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Estratto del documento

FONTI SECONDARIE

Dopo le fonti primarie abbiamo logicamente le fonti secondarie, che devono rispettare le fonti primarie e

quelle super primarie.

Secondarie per eccellenza sono i REGOLAMENTI e gli STATUTI

I regolamenti possono essere governativi, ministeriali, interministeriali, delle regioni, dei comuni,

dell’università degli studi di Milano e via dicendo; quindi regolamenti del grande panorama degli enti

pubblici.

Li emanano le PA. Sono fonti che provengono dalle PA, non dal potere legislativo tradizionale primario, è la

prima volta nella nostra piramide che ci interfacciamo con fonti emanate dalla PA.

Sono espressione dell’autonomia normativa, di cui godono tutte le PA a cominciare dal governo, che

possono emanare norme, atti generali e astratti aventi carattere di fonti secondarie.

Queste fonti secondarie devono trovare il loro fondamento e il loro limite nelle fonti primarie; non solo

devono trovare il loro limite e il loro fondamento ma devono rispettare le fonti primarie, non possono porsi

in contrasto con queste. Qualora lo facciano, sono illegittime, decampano dal paradigma normativo. Quindi

è il legislatore che attribuisce un potere normativo alle PA ed è sempre lui che fissa dei vincoli al potere

normativo delle PA e questo vincolo è stringente, nel senso che deve essere rispettato.

Come la legge che non rispetta la costituzione è illegittima costituzionalmente parimente, il regolamento

dell’Università degli studi di Milano che non rispetta la legge Gelmini è illegittimo.

Come facciamo a capire quando un atto è normativo? Usiamo un criterio di tipo formale; non possiamo far

leva né sul criterio della generalità né su quello dell’astrattezza, perché ci sono degli atti non normativi che

sono generali e astratti; ad esempio le linee guide dell’ANAC non sono atti normativi ma sono atti generali e

astratti: si rivolgono a tutte le PA che intendono stipulare un appalto.

Quindi qual è il criterio in mancanza di quello sostanziale? Quello formale.

Abbiamo atti normativi, atti regolamentari, quando abbiamo l’espressa dizione” regolamento” all’interno

del testo normativo – abbiamo il legislatore che dice: tu università degli studi di Milano puoi adottare uno

statuto e allora sappiamo che lo statuto ha valenza normativa secondaria perché ce lo dice il legislatore e

abbiamo la dizione “statuto”.

Abbiamo una classificazione dei regolamenti in riferimento alla slide 30 su ariel, sulla classificazione dei

regolamenti (sono le nostre reminiscenze di diritto costituzionale).

I regolamenti possono essere: esecutivi, attuativi e integrativi, indipendenti, di organizzazione e di

delegificazione.

Ultimo punto, interessante, accanto a questa grande piramide che abbiamo tracciato: costituzione e diritto

dell’UE, fonti primarie, fonti secondarie; abbiamo l’universo delle fonti non normative, degli atti generali e

astratti che non sono espressione dell’autorità normative.

Questi atti amministrativi, che vengono detti atti di regolazione, sono espressione non di autonomia

normativa ma di un altro fenomeno: l’autarchia = ossia del normale potere dell’amministrazione.

Cosa sono questi atti amministrativi di regolazione? Sono atti d’ordine, attraverso i quali le singole

pubbliche amministrazioni non dettano la regola del caso concreto, non stabiliscono in maniera puntuale il

rapporto pubblicistico con un destinatario, ma stabiliscono la prefigurazione dell’azione amministrativa;

predeterminano una regola suscettibile di applicazione futura ad una molteplicità di destinatari, al ricorrere

di determinati presupposti, di determinate circostanze di fatto. Quindi sono atti, che hanno una valenza

generale perché si possono rivolgere a tanti soggetti…proseguiamo domani.

Lezione 15 marzo

Due parole in croce per esaurire il tema delle fonti del diritto amministrativo, per poi passare, ad un altro

grande tema e sicuramente più appassionante, al potere amministrativo, potere che vanta la pubblica

amministrazione. Però dobbiamo chiudere questa coda.

Le slides relative ai seminari sono già pubblicate sul sito Ariel sotto la cartella materiali.

Mi avete chiesto il numero delle pagine esatte dei vari manuali corrispondenti per la preparazione

dell’esame scritto facoltativo, che ribadisco sarà una sorta di applicazione di nozione di concetti, risoluzione

di casi pratici, di quello che noi ci diciamo a lezione con riferimento alla concretezza della necessità di

essere risolto del diritto amministrativo; quindi, ho segnato le pagine di tutti i manuali.

Io seguo la sistematica della Cananea, ma anche gli altri due manuali sono comunque ottimi, quindi se li

avete utilizzate questi. Oggi c’è l’incontro sulla prevenzione della corruzione, questo consente di fare un

passo indietro e un riassunto sulle “puntate” precedenti.

Dopo il principio di legalità abbiamo parlato del principio di imparzialità e buon andamento, entrambi con

una diretta legittimazione costituzionale: art. 97 Cost., con valenza relative all’organizzazione e all’attività

amministrativa, e diretti al legislatore e alla pubblica amministrazione.

Principio di imparzialità evoca un divieto di favoritismi e di disuguaglianze, può essere inteso una

applicazione in ambito pubblicistico dell’art.3 della Costituzione; conosce variegate applicazioni, ne

abbiamo considerate alcune, tra cui alcune con rilevanza parimenti costituzionale: la regola del concorso

pubblico per accedere ai pubblici uffici, non concorso pur che sia, ma atteggiato in maniera tale anche dal

punto di vista dell’organizzazione l’attività per assicurare tale principio.

Abbiamo visto che la tematica più interessante riguarda il conflitto di interessi e la prevenzione della

corruzione, questo è l’inciso fatto.

La prevenzione della corruzione è una applicazione del principio di imparzialità, vuole che l’amministrazione

venga a condursi in maniera trasparente, pubblica, chiara, lineare, terza ed equidistante dalle parti e allora

l’amministratore pone in essere alcuni meccanismi/istituti, dai piani per prevenire la corruzione ad un

responsabile per la corruzione, interfaccia per gli utenti, cittadini e privati e sono anche interfaccia

all’interno dell’amministrazione stessa: hanno una valenza interna ed esterna.

Abbiamo considerato le fonti secondarie, che devono rispettare la costituzione, le leggi costituzionali, il

diritto dell’UE, ma anche le fonti primarie. Divergono sia dal punto di vista oggettivo che da quello

soggettivo e contenutistico: sono emanazioni di autonomia (tutte le pubbliche amministrazioni hanno

potere regolamentare: es. ASL, Università, Comune di Milano, ministero della pubblica istruzione).

Tutte le pubbliche amministrazioni hanno un potere regolamentare, variano quanto a contenuto ed

oggetto, perché alcune si limitano ad eseguire e dare una applicazione più puntuale rispetto a quanto

stabilito dal legislatore, invece altre tendono ad espandersi, come i regolamenti indipendenti se posti a

confronto con i regolamenti di esecuzione.

Detto questo, invece stiamo trattando gli atti di regolazione, che non sono espressione di autonomia, ma di

autarchia: tutte le PA possono adottare atti amministrativi di regolazione. Da questo momento inizia la

parte nuova. A che cosa servono? servono a prefigurare l’azione amministrativa, servono

all’amministrazione e ai destinatari dell’azione amministrativa, a individuare una regola, che non è una

regola normativa, che si applicherà nel futuro. Una regola suscettibile di applicazione futura che si applica,

non ad un singolo destinatario, ma ad una platea indistinta, a più destinatari qualora ricorrano certe

evenienze fattuali. Gli atti amministrativi di regolazione sono per lo più atti generali non normativi e la

tipologia degli atti amministrativi di regolazione è una tipologia all’insegna della varietà, disomogeneità. Poi

cercheremo di dare un elenco, che non può essere completo, ma più orientativo. Hanno però una cifra

distintiva, ci si è sforzati per individuare quale fosse il comune denominatore a questi atti all’insegna della

varietà e disomogeneità: si caratterizzano per conformare ed indirizzare (sono verbi precisi, non atecnici, da

tenere a mente) il comportamento, o dei singoli persone fisiche/giuridiche (tutte le imprese che operano in

un determinato settore/ tutti gli utenti), o delle stesse pubbliche amministrazioni, qualora queste debbano

esercitare in futuro il loro potere (es. se devono emanare un provvedimento puntuale o una sanzione). Con

riferimento a questo ultimo punto, ossia che possono indirizzare anche le PA non solo i privati, gli atti

amministrativi di regolazione possono essere dettati dalla stessa PA che si autolimita o da altre PA.

Esempio della prima evenienza: Autorità antitrust detta linee guida (che sono atti amministrativi di

regolazione) per l’applicazione delle sanzioni antitrust; quindi, lei stessa si autolimita, dicendo in generale

“io applicherò questa sanzione qualora la condotta sia reiterata, venga a penalizzare eccessivamente i

consumatori, ecc.…” poi ho una griglia, questo atto amministrativo generale che mi servirà come indirizzo

qualora debba risolvere il caso concreto e decidere se devo irrogare una sanzione o meno e quale entità

fissare per la sanzione.

Esempio della seconda evenienza, un’altra PA stabilisce linee guida, stabilisce gli atti amministrativi di

regolazione, il modo di indirizzare la condotta di una PA, e si ha con le linee guida ANAC che vengono

emanate dall’autorità nazionale anticorruzione che indirizzano le condotte di tutte quelle PA che vogliono

stipulare degli appalti pubblici, dei contratti.

Es. linee guida sul RUP “responsabile unico procedimento”, in cui l’ANAC dice “tu, Università degli studi di

Milano, ASL, Camera di commercio, ogni volta che dovrai stipulare un contratto, prima dovrai nominare un

RUP, e non uno qualsiasi, ma uno che sia dotato di specifiche caratteristiche, stabilisce dunque una griglia

che prevende il vincolo per una PA nei confronti di un’altra PA.

Esempio, infine, dell’ipotesi in cui questi atti amministrativi di regolazione conformino la condotta, non

della PA, ma dei privati, la si ha nell’universo del diritto commerciale in cui c’è una frequenza di atti di soft

law, diritto soffice e debole che di contrappone all’hard law (ossia diritto tradizionale, fonti studiate sino ad

ora), in cui si consiglia autorevolmente, ad un operatore economico, di condursi in una certa maniera. Sono

fonti all’insegna della flessibilità, sono utili perché forniscono una guida, dicono come ci si dovrebbe

comportare, prefigurano l’azione ammini

Dettagli
A.A. 2022-2023
119 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dilettalardieri di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Ramajoli Margherita.