere approvata da
almeno il 50% dei soci, essendo il voto per teste. Quando i soci sono meno di 50 è necessario il consenso di
almeno 2/3. Per cooperative di più grandi dimensioni (oltre i 10.000 soci) potrebbero essere previste
maggioranze inferiori, ossia il 20% dei soci per il quorum costitutivo e la maggioranza dei presenti in
Assemblea per il quorum deliberativo (art. 2545 decies c.c.).
L’art. 2454 undecies c.c. prevede che nel momento della trasformazione di società cooperative, una volta
dedotto il capitale versato dai soci rivalutato ed i dividendi non distribuiti, vi è l’obbligo di devolvere tutto il
resto ai Fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
Mutamento del regime di responsabilità dei soci
Ci sono diverse regole a seconda che i soci acquistino o perdano la responsabilità:
- Trasformazione regressiva: i soci che prima avevano responsabilità limitata assumono responsabilità
illimitata.
• È necessario il consenso di ogni socio al fine di poter deliberare la trasformazione;
• Tale trasformazione opera in maniera retroattiva: i creditori sociali anteriori alla trasformazione
possono aggredire il patrimonio dei soci illimitatamente responsabili (art 2500 sexies c.c. comma
quarto).
- Trasformazione progressiva: viene meno la responsabilità illimitata di tutti o alcuni dei soci.
• I soci non perdono la responsabilità illimitata per le obbligazioni assunte dalla società prima della
trasformazione (art. 2500 quinques c.c. primo comma).
• Tuttavia, il legislatore ha previsto una disciplina che può agevolare i soci illimitatamente responsabili
nello spogliarsi della responsabilità. La norma dice che la responsabilità illimitata dei soci viene meno
se con la delibera di trasformazione vi è stato il consenso di ciascuno dei creditori. Secondo il
legislatore, il consenso potrebbe non necessariamente manifestarsi in modo espresso: si presume la
liberazione da parte del creditore quando viene comunicata al creditore la delibera di trasformazione
con raccomandata o altri mezzi ed egli non ha espressamente negato l’adesione entro 60 giorni
(silenzio assenso). L’eventuale diniego non