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BISOGNA MISURARE LA CONCENTRAZIONE DELL’ENZIMA.
Se a o b sono colorati, bisognerà una volta fatta la cinetica, verificare la diminuzione
dell’assorbanza.
Se invece c o d sono colorati dovremo avere un aumento dell’assorbanza perché solo un
substrato o prodotto assorbono a una determinata lunghezza d’onda.
Tutte e due le molecole: nadh e nad+.
A e b non assorbono: devi vedere se assorbe il nadh o nad+.
17-10-2024
Adenina+ribosio: adenosina, poi difosfato.
L’adenosina passando dalla forma ridotta alla forma ossidata del nad è sempre uguale e
assorbono entrambe a 260 nanometri.
Nad in blu assorbe a 260 e 340.
A 340 nanometri si misura.
Quanto maggiore è l’assorbanza a 340, maggiore è la concentrazione della lattato deidrogenasi.
Una seconda reazione, di appoggio:
Se vuoi risalire alla concentrazione di quell’enzima ma né a,b,c,d assorbono.
Usi uno dei due prodotti della prima reazione come substrati per la seconda reazione. Usi
sempre nadh che legge a una certa lunghezza d’onda. In base alla riduzione dell’assorbanza a
340 nanometri si può risalire alla concentrazione di questo enzima.
Si mette in abbondanza A e B, l’enzima è nel campione da dosare, C si forma nella prima
reazione, si mette il nadh in grande abbondanza come la deidrogenasi. Così che il fattore
limitante è l’enzima della prima reazione.
Si vuole risalire alla concentrazione del primo ALT.
Si usa il prodotto di una prima reazione, si usa il piruvato, più nad ridotto.
L’enzima lattato deidrogenasi è usato e in base alla diminuzione dell’assorbanza a 340
nanometri si conosce.
Sono in concentrazione molto elevata così che il fattore limitante sia l’alt.
Se c’è l’alt c’è anche l’ast.
Nelle altre due reazioni giù.
MDH: malato deidrogenasi: sempre lo stesso discorso.
pH: concentrazione di idrogenioni nella soluzione in cui si fa il dosaggio.
ELETTROFORESI:
se hai due campioni: uno affetto e uno normale. In una provetta del campione del tessuto affetto
c’è una miscela di proteine. Devi vedere se c’è una modificazione nella composizione proteica: si
fa un’elettroforesi bidirezionale.
Significa che è una mappa elettroforetica in cui le proteine sono separate in una direzione da
sinistra verso destra in base al punto isoelettrico, che corrisponde al pH della soluzione in cui
quella proteina ha carica totale 0, non è che non ha carica ma ha un ugual numero di cariche
positive e negative, quindi sta ferma. In base alla massa e alle dimensioni dall’alto verso il basso.
Si scopre che nel tessuto patologico si ha una proteina, che è espressa solo lì. Si preleva questa
proteina, si fa una soluzione di proteina concentrata e si fa la cristallizzazione della proteina
perché così si viene a conoscere la struttura tridimensionale della proteina.
I raggi x permettono di risalire agli angoli di legame fra gli amminoacidi costituenti la proteina.
Si crea una molecola complementare alla proteina, che si leghi al sito attivo, creando questo
inibitore si ha il blocco dell’azione di questa proteina. = scoperta di nuovi farmaci che essendo
complementari ad una parte di proteina presente nel tessuto malato, si blocca l’azione della
proteina.
Il tutto è partito da un’elettroforesi, cioè dalla separazione delle proteine.
Si separano così amminoacidi, peptidi, proteine, nucleotidi, acidi nucleici.
Ci sono vari tipi di elettroforesi.
Il gel di poliacrilammide:
è il gel dove corrono le proteine.
il temed genera un radicale che porta alla polimerizzazione del
gel e così si ha la polimerizzazione delle molecole operate con
l’aggiunta di ammonio per solfato e temed.
Ci sono anche due vetrini separati da uno spaziatore. Si versa nei
vetrini i componenti scritti a fianco. Quando si versa l contenuto
è tutto liquido: in mezz’ora gelifica. Appena versato si inserisce
anche un pettine, lo si tiene per 30-40 min. una volta passato il
tempo si leva il pettine e si sono formati pozzetti in cui si inietta
con la micropipetta varie soluzioni di campioni. Una volta
riempiti i pozzetti, a seconda del numero di campioni da
analizzare, si attiva il campo elettrico.
Si mettono anche le proteine standard che hanno una massa nota per confrontarlo con le
proteine ignote.
Maggiore è l’acrilammide, più piccoli saranno i pori.
La dimensione dei pori del gel decresce con l’aumentare della concentrazione di acrilammide.
SDS-PAGE.
Per avere una separazione solo in base alla massa delle proteine bisogna eliminare l’effetto della
carica.
Questo è possibile effettuando l’elettroforesi in presenza di un agente denaturante delle
proteine (SDS= sodium dodecyl sulphtae) e di un riducente dei legami disolfuro (beta
mercaptoetanolo, DTT).
Proteina denaturata: Si rompe la struttura tridimensionale, quindi i legami deboli, a idrogeno,
interazioni di WanderWalls e ionici. Due tipi di gel: impaccamento e
separazione. Il primo che si
mette è quello che sta sotto, di
separazione e ha alta
concentrazione di acrilammide e
bassa porosità. Qui avviene la
separazione in base alla massa
molecolare.
Il pettine è tenuto tutto il tempo
in cui il gel polimerizza, poi si
toglie il pettine e rimangono
questi pori che sono pozzetti.
