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Condotta REATO A CONDOTTA VINCOLATA
Si ha una tipizzazione della condotta: “il pubblico ufficiale nello svolgimento delle funzioni del servizio, in violazione di
norme di legge o di regolamento ovvero ommettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo con-
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violazione di legge o di regolamento
giunto o negli altri casi prescritti”. Quindi la condotta deve consistere in una . In questo
modo il legislatore ha inteso dare rilevanza solo a due vizi, violazione di legge e incompetenza (perché la competenza
è definita attraverso norme di leggi e di regolamento), tagliando invece fuori l’eccesso di potere, che quindi diventa non più
penalmente rilevante ai fini della fattispecie penale.
Una parte della dottrina, tra cui anche professor Grosso, aveva però fatto notare però un’anomalia: la nuova formulazione
vuole ridurre il potere discrezione del giudice eliminando l’eccesso di potere, ma poi dà rilevanza alla violazione di qualsiasi
norma di legge o di regolamento, quindi anche a violazioni minime, meramente procedurali possono fondare la rilevanza pena-
le del fatto? invece, quando il pubblico ufficiale realizza uno smaccato eccesso di potere, quella condotta non è penalmente ri-
levante?
Allora una parte della dottrina, seguita da una parte della giurisprudenza, ha cercato di recuperare il vizio dell’eccesso di
potere, facendo il seguente ragionamento. Visto che l’art. 323 fa un generico riferimento a norme di legge e tra le norme
di legge vi rientra anche l’art. 97 Cost. che impone che la p.a. agisca sulla base dei principi del buon andamento e
imparzialità, se il pubblico ufficiale realizza un atto amministrativo viziato da eccesso di potere, in definitiva tiene
una condotta in violazione dell’art. 97 Cost. La giurisprudenza più recente, invece, ritiene che violazioni di leggi a carat-
tere generico come l’art. 97 non possano fondare la norma penale, in forza del principio di determinatezza, quindi è
necessario che la condotta del p.u. sia agganciata a qualche violazione di legge o di regolamento specifico.
omessa astensione
La seconda modalità di realizzazione della condotta è l’ in presenza di un interesse proprio o di un prossi-
mo congiunto o negli altri casi in cui sia prescritto dalla disposizione di legge o di regolamento, cioè tutte le volte in cui ci sia
una situazione di conflitto di interessi.
➢ →
Evento REATO AD EVENTO
Questo per quanto riguarda la condotta; essa però non basta ad integrare il reato perché da questa condotta deve derivare un
ingiusto vantaggio patrimoniale o un danno ingiusto. Si noti che, mentre nella formulazione del 1990, il vantaggio e il danno
erano oggetto del dolo specifico (cioè il soggetto agiva per procurare / danneggiare, ma non era necessario che il vantaggio
o il danno si realizzassero); attualmente, invece, è necessario che la condotta procuri un ingiusto vantaggio patrimo-
niale o un danno ingiusto, quindi viene tagliato fuori il vantaggio non patrimoniale. Ne consegue una restrizione dell’ambito
della norma, non solo perché è costruita come reato d’evento, ma perché il vantaggio non patrimoniale non viene considerato
rilevante.
Si noti, poi, che la norma parla di “ingiusto vantaggio patrimoniale” o di “danno ingiusto”, quindi l’evento è qualificato in
termini di ingiustizia. In particolare, si dice che l’art. 323 costituisce un reato connotato dal requisito della doppia ingiusti-
zia, doppia perché l’ingiustizia connota sia la condotta sia l’evento (profitto o danno). Una parte degli interpreti ha ritenuto che il
vantaggio o il danno sono sempre ingiusti perché derivano da una condotta che è in violazione di legge o di regolamento o
perché il soggetto non si è astenuto quando doveva, interpretando l’aggettivo ingiusto come un elemento che può anche essere
omesso, perché in ogni caso l’ingiustizia deriva dalla condotta abusiva tenuta dal pubblico ufficiale. L’interpretazione della giu-
risprudenza è invece ristretta anche sotto questo profilo: non basta che la condotta connotata in questi termini, ma è necessario
che il danno o il vantaggio prodotto siano ingiusti, cioè ci siano degli elementi di contrarietà rispetto all’ordinamento.
Questo elemento diventa importante soprattutto rispetto alla condotta di omessa astensione in presenza di un conflitto di inte-
ressi. La condotta omissiva diventa rilevante quando, non astenendosi in caso di conflitto di interessi, il pubblico ufficiale ot-
tenga un vantaggio patrimoniale ingiusto al quale non aveva diritto. Invece, la mera coincidenza tra l’interesse del pubblico
ufficiale e l’interesse pubblico, che non procuri alcun danno e non arrechi nessun vantaggio specifico al pubblico
ufficiale o a terzi, non è penalmente rilevante. In conclusione, il semplice fatto di non astenersi in presenza del conflitto di
interessi non è penalmente rilevante se non si procura un danno ingiusto o un vantaggio patrimoniale ingiusto, quindi
la giurisprudenza richiede l’elemento della doppia ingiustizia.
➢ →
Elemento soggettivo DOLO INTENZIONALE
Nel 1990 il reato era costruito come reato a dolo specifico, oggi invece il reato è costruito come reato a dolo intenzionale
(“intenzionalmente” procura a sé o ad altri il vantaggio o il danno). Questo significa che il pubblico ufficiale deve agire con il
proposito specifico di procurare il vantaggio o il danno.
Richiedere il dolo intenzionale come elemento soggettivo, taglia fuori il dolo diretto e il dolo eventuale. Pertanto, se il pub-
blico ufficiale si rappresenta che quella violazione di legge o di regolamento potrebbe recare un danno ingiusto alla p.a. e accet-
ta il rischio che ciò accada, quel fatto non è rilevante perché è necessario provare l’intenzionalità rispetto alla verificazione del
vantaggio o danno ingiusto.
Si è vista questa evoluzione per comprendere come, rispetto alle due fattispecie originarie, il reato di abuso d’ufficio si sia pro-
gressivamente ristretto sul piano dell’elemento soggettivo e sul piano dell’elemento oggettivo. La conseguenza che ne
deriva che oggi questo reato viene contestato raramente…
a) sia perché è molto difficile accertarne gli elementi costitutivi; 67
b) sia perché è facile che cada in prescrizione;
c) sia perché è un reato per il quale non possono essere attivati una serie di mezzi di acquisizione delle prove di indagine (ad
esempio, le intercettazioni telefoniche non sono consentite).
In passato, le indagini in tema di corruzione, a volte, partivano da un’indagine per il reato abuso di ufficio: per esempio, i magi-
strati avevano degli elementi per ritenere che fosse stato dato un appalto in violazione di legge, che la p.a. aveva ricevuto un
danno, quindi già si avevano gli estremi per contestare quantomeno l’abuso d’ufficio. Eventualmente poi si rinvenivano anche
le prove della corruzione: è chiaro che, se dietro a quell’abuso d’ufficio c’era in realtà una corruzione, non trovava applicazione
il reato di abuso d’ufficio, visto che la norma stessa in apertura prevede “salvo che il fatto non costituisca un più grave reato”.
In conclusione, ne è conseguito anche un depotenziamento dell’autorità giudiziaria nelle indagini in tema di corruzio-
ne.
Il trattamento sanzionatorio consiste nella reclusione da 1 a 4 anni, quindi si è registrato un inasprimento delle pene.
AGGIORNAMENTO: la fattispecie è stata riformata alla fine del 2020, con una modifica che ne circoscrive ulteriormente la
portata. Oggi la previsione così recita: Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio
, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla
che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio
legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità , ovvero omettendo di astenersi in
presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio
patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Contrasto alla corruzione
Nel nostro ordinamento, la corruzione è diventata un problema significativo che incide non solo sul buon andamento ed imparzialità
della p.a., ma anche sull’economia, soprattutto quando si ha a che fare con corruzioni che vedono il coinvolgimento di imprenditori
che pagano tangenti per acquisire appalti, concessioni, autorizzazioni ecc. In Italia, si è assistito al mutamento della fenome-
nologia della corruzione, il quale ha imposto al legislatore di modificare le strategie di contrasto alla corruzione.
Il codice Rocco aveva strutturato i delitti di corruzione secondo un modello “semplificato”, ma però si adeguava a come la
corruzione si manifestava nel 1930:
− delitti di corruzione
da un lato, c’erano i (ce n’era più di uno). Essi erano caratterizzati da un rapporto paritario tra le
parti. È un reato accordo, perché si consuma con il semplice accordo tra le parti (da un lato, il pubblico ufficiale / incari-
cato di pubblico servizio) per il compimento di un atto conforme o contrario ai doveri d’ufficio. Ne consegue che si tratta
già di corruzione consumata se il pubblico ufficiale si accorda per concedere l’appalto ad una ditta e quella promette di pa-
gare una certa cifra. Quindi, l’oggetto dell’accordo illecito consiste in uno specifico atto di ufficio verso altra utilità.
Chi paga o promette è soggetto attivo.
− delitto di concussione
dall’altro lato, c’era il . In questo caso c’è una prevaricazione del pubblico ufficiale attraverso
una condotta di costrizione o induzione: il p.u. abusa delle sue qualità o dei suoi poteri costringendo o inducendo a da-
re o a promettere. Quindi, NON c’è una condotta paritaria: è per esempio il caso del pubblico ufficiale che mi dice che se
non pago la tangente non avrò quel permesso. Chi paga o promette è persona offesa.
Dal punto di vista della fenomenologia, in entrambi i casi il giudice si trovava di fronte al trasferimento di una somma
di denaro, perché la tangente veniva pagata tanto nel caso della corruzione tanto nel caso di concussione. PERÒ, nella corru-
zione c’è una parità tra le parti; nel delitto di concussione invece nella concussione c’è una condotta di prevaricazione: l’effetto
che ne deriva è che nel delitto di concussione, chi paga o promette è vittima del reato, è persona offesa; mentre nei