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ORGANIZZATIVO

1 semplificazioni sull’oggetto di analisi. Alcune ipotesi escluse, ma con talune precisazioni.

Non ogni forma di inerzia da parte della P.A. rientra in quella che viene definita inerzia come patologia

procedimentale.

Di certo possiamo escludere nell’inerzia come patologia procedimentale il mancato rispetto dei tempi di

pagamento a favore dei privati-fornitori. Questo perché si tratta non di un’azione in senso stretto

dell’amministrazione, ma di una mera attuazione di un’obbligazione giuridica, dove la P.A. si pone in

posizione di contraente privato. La disciplina in tema non è derogabile dall’amministrazione, la quale non ha

il potere di stabilire unilateralmente le conseguenze del proprio inadempimento. Infatti, ne consegue una

apposita disciplina punitiva.

Di contro, possiamo invece includere come inerzia come patologia procedimentale, l’ipotesi di procedimenti

amministrativi soggetti a termini perentori. In linea teorica, questa fattispecie non dovrebbe rientrarvi perché

la natura perentoria del termine non dovrebbe determinare incertezze sulla conclusione del procedimento e

sull’eventuale decadenza dal potere attributivo che l’ordinamento ricollega a tale accadimento. Ma,

analogamente ai casi di silenzio significativo, residuano margini d’insicurezza. Se si considerassero perentori

i termini indicati verrebbe meno la possibilità per il privato di attivare i poteri sostitutivi (art.2 L. n.241/90)

che si giustificano solo ove si possa assumere che il termine di conclusione del procedimento NON sia

perentorio. Altrimenti, l’organo rimasto inerte non potrebbe concorrere con il secondo nella conclusione del

procedimento perché sarebbe intervenuta la decadenza del potere di decidere. In alcuni casi, la stessa

perentorietà dei termini di taluni procedimenti può essere messa in discussione, producendo così un

ulteriore forma di inerzia in relazione alla quale il privato e la PA non sono in grado si verificare con certezza

se vi sono ancora spazi di risposta tardiva oppure se tale risposta sia preclusa dall’effetto decadenziale. Ciò

nasce da una serie di pronunce del giudice amministrativo, da cui si evince come possono affiorare casi

perentorietà ulteriori rispetto a quelli stabiliti dalla legge. La conseguenza è quindi una situazione di

incertezza in ordine al discrimine tra termini perentori e ordinatori. Toccherà quindi all’amministrazione

prima e al giudice poi delineare i contorni di un tale discrimine.

2. leale collaborazione nel rapporto procedimentale come regola a carattere bi-direzionale tra privato e

amministrazione a garanzia dell’azione.

Importante nello studio dell’inerzia amministrativa è capire ciò che si colloca a monte dell’epilogo

procedimentale, in quanto potrebbe condizionare l’azione con riferimento al suo assetto temporale.

Alla luce degli artt. art.2 e 2-bis della L. n.241/90, il vincolo di risposta in capo alla P.A. investe non tutta

l’attività della P.A., bensì solo quella in cui “sussiste l’obbligo di pronunziarsi” e che risulta ampliato dalla

previsione del c.d. rigetto in forma breve (art.2 c.1, L. n.241/90). Dall’analisi complessiva della fattispecie, si

vede come, in alcuni casi, la responsabilità dell’inerzia non è dipesa solo dall’amministrazione, ma anche dal

privato richiedente, colpevole di non essersi rapportato correttamente con l’amministrazione.

Fin dalle fasi iniziali del procedimento, la CORRETTEZZA che viene richiesta è bi-direzionale. La P.A., al fine di

evitare che il privato sia costretto a inutili spechi di tempo e dispendio di denaro, ha il dovere di guidare il

privato a presentarsi preparato nella predisposizione della documentazione occorrente, tale cioè da rendere

ricevibile, ammissibile, procedibile la sua domanda. Si tratta infatti dei 3 passaggi che caratterizzano il nuovo

istituto del rigetto in forma breve.

La modalità di avvio del procedimento è fondamentale per la corretta individuazione della fattispecie inerzia

amministrativa. Ruolo centrale sembra doversi attribuire all’istituto del provvedimento di rigetto in forma

breve, in ragione della sua capacità di operare nel momento di avvio del procedimento, scongiurando il

rischio di inerzie imputabili ad un’errata presentazione della domanda.

Alla base di tale istituto sta il principio di leale collaborazione. Esso è ispiratore anche dell’istituto previsto

nell’art 18-bis l. 241, a norma del quale l’amministrazione è sempre tenuta a rilasciare una ricevuta che attesti

l’avvenuta presentazione dell’istanza da parte del privato e indicare i termini entro cui la stessa sarà tenuta

a rispondere, nonché quelli entro i quali può operare il silenzio-assenso.

3. iniziativa procedimentale ed inerzia amministrativa: c.d. provvedimento di rigetto in forma breve come

espressione del principio di leale collaborazione.

un istituto che sembra raccogliere l’esigenza di leale collaborazione procedimentale è il provvedimento di

rigetto in forma breve, introdotto nel 2013, nell’art 2 l. 241.

Un primo effetto che ha comportato è stato quello di aver superato la tradizionale asimmetria tra avvio del

procedimento e conclusione dello stesso. Attraverso l'istituto del rigetto in forma breve, un obbligo di

risposta a carico dell'amministrazione precedente sussiste anche in quei frangenti in cui le diverse forme di

iniziative procedimentali risultano affette da irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità. Pertanto, quando

l'amministrazione fornisce una risposta al privato in uno di tali casi, essa sarà tenuta ad avviare il

procedimento, ma non a concluderlo nei termini classici. La fase finale del procedimento corrisponde

normalmente con la verifica in concreto dell'interesse collegato all'istanza presentata dal privato, che

coincide con il contenuto dell'istanza di accoglimento o di rigetto. Invece, quando trova applicazione il rigetto

in forma breve l'amministrazione non arriva ad effettuare una verifica di merito e il procedimento si

interrompe in una fase precedente, ossia quella successiva all'avvio. L'istituto del rigetto in forma breve ha

quindi come oggetto specifico la completezza della domanda presentata, cui si connette effetti positivi

relativamente alla riduzione dei tempi di risposta da parte dell'amministrazione.

Il principio di leale collaborazione comporta che l'esito del relativo procedimento non rappresenti elemento

prioritario e determinante, poiché ciò che è davvero rilevante è che le parti del rapporto siano messe in

condizioni di collaborare lealmente al fine di conseguire in condizioni ottimali il rilascio di un provvedimento.

Bisogna cominciare dalla presentazione della propria domanda. Quando si parla di istanza ci si riferisce

all’atto avente attitudine ad avviare il procedimento preordinato all'emanazione di un provvedimento

favorevole. Tuttavia, non sempre è agevole qualificare la relativa fattispecie, contribuendo a creare caos

interpretativo. Nondimeno, i dubbi sembrano superati grazie al rigetto in forma breve, in base al quale

l’amministrazione sarà tenuta ad avviare un procedimento e poi concluderlo, andando così a equiparare le

fattispecie di istanza e altre forme di possibile presentazione della domanda da parte del privato. A conferma

di ciò, la disposizione del rigetto in forma breve non prevede l’espressione istanza, bensì quella di domanda.

La sola differenza sussistente è quella secondo cui un procedimento avviato con domanda che non arriva ad

assumere la forma dell’istanza dovrà essere concluso in forma breve, ossia con provvedimento espresso

redatto in forma semplificata la cui motivazione consiste in un sintetico riferimento al punto di fatto o diritto

risolutivo. Mentre, nel caso del provvedimento avviato con istanza, lo stesso si concluderà in maniera classica.

Il legislatore ha quindi voluto imporre all’amministrazione l’obbligo di provvedere indipendentemente dal

grado di fondatezza, ammissibilità o ricevibilità della domanda. In fondo, il rigetto in forma breve costituisce

l’esito di un bilanciamento tra interessi contrapposti. Certo, non si può sottacere le ricadute in termini di

appesantimento dell’azione amministrativa che il rigetto in forma breve potrebbe provocare. Tuttavia, a

questa problematica si può replicare che il rigetto in forma breve va ottemperato guardando alla voluntas

legis che aspira a ridurre le ipotesi di inerzia che si producono fin dall’avvio del procedimento.

In una logica costi-benefici, l’istituto si conferma come alleato del rispetto delle tempistiche procedimentali.

Si comprende come il rigetto in forma breve, allo stesso modo del principio di leale collaborazione, non è

finalizzato a raggiungere il risultato corrispondente agli interessi voluti dal richiedente, ma a consentire alle

parti di giungere a conclusione nei tempi predeterminati. A questa stregua sono criticabili le affermazioni

della giurisprudenza che tende a depotenziare la portata applicativa, avvalorando così il processo di

attenuazione delle conseguenze derivanti dall’inerzia amministrativa. Ed infatti molteplici sono le deroghe

introdotte in via perentoria. Una serie di queste deroghe è riassunte in una sentenza del TAR Campania

secondo cui non sussisterebbe obbligo di risposta in presenza di istanze illegali, emulative, manifestatamente

infondate o inammissibili. Proseguendo, in alcune pronunce l’obbligo di rigetto in forma breve verrebbe

meno allorché si solleciti l’esercizio dell’autotutela, nei casi di silenzio amministrativo e quando si è dinanzi

ad ipotesi provvedimentali da adottare entro termini perentori. E così a seguire altre limitazioni

giurisprudenziali altrettanto criticabili in quanto non sembrano cogliere il reale motivo dell’istituto di rigetto

in forma breve, consistente nel fornire certezze immediate al privato.

Il rigetto in forma breve possiede importanti ricadute anche in termini di prevenzione degli abusi

amministrativi. L’istituto è stato infatti introdotto per finalità di maggiore trasparenza e di prevenzione della

corruzione.

È utile anche a scongiurare il rischio di contenziosi in materia di inerzia, poiché, manifestando

tempestivamente le ragioni che sono alla base del mancato accoglimento della domanda, ne anticipa il

verificarsi e l’aggravarsi.

4. funzione organizzatrice dell’amministrazione preordinata ad un’azione tempestiva fin dal suo avvio

La leale collaborazione tra privato e amministrazione si persegue anche per il tramite di un'adeguata

organizzazione amministrativa. L'adeguatezza indicata corrisponde all'uso di metodologie appropriate,

riconducibili alla nozione di au

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A.A. 2023-2024
66 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Beatrix_200 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Macerata o del prof Villamena Stefano.