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RESPONSABILITA’ ENTE PER REATO COLPOSO

Quali soluzioni questo dualismo può offrire nel caso in cui sia stato commesso un reato colposo?

Nel 2001 il catalogo dei reati presupposto della resp dell’ente era ristretto e, su impulso

sovranazionale quindi con sguardo verso pregiudizi economici di stato o della UE commessi da un

ente, si comprendevano reati di corruzione o altri come truffa solo qualora fossero commessi

ai danni dello stato (protagonista: interesse economico statuale) con coinvolgimento di soggetti

come pubblici ufficiali o incaricati di pubblici servizi. Poi il catalogo si è ampliato. Nel 2007 vengono

inseriti nel catalogo della 231 anche reati colposi. Prima omicidio colposo e lesioni colpose

derivanti da violazione delle regole sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (infortunio che

determina morte o lesioni). ART 25 SEPTIES - omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime

commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Poco dopo,

nel 2011, si introducono anche i reati ambientali, molti dei quali sono colposi. O comunque

ascrivibili a titolo di colpa.

ART 25 UNDECIES - reati ambientali.

Il reato colposo (INVOLONTARIO) dipende:

- dalla violazione di una regola cautelare (volta ad attenuare/evitare un certo rischio):

- che può essere scritta (rigida) -o non scritta (flessibili) quindi regole di diligenza (regole che

prevengono un comportamento pericoloso: violazione di un divieto di agire), prudenza

(impongono di agire con certe modalità) o perizia (riguardano le conoscenze e le abilita

nello svolgimento di attività tecnica e professionale).

Regole non scritte che vengono individuate dal giudice facendo riferimento all’agente

modello: persona che ha le caratteristiche professionali dell’agente concreto (stesso livello di

esperienza / capacità / riveste lo stesso ruolo) che si trova ad agire nella stessa situazione

dell’agente concreto = ci si chiede come avrebbe agito con quelle competenze in quella

situazione.

Sulla base di questa ricostruzione si confronta il comportamento tenuto dell’agente concreto

con quello che avrebbe tenuto quello modello. E quindi si valuta se sono state violate

regole cautelari -e dal fatto che quella regola cautelare fosse volta alla tutela del rischio che si è

realizzato -e che la violazione della regola cautelare rendeva prevedibile il concretizzarsi di quel

rischio.

Nel momento in cui sono stati introdotti i reati colposi nella 231 si è posto un problema di

compatibilità con l’interesse e il vantaggio. Inizialmente il catalogo era ristretto e riguardava fatti

dolosi

- l’introduzione dei colposi crea frizione con il criterio di imputazione oggettivo, perché l’interesse

ed il vantaggio mal si adattano alla fattispecie di reato colposo. Soprattutto con il concetto di

interesse, perché ha una prospettiva ex ante. Questa costruzione rischia di essere sovvertita nel

momento in cui si introducono i reati colposi come presupposto della resp dell’ente.

Poiché nelle fattispecie colpose non vi è la finalità di portare un interesse all’ente nella

realizzazione di un fatto colposo. Le fattispecie colpose (es. omicidio colposo / lesione colposa)

non sono mai realizzate nell’interesse dell’ente: un lavoratore non perde la vita nell’interesse

dell’ente. Ma allo stesso modo la violazione della regola cautelare non procura un interesse

all’ente anzi lo pregiudica. Anche il vantaggio non è ritenuto concretizzato. Un omicidio / lesione

colposi non possono essere mai considerati un vantaggio per l’ente!

per non rispondere del fatto / altrimenti risponde del fatto. Ciò pone enormi problemi, poiché

se ricostruiamo la resp degli enti come resp penalistica, dovremmo rispettarne anche il pr

costi t u zionale della p resunzion e d i n on colpevolezza / di innocenza. Incompatibile con una

inversione dell’onere della prova. Normalmente è la pubblica accusa a provare la

responsabilità penale, non la difesa. Tutto questo se ricostruiamo la resp degli enti come

penalistica. La giurisprudenza la intende come resp che non è né penale né amministrativa.

Ciò renderebbe il tutto compatibile - anche questo tipo di inversione dell’onere della prova.

ART 7 Riguarda il reato commesso da soggetti SOTTOPOSTO a DIREZIONE o VIGILANZA di

à

SOGGETTI APICALI.

1. Nel caso previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera b (SOGG SOTTOPOSTI), l’ente è responsabile

se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione

o vigilanza;

2. In ogni caso, è esclusa l’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l’ente, prima della

commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione,

gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Se si tratta di un reato commesso da soggetto sottoposto e l’ente ha adottato un modello

organizzativo che era in grado di prevenire la commissione di quei reati - l’ente non è chiamato

rispondere di reato.

• Non si ha inversione dell’onere della prova. È l’accusa che deve provare che non siano stati

osservati obblighi di direzione e vigilanza e successivamente che l’ente abbia adottato ed

efficacemente attuato un modello organizzativo idoneo a prevenire il reato verificato.

• Questa strada sembra più agevole ma, al vaglio della giurisprudenza degli ultimi 20 anni, ogni

volta che si ha questa fattispecie, anche qualora l’ente abbia adottato un modello

organizzativo idoneo è quasi sempre stata constatata la responsabilità dell’ente. Perché

con giudizio a posteriori è facilmente attribuire inidoneità al modello organizzativo.

⚠DUE CRITERI DIVERSI DI ATTRIBUZIONE DELLA RESPONSABILITÀ A SECONDA DELLA

CATEGORIA A CUI APPARTIENE IL SOGGETTO CHE COMPIE IL REATO.

Se è un soggetto apicale: elenco cumulativo di elementi da provare + inversione onere di prova.

Se è un soggetto sottoposto: è la pubblica accusa che deve dimostrare che il modello adottato non

era idoneo a prevenire quel tipo di reato verificatosi.

La resp degli enti, a seguito di un fatto di reato commesso dalla persona fisica, rischia di essere

una CONSEGUENZA AUTOMATICA quando viene contestata e questo genera dibattiti e critiche

sulla reale efficacia di questa disciplina: l’idea era il coinvolgimento dell’ente in un meccanismo di

prevenzione, ma che deve funzionare nel giudizio a posteriori della giurisprudenza che deve porsi

in un’ottica ex ante per capire se il modello adottato fosse idoneo o meno a prevenire quella

categoria di reati. Il fatto che si è verificato il reato non è sufficiente per dire che il modello fosse

inidoneo.

➡È stata sospettata la compatibilità di questa disciplina con l’art 27 della cost (personalità della

resp penale): si diceva che se l’ente risponde in maniera automatica del fatto di reato

commesso dalla persona fisica senza un criterio di imputazione che funzioni anche verso l’ente - ci

sarebbe incompatibilità con l’art 27 cost.

LA CORTE DI CASS HA RESPINTO QUESTO DUBBIO affermando che vi è compatibilità tra tale

disciplina e il riferimento di cui all’art 27 cost. Il criterio di attribuzione della resp all’ente è quello

di IMMEDESIMAZIONE ORGANICA.

CRITICA: è l’idea dell’immedesimazione organica che non sembra essere compatibile con la resp

penale personale poiché qui si ha una resp che si sovrappone e che diventa indistinguibile. Il fatto

della persona fisica (che agisce in nome e per conto dell’ente) allora ne discende la resp anche

dell’ente. Cosi sembra che vi sia un contrasto. Il fatto della persona fisica non può esser ascritto

alla persona giuridica in mancanza di un criterio diverso: come quello della colpa di

organizzazione. Quanto affermato dalla giuri si può adattare bene quando si tratta di

soggetti apicali ma difficilmente ai soggetti sottoposti. In quell’ipotesi non si comprende

l’immedesimazione organica.

IL CRITERIO CHE SEMBRA PIU’ RISPONDENTE ALL’IDEA DI QUESTA DISCIPLINA CHE CHIAMA

ANCHE GLI ENTI IN QUESTO PROGETTO DI PREVENZIONE DEI FATTI DI REATO è il criterio DI

ATTRIBUZIONE che si fonda sulla COLPA D’ORGANIZZAZIONEà Qui vi è l’idea di una mancanza

organizzativa / mancata previsione di processi decisionali che avrebbero consentito di prevenire

la commissione di un fatto di reato. L’omissione di misure volte ad impedire quel tipo di reati.

L’omissione dell’adozione di un modello di organizzazione - pur non essendo un obbligo ma un

onere se l’ente vuole andare esente da resp sia se il fatto è commesso da soggetti apicali che

soggetti sottoposti.

MODELLO ORGANIZZATIVO

Il modello organizzativo è un ONERE, NON UN OBBLIGO e la sua adozione (anche a posteriori)

idonea a prevenire reati tra cui quello che si è commessoà porta dei vantaggi all’ente /

ne attenua la responsabilità.

• Infatti abbiamo visto che nel caso dei reati commessi da soggetti apicali il fatto di aver

adottato un modello idoneo a prevenire reati come quello realizzatosi + insieme alla

previsione di un organismo di vigilanza che vigila sul controllo / sull’efficace

attuazione / aggiornamento del modello + insieme all’elusione fraudolenta dei soggetti

apicali del modello organizzativo = onere della prova invertito a carico dell’ente = l’ente

non è chiamato a rispondere di alcun tipo di responsabilità - non gli si può ascrivere colpa

di organizzazione.

• Nel caso di un reato di un soggetto sottoposto (art 7) l’ente risponde se viene meno

il controllo/vigilanza sull’attuazione del modello doveroso in questi casi. L’ente risponderà

anche, onere della prova tradizionale, se la pubblica accusa accerta che il modello non

fosse idoneo. Se fosse idoneo l’ente non risponderebbe di un fatto commesso da un

soggetto sottoposto. L’adozione a posteriori del modello organizzativo consente

l’attenuazione della risposta sanzionatoria (sia pecuniaria sia quelle più afflittive

ovvero interdittive di una parte di attività o di tutta l’attività dell’ente).

ORGANISMO DI VIGILANZA: ART 6 / C.1 / LETT B

Deve essere dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo poiché se non è

autonomo/indipendente/terzo rispetto ai soggetti che deve controllare non potrebbe assolvere

alle sue funzioni.

• Compiti:

- Deve vigilare sul rispetto del modello organizzativo

- Per farlo deve essere dotato di strumenti sanzionatori all’interno all’ente

- Deve curare l’aggiornamento del mod

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
61 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flm131332123 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Procedura penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Dova Massimiliano.