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LA DIVINA COMMEDIA

La Commedia di Dante è probabilmente il testo più noto della letteratura

italiana.

Commedia

La è un poema che i critici hanno definito allegorico-didascalico,

scritto tra il 1304 e il 1321, anno in cui Dante completò l’ultimo canto del

Paradiso prima di morire a Ravenna. Commedia

Un poema è un’opera scritta in versi. La ne contiene quasi 14.000,

organizzati secondo uno schema metrico ben preciso: la terzina dantesca,

inventata dallo stesso Dante. Questo schema prevede la rima ABA, in cui il

secondo verso forma una catena con la strofa successiva (la rima B si ripete al

quarto verso), creando una sequenza infinita: ABA BCB CDC… Questo permette

a Dante di narrare una storia che supera i confini limitati dello spazio metrico.

Divina Commedia

La è scritta in volgare fiorentino. Ma perché proprio il

fiorentino? Non ci è pervenuto alcun testo autografo di Dante. I filologi e gli

studiosi hanno lavorato su codici provenienti da diverse aree d’Italia per

individuare quello che più rispecchiasse la lingua scelta dall’autore. Si è optato

per il volgare fiorentino, perché si suppone che Dante l’abbia deliberatamente

adottato per la sua opera. Tuttavia, non è ancora stato trovato il manoscritto

originale. Commedia

Gli altri due caratteri che definiscono la sono:

• Allegorico: indica il dire e lo scrivere altro rispetto a ciò che si rappresenta.

selva oscura

Ad esempio, la rappresenta un bosco caotico, ma

simbolicamente si riferisce al peccato. Per Dante, dire “selva” equivaleva a

collina luminosa

dire “peccato”. Allo stesso modo, la rappresenta Dio. Dante

utilizza un ragionamento per immagini, rendendo i concetti astratti accessibili

al lettore.

• Didascalico: il poema ha lo scopo di insegnare qualcosa. Dante vuole

Scriba Dei

offrire un insegnamento morale e spirituale. Si sente uno (scrittore

investito direttamente da Dio) e narra il suo viaggio ultraterreno attraverso

Inferno, Purgatorio e Paradiso per mostrare ai lettori la corruzione del mondo

visio Dei

e la via della salvezza: la (la visione di Dio), ovvero la beatitudine

eterna. Per Dante, la felicità ultraterrena è molto più importante di quella

terrena.

Dante immagina che il suo viaggio si svolga nel 1300, anno del Giubileo.

Questo fu un anno cruciale sia per Dante sia per Firenze. Per Dante, perché in

quell’anno venne nominato priore di Firenze, raggiungendo una posizione di

grande prestigio politico. Per Firenze, invece, fu un anno segnato dalle guerre

tra guelfi bianchi e guelfi neri, che portarono all’esilio dei bianchi, incluso

Dante. Inoltre, il potere spirituale appariva profondamente corrotto.

Nel 1300 Papa Bonifacio VIII indisse un Giubileo, che garantiva l’indulgenza

plenaria (la remissione completa dei peccati) ai pellegrini che si recavano a

Roma e si convertivano sinceramente alla fede cristiana. Tuttavia, il Giubileo

aveva anche finalità economiche. dell’Inferno.

Dante inserisce il proemio nel primo canto Questo canto, tuttavia,

Cantico dell’Inferno,

non funge da introduzione solo al ma a tutta l’opera. La

Commedia (Inferno, Purgatorio Paradiso),

è divisa in tre cantiche e ciascuna

dell’Inferno,

composta da 33 canti, ad eccezione che ne ha 34 perché il primo

canto è il proemio generale. La numerologia è centrale in Dante: il numero 3,

che si ripete costantemente, rimanda alla Trinità, mentre il numero 100,

simbolo di perfezione, rappresenta Dio. Il vero viaggio di Dante, però, inizia nel

terzo canto, mentre il primo rappresenta l’introduzione all’intera opera.

INFERNO

Come nasce l’Inferno Dantesco:د

Lucifero, l’angelo più vicino a Dio, al momento della ribellione viene

scaraventato sulla Terra che, quasi schifata dal contatto con l’angelo, si ritrae,

creando la voragine infernale e, a loro volta, i diversi gironi infernali, facendo

trovare Lucifero al centro della Terra. La parte che si ritira emerge nell’emisfero

opposto – quello australe – formando la Montagna del Purgatorio, divisa in

diverse cornici.

I primi cerchi infernali puniscono i peccati più leggeri, quelli che Dante chiama

peccati d’incontinenza: non è la predisposizione al male a essere punita, ma

l’eccesso verso qualcosa di connaturato all’uomo.

I peccati d’incontinenza sono:

I. Lussuriosi: l’amore, di per sé, non è un peccato, ma lo è l’eccesso che porta

a diverse sfumature peccaminose che sfociano nella lussuria. Prendiamo come

esempio l’anima di Francesca che, provando un amore adulterino (fuori dal

matrimonio) nei confronti di Paolo, viene punita.

II. Avari e prodighi: oltre all’avarizia e alla prodigalità eccessiva,

comprendono anche i peccati di gola. Per i prodighi, l’utilizzo delle proprie

sostanze – che in sé non è un peccato – in maniera eccessiva li porta a stare tra

i dannati.

III. Città di Dite: è lo spartiacque nell’Inferno, dove vengono puniti gli eretici.

Ci sono sepolcri aperti e infuocati, in cui sono sepolti coloro che non hanno

creduto nell’immortalità e nella spiritualità dell’anima.

Abbiamo poi i peccati di violenza, che si dividono in tre tipi (tutti contro Dio):

I. Contro sé stessi: chi si suicida punisce il proprio corpo, compiendo qualcosa

di sbagliato nei confronti di Dio che ci ha donato la vita.

II. Contro il prossimo: coloro che hanno esercitato violenza sotto forma di

furto, violando la persona altrui, o gli assassini.

III. Contro Dio: si dividono, a loro volta, in diverse categorie:

• Violenza nella parola: i bestemmiatori.

• Violenza contro la natura di Dio: gli omosessuali che – secondo la legge

di Dio – vanno contro natura.

• Violenza contro il tempo: gli usurai, coloro che hanno lucrato sul tempo

(un dono di Dio per lavorare), guadagnandoci senza fare nulla.

• I traditori: si distinguono in chi tradisce coloro di cui non si fida e chi

tradisce amici o parenti. Nella bocca di Lucifero si trovano Giuda, Bruto e

Cassio: Giuda perché ha tradito Gesù – il tradimento per eccellenza – e Bruto

e Cassio, perché hanno ucciso Cesare, un peccato gravissimo per Dante

(l’Impero Romano è visto come qualcosa di naturale all’uomo, all’ordine della

società), pari quasi al tradimento di Giuda.

Per quanto riguarda Ulisse, siamo nelle Malebolge, il nono cerchio, su cui Dante

si sofferma di più. Qui ci sono diversi tipi di peccati: gli adulatori, i lusingatori, i

barattieri (coloro che hanno fatto commercio di cariche politiche, gruppo in cui

Dante si sente coinvolto per il suo esilio da Firenze, dopo essere stato

incriminato di una compravendita politica). Poi troviamo i ladri e gli assassini e,

nel caso di Ulisse, i consiglieri fraudolenti, ossia coloro che hanno consigliato

male o provocato azioni ingannevoli a discapito di qualcuno.

Ulisse compie un peccato particolare, che lo rende quasi un alter ego di Dante.

L’eroe è una figura che vuole scoprire il mondo, qualcuno che utilizza

l’intelletto per conoscere tutto ciò che è esplorabile. Questo rappresenta una

sorta di superbia conoscitiva, ossia l’idea di poter conoscere il mondo senza

l’illuminazione della mano divina. Dante, a differenza sua (spia intratestuale),

quando inizia il viaggio e incontra Virgilio, vuole arrivare al Purgatorio, scalando

il monte con le sue sole forze – della poesia e della letteratura. Tuttavia, Virgilio

«Ben altro viaggio ti aspetta»,

gli dice: poiché affrontare il viaggio senza Dio

diventa un “folle volo”, un sintagma che ritorna uguale in questo canto. Anche

Ulisse ha compiuto un folle volo, cercando di arrivare alla montagna del

Purgatorio senza chiedere aiuto a Dio.

Secondo la mitologia greca, Ulisse è colpevole dell’inganno del Cavallo di Troia,

introdotto all’interno delle mura della città, che ha portato alla vittoria dei

Greci. Durante la guerra c’era un rispetto reciproco tra gli eserciti opposti, e

fingere di aver lasciato un dono alla divinità sulla spiaggia per poi tradire

andava contro le leggi che regolano il consorzio umano.

Dante, non sapendo come Ulisse sia morto, inventa una storia: l’eroe

oltrepassa le Colonne d’Ercole, andando contro la volontà divina. Arriva con i

suoi compagni, dopo migliaia di peregrinazioni, a un tragico epilogo. Ulisse, per

convincere i compagni, fa un’orazione persuasiva, usando la famosa frase:

«Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza»,

facendo leva sulla curiosità e la natura esplorativa degli esseri umani. Tuttavia,

li inganna per oltrepassare le Colonne d’Ercole, andando incontro alla rovina.

Introduzione e Analisi del Canto I dell’Inferno

Divina Commedia

Il primo canto dell’Inferno segna l’inizio della e, come canto

introduttivo, fornisce il quadro iniziale del viaggio spirituale di Dante. L’Inferno

ha un canto in più rispetto al Purgatorio e al Paradiso, quindi in totale ne conta

34. Il primo canto non solo introduce l’ambientazione e i temi principali

dell’opera, ma anche le figure che guideranno e accompagneranno Dante

durante il suo viaggio.

Nel poema incontriamo diverse “figure” di Dante:

1. Dante personaggio, che vive l’esperienza del viaggio attraverso

l’Inferno e incontra Virgilio.

2. Dante narratore, che racconta le difficoltà e le emozioni vissute dal

personaggio.

3. Dante poeta, che riflette sul messaggio della Commedia e sulla sua

struttura.

Comprendere quale di queste figure stia parlando è fondamentale per seguire

correttamente il poema. Dante si rivolge ai lettori con un linguaggio che

permette di cogliere sia il viaggio spirituale che la riflessione sulla condizione

umana.

Lo stile di Dante è complesso, più di quello di autori come Boccaccio o Petrarca.

Usa latinismi, neologismi, metafore compresse e riferimenti astratti, come

quelli astronomici, che possono risultare difficili da comprendere senza

un’adeguata guida. L’opera, infatti, non è immediata e richiede una riflessione

per coglierne i significati profondi.

Le prime strofe: “Nel mezzo del cammin di nostra vita”

Nel Canto I, Dante narratore descrive la condizione del personaggio, che si

trova a metà della sua vita (circa 35 anni). Il celebre incipit “Nel mezzo del

cammin di nostra vita” ci introduce subito a un tema fondamentale: Dante si

trova smarrito nella selva oscura, che simboleggia il peccato e

l’allontaname

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