Una volta che si ha la
membrana, tutta bianca non si
vedono le proteine. bisogna
colorarla.
Se al secondo anticorpo si lega un enzima, con la luminescenza, si può impressionare una lastra
fotografica. SI aggiunge il coniugato anticorpo secondario enzima, dopo aver
messo il primo. Il secondo ha legato a sé l’enzima. Si lascia incubare.
Ci manca l’aggiunta del substrato che reagendo con l’enzima forma
un prodotto visualizzabile.
31-10-2024
MALDI-TOF • Una variante della spettrometria di massa applicabile all’identificazione di
frammenti proteici, è la MALDI-TOF MS (MALDI = desorbimento/ionizzazione laser assistito
da matrice).
Gli ioni del campione ottenuti con il MALDI vengono dirottati in un tubo (tubo di volo) a cui
viene applicato il vuoto e accelerati con un campo elettrico ad alto voltaggio fino al detector, che
registrerà il “tempo di volo”, cioè il tempo che impiegheranno per attraversare il campo.
Frammenti più piccoli avranno tempi di percorrenza più brevi, mentre frammenti più grandi
impiegheranno più tempo per attraversare il tubo. Attraverso il tempo di percorrenza, sarà
possibile risalire al rapporto m/z del frammento.
MULTIPLEXED PROTEOMICS:
LA COMPONENTE GLUCIDICA SULLA SUPERFICIE ESTERNA DELLE CELLULE E’
FISIOLOGICO E UTILE.
Quando la cellula passa dallo stato fisiologico a quello patologico, succede che la componente
glucidica aumenta enormemente tanto che si forma uno scudo zuccherino che impedisce al
sistema immunitario e ai linfociti di riconoscere la cellula tumorale come estranea.
Tecnica che basandosi su tecniche fluorescenti permette di individuare le variazioni di livello di
glicosilazione delle proteine sia che siano in western blotting che nel gel bidimensionale.
BIOLOGIA MOLECOLARE CLINICA.
Gli enzimi di restrizione sono prodotti da molte specie batteriche. Studiate con infezione di
e.coli da parte di batteriofagi.
Gli enzimi di restrizione dato un segmento di dna riconoscono una parte del dna a doppia elica,
la sequenza palindromica, e una volta che è riconosciuta la sequenza, intervengono gli enzimi
tagliando entrambi i segmenti.
Può succedere che quel segmento sia presente anche nel batterio. Può succedere che venga
tagliato proprio il proprio dna e si abbia un’azione di auto distruzione. Una volta che il batterio
sintetizza il dna, interviene la metilasi che va a legare gruppi metilici a determinate base azotate
nella sequenza riconosciuta dall’enzima di restrizione.
Così l’endonucleasi di restrizione omologa non riconosce la sequenza e non la taglia.
Si ha quindi questo sistema chiamato di restrizione-modificazione presente in ogni batterio
dove restrizione significa che l’enzima taglia la sequenza, modificazione perché c’è anche la
metilasi nel batterio.
Filamento di dna, se leggiamo la sequenza da sx verso dx la sequenza è uguale alla sequenza
presente nel filamento sotto letto da dx verso sx.
Enzimi di restrizione: tre tipi: 1 e 3. Si possono abbinare perché vista la sequenza palindromica,
l’enzima non taglia nella sequenza ma un po’ distante che può essere fino a 10 kilobasi per
quanto riguarda il tipo 1 e 20-30 basi per quanto riguarda il tipo 3.
Kilobase: 1000 coppie di basi.
Sia il tipo 1 che il tipo 3 hanno associato un enzima con attività metilasica.
Se usassimo il tipo 1 o 3 per studi di biologia molecolare, avremmo il rischio che l’enzima non
tagli e metili la sequenza, quindi la protegga.
Il tipo II che è utilizzato perché tagliano solo nella sequenza di riconoscimento, all’interno, e
non hanno associata l’attività metilasica.
Poco comodo per il tipo I avere il taglio così distante, 10 kbasi.
Nucleasi e metilasi nello stesso enzima: svantaggio.
Quando si muove nella sequenza, consuma anche ATP.
Il tipo II, ecoRI° taglia tra G e A. sito di metilazione all’interno e poi non hanno nucleasi e
metilasi insieme. In più quando si muove NON richiede atp ma solo ioni magnesio manganese.
Sito III: sito di taglio a 24-26 paia di basi, più vicino del tipo I.
Vantaggio che non consuma energia quando scorre lungo il dna.
Tra le due adenosina.
Appena il batterio è sintetizzato, le metilasi vanno a metilare le sequenze per evitare che siano
tagliate.
Metila un solo filamento e non entrambe come tipo I e II.
Taglia vicino al sito di riconoscimento.
Le sequenze generiche hanno la funzione di decidere quale elica è tagliata per prima.
Decidono inoltre la velocità del taglio.
Taglio può essere un taglio che crea estremità sporgenti, lasciando 2 o 4 nucleotidi non appaiate
protruding (coesive) in qualsiasi tipo di endonucleasi di restrizione. Le blunt sono smussate,
non coesive.
Sono note più di 100 endonucleasi di restrizione disponibili oggi commercialmente. I loro nomi
derivano da un’abbreviazione a tre lettere che indica l’organismo di appartenenza, es.: Eco per
E.coli, Hin per Haemophilus influenzae e Hae per H. aegyptius, seguito dall’indicazione del
ceppo e dal numero romano, se vi è più di un enzima di restrizione prodotto dallo stesso
organismo.
Tutte riferite al tipo II, che taglia all’interno della sequenza.
Eco: escherichia coli, batterio dove l’enzima